TRIBUTI & TRIBUTItributi in genere

Riforma catasto cosa prevede?

Print Friendly, PDF & Email

Cosa prevede la riforma del catasto 2022

contenuto della pagina

 

L’articolo 6 della legge delega si occupa della revisione del catasto. La norma  è divisa in due commi, che racchiudono altrettante fasi. Ricordiamo che la legge delega rappresenta solo una norma di indirizzo per il legislatore che dovrà poi specificare nel dettaglio le norme operative. Saranno i decreti legislativi che faranno seguito alla delega a delineare tutte le azioni che verranno intraprese.

In un primo momento si cercherà di dare gli strumenti ai Comuni e all’Agenzia delle Entrate per far riaffiorare tutti quei terreni e immobili “fantasma”, non censiti dal catasto. Allo stesso modo verranno accatastati correttamente tutti i terreni edificabili ma accatastati come agricoli e tutti gli immobili abusivi.

La legge delega prevede inoltre la creazione di nuovi strumenti per facilitare lo scambio telematico di dati tra Comuni e Agenzia delle Entrate. Per 5 anni quindi, fino al 2026, verrà spianata la strada per poi procedere all’aggiornamento delle rendite.

Viene eliminata dalla riforma l’introduzione di nuovi criteri che sarebbero serviti ad attribuire i valori patrimoniali della rendita catastale. Si utilizzerà quindi la normativa attualmente in vigore per l’aggiornamento delle rendite.

Inoltre, un punto chiarisce che tutte le informazioni rilevate non saranno utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali.

Infine, con l’ultimo aggiornamento del 5 maggio viene chiarito che “Il nuovo articolo 6 prevede espressamente che i proventi e il maggior gettito recuperato con l’emersione delle cosiddette case fantasma dovrà essere destinato alla riduzione delle imposte sulla casa, a partire dall’Imu.”

Articolo 6 (Princìpi e criteri direttivi per la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e la revisione del catasto dei fabbricati)

 L’articolo 6 reca la delega al Governo per l’adozione di norme finalizzate a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, prevedendo nuovi strumenti da porre a disposizione dei comuni e all’Agenzia delle entrate, atti a facilitare l’individuazione e il corretto classamento degli immobili. La norma indica altresì i principi e i criteri direttivi che dovranno essere utilizzati per l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati (da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026). Tali informazioni non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né per la determinazione di agevolazioni e benefici sociali.

In particolare ai fini dell’integrazione dei dati, secondo le modifiche introdotte in sede referente, si dovrà prevedere che venga indicata per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente, anche un’ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata utilizzando i criteri già previsti in materia di tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane (mentre vengono espunti dal testo i precedenti riferimenti all’attribuzione del valore patrimoniale). Tale rendita, ove risultasse necessario, viene determinata anche tenendo conto dell’articolazione del territorio comunale, della rideterminazione delle destinazioni d’uso catastali, dell’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario.

Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico sono, inoltre, da introdurre adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario considerati i più gravosi oneri di manutenzione e conservazione. Il comma 3, introdotto in sede referente, specifica inoltre che una quota dell’eventuale maggiore gettito derivante dalle attività di nuova rilevazione catastale in commento sia destinato alla riduzione dell’imposizione tributaria sugli immobili e sia prevalentemente attribuito ai comuni ove si trovano gli immobili interessati.

Il comma 1 della disposizione reca i princìpi e criteri direttivi specifici volti a modificare la disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale al fine di modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati.

 

  Il Sistema catastale italiano

 Si ricorda che l’articolo 2 della legge 11 marzo 2014, n. 23, in materia di revisione del sistema fiscale, delegava il Governo ad attuare con decreti legislativi una revisione della disciplina relativa al sistema estimativo del catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, attribuendo a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita. La delega fiscale, il cui termine di esercizio è scaduto il 27 giugno 2015, è stata attuata solo parzialmente con riferimento alla ridefinizione delle competenze e del funzionamento delle commissioni censuarie, tramite il decreto legislativo n. 198 del 2014. Pertanto, attualmente, il sistema estimativo catastale è fondato su una disciplina sostanzialmente risalente al 1939 (legge 11 agosto 1939, n. 1249). Per la consultazione dei principi e dei criteri direttivi per la determinazione del valore catastale previsti dalla menzionata legge delega nonché di alcune proposte di riforma del catasto si rinvia al documento Per una riforma della fiscalità immobiliare equità, semplificazione e rilancio del settore approvato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria.

In tale contesto giova menzionare che anche in ambito EU era stata segnalata la necessità di una riforma catastale: il 9 luglio 2019 il Consiglio all’interno delle raccomandazioni e dei pareri sulle politiche economiche, occupazionali e di bilancio degli Stati membri per il 2019 (per l’Italia: COM (2019) 512 final) raccomandava all’Italia di riformare i valori catastali non aggiornati.

Per una panoramica sui contenuti del sistema informativo catastale e del patrimonio cartografico, le caratteristiche e le procedure di aggiornamento delle banche dati, le iniziative progettuali e l’offerta di servizi a cittadini, professionisti e istituzioni.si veda il documento: Il sistema catastale (edizione 2021) dell’Agenzia delle entrate. Nel testo citato è presente anche una dettagliata ricostruzione degli strumenti utilizzati ai fini della mappatura degli immobili. In sintesi si ricorda che il catasto italiano, inventario dei beni immobili presenti nel territorio nazionale, è stato realizzato attraverso la costituzione di due successivi distinti sub-sistemi: il primo – denominato Catasto Terreni – comprendente l’elenco di tutti i terreni di natura agricola ovvero comunque inedificati, il secondo – denominato Catasto Edilizio Urbano – costituito dalle costruzioni di natura civile, industriale e commerciale. La formazione del Catasto Terreni, disposta con la legge 1° marzo 1886, n. 3682, è stata completata nel 1956. Il regolamento per la conservazione del Catasto Terreni è stato approvato con regio decreto 8 dicembre 1938, n. 2153. Il Catasto Terreni è di tipo geometrico- particellare, poiché recante informazioni sia sulla natura geometrica (topografia – forma e consistenza) che sulle caratteristiche tecnico-economiche (caratteristiche tecnico-fisiche e redditi) dell’elemento minimo inventariato e rappresentato in mappa, costituito dalla particella catastale.

La formazione del Catasto Edilizio Urbano, successiva a quella del Catasto Terreni, fu disposta con la legge 11 agosto 1939, n. 1249. Il relativo regolamento di attuazione è stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142. Il Catasto Edilizio Urbano è entrato in conservazione, con regole unitarie in tutto il territorio dello Stato, dal 1° gennaio 1962. Il Catasto dei Fabbricati, istituito con l’emanazione del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557 è l’evoluzione del Catasto Edilizio Urbano; si occupa di tutte le costruzioni, sia urbane che rurali. Nell’archivio censuario del Catasto Edilizio Urbano sono registrati dati di natura tecnico-fisica, giuridica ed economica, associati a ogni unità immobiliare urbana.

In sintesi tali dati sono:

  • identificazione catastale;
  • indirizzo;
  • categoria (informazione codificata, connessa alla destinazione d’uso dell’unità immobiliare urbana, che fa riferimento a un quadro generale di qualificazione che comprende differenti categorie organizzate in 5 gruppi identificati con le lettere A

– funzioni residenziali e uffici, B – funzioni pubbliche, C – funzioni commerciali e pertinenze, D – funzioni industriali e commerciali speciali ed E – funzioni di interesse collettivo: Vengono censiti anche i beni comuni non censibili che sono strumentali all’utilizzo delle unità immobiliari urbane, inoltre sono censite, per finalità inventariali civilistiche, con categorie “fittizie” del gruppo F, senza attribuzione di rendita catastale);

  • classe di redditività (espressa solo per le unità immobiliari censite in una delle categorie dei gruppi A, B e C, è una indicazione codificata, che esprime differenti livelli di potenzialità reddituale);
  • consistenza (espressa in modo differente in relazione alla categoria di censimento dell’unità immobiliare urbana. Per le unità censite nelle categorie del gruppo A è espressa in numero di vani utili. Per le unità censite nelle categorie del gruppo B è espressa in metri cubi, mentre per quelle censite nelle categorie del gruppo C, è espressa in metri quadrati di superficie Per le unità censite nelle categorie dei gruppi D ed E, la consistenza non è espressa. In aggiunta ai dati di consistenza originariamente previsti dalla legge istitutiva del Catasto Edilizio Urbano, con riferimento a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, per le unità censite nelle categorie afferenti ai gruppi A, B e C, è stata determinata anche la consistenza in metri quadrati di superficie lorda sviluppata);
  • rendita catastale (definita come il reddito ordinario potenzialmente ritraibile dall’unità immobiliare urbana, calcolato al netto delle spese ordinarie di conservazione e perdite eventuali ed al lordo delle imposte).

In sintesi il sistema estimativo del catasto edilizio urbano prevede per le unità immobiliari censite nelle categorie dei gruppi A, B e C, l’individuazione di una o più classi di redditività (operazione definita di classificazione), dove tra una classe e la successiva la variazione di redditività risulta, di norma, non inferiore al 15 per cento, e successivamente la determinazione delle tariffe d’estimo da associare a ogni categoria e classe presente. La metodologia di determinazione della rendita catastale di ogni unità censita si completa attraverso l’attribuzione del “classamento”, che consiste nell’associare a ogni unità la categoria e la classe più pertinente tra quelle presenti nel prospetto di qualificazione e classificazione del comune in cui è ubicata, tenuto conto dei caratteri posizionali e tipologico-edilizi dell’immobile, nel determinarne la consistenza (in vani, metri quadri o metri cubi in relazione alla categoria di censimento) e, successivamente, nel moltiplicare la tariffa d’estimo accertata per la consistenza dell’unità immobiliare urbana.

Nel tempo si sono avuti alcuni tentativi di intervento normativo sulla disciplina che non sono stati tuttavia portati a termine (ad esempio: la proposta di legge delega per il riordino della tassazione dei redditi di capitale, della riscossione e accertamento dei tributi erariali, del catasto dei fabbricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali A.C. n. 1762 ,oltre alla citata legge delega 11 marzo 2014, n. 23) o che hanno inciso solo su specifici aspetti come l’articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 che stabilisce che fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo le rendite catastali urbane sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili e di ogni altra imposta.

Una revisione parziale del classamento è stata invece disciplinata dalla legge finanziaria del 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) che, all’art. 1, comma 335, ha previsto la possibilità, per i comuni, di chiedere all’Amministrazione catastale la revisione parziale del classamento degli immobili. L’Agenzia, una volta accertata la sussistenza dei presupposti (l’esistenza di almeno tre microzone catastali nel comune e lo scostamento fra valore medio di mercato e quello medio catastale maggiore o minore almeno del 35% rispetto all’analogo rapporto riferito all’insieme delle microzone comunali), avvia l’attività di riclassamento e revisione delle rendite catastali. La revisione, che può modificare la categoria e la classe dell’unità immobiliare, comporta anche la variazione della rendita catastale che viene successivamente notificata ai soggetti intestatari mediante avvisi di accertamento. I comuni che hanno richiesto all’Agenzia la revisione parziale del classamento sono 17 (tra cui Roma, Milano, Ferrara, Perugia, Bari, Lecce). Le microzone revisionate nelle 17 città sono state complessivamente 38, per un totale di 418.118 unità immobiliari presenti. Le unità immobiliari urbane variate sono state 327.649 (circa il 78% di quelle ubicate nelle microzone anomale), cui è risultato un incremento della rendita catastale di oltre 183 milioni di euro.

In materia di classamento degli immobili l’Ufficio parlamentare di bilancio, nel testo presentato nel corso dell’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale il 20 ottobre 2021, ha rilevato che: “l’eccessiva ampiezza delle zone censuarie, che non riflette correttamente l’attuale eterogeneità del patrimonio immobiliare e l’obsolescenza della definizione delle categorie catastali sono proprio i principali fattori che condizionano la rappresentatività dell’attuale sistema di rendite rispetto ai valori patrimoniali reali”.

La gestione delle banche dati catastali e lo svolgimento dei relativi servizi sono stati affidati all’Agenzia del Territorio, istituita con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 che ha ereditato le competenze del Dipartimento del Territorio del Ministero delle Finanze. Da ultimo, l’Agenzia del Territorio, dal 1° dicembre 2012, è stata incorporata nell’Agenzia delle Entrate (art. 23-quater, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95).

Per una panoramica sull’utilizzo del valore catastale in altri Paesi europei si rinvia alla lettura del paragrafo “La fiscalità immobiliare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna “ del dossier “Elementi essenziali della tassazione in Italia”.

La lettera a), del comma 1, indica i criteri e principi direttivi attraverso i quali si dovrà modificare la disciplina del sistema di rilevazione catastale:

  • prevedere strumenti, da porre a disposizione dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, atti a facilitare e ad accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento delle seguenti fattispecie:
    • gli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso ovvero la categoria catastale attribuita;
  • i terreni edificabili accatastati come agricoli;
–        gli immobili abusivi, individuando a tale fine specifici incentivi e forme di valorizzazione delle attività di accertamento svolte dai comuni in questo ambito, nonché garantendo la trasparenza delle medesime attività;
  • prevedere strumenti e modelli organizzativi che facilitino la condivisione dei dati e dei documenti, in via telematica, tra l’Agenzia delle entrate e i competenti uffici dei comuni nonché la loro coerenza ai fini dell’accatastamento delle unità immobiliari (lettera b)).

 

Nella Relazione illustrativa che accompagna il testo che il Governo sottolinea che la modifica dovrà prevedere strumenti da porre a disposizione dei comuni e all’Agenzia delle entrate, secondo il paradigma dell’interoperabilità dei rispettivi sistemi informativi, per facilitare e accelerare l’individuazione, anche attraverso metodologie innovative: degli immobili non censiti o che non rispettano la effettiva, reale consistenza o la relativa destinazione d’uso o la categoria catastale attribuita.

 

Stock immobiliare complessivo

Nel rapporto Statistiche catastali 2020 realizzato dall’Agenzia delle entrate si evidenzia che lo stock immobiliare censito negli archivi catastali italiani al 31.12.2020 consiste di quasi 76,5 milioni di immobili o loro porzioni, di cui quasi 66 milioni sono censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita, circa 3,6 milioni sono censiti nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee, anche se solo temporaneamente, a produrre ordinariamente un reddito (aree urbane, lastrici solari, unità in corso di costruzione o di definizione, ruderi) e circa 6,8 milioni sono beni comuni non censibili, cioè di proprietà comune e che non producono reddito, o unità ancora in lavorazione (circa 79 mila). Nel testo si evidenzia che le attività di fotoidentificazione hanno fatto emergere oltre 1,2 milioni di unità immobiliari urbane non censite in catasto.

Non considerando gli immobili che non producono reddito del gruppo F, i beni comuni non censibili e gli immobili in lavorazione, le unità immobiliari censite sono pari, come detto, a quasi 66 milioni, di cui la maggior parte è censita nel gruppo A (circa il 55%) e nel gruppo C (oltre il 42%), dove sono compresi, oltre ad immobili commerciali (negozi, magazzini e laboratori) anche le pertinenze delle abitazioni, ovvero soffitte, cantine, box e posti auto. La restante parte dello stock, il 3%, è costituita da immobili censiti nei gruppi a destinazione speciale (gruppo D: 2,5%), particolare (gruppo E: 0,2%) e d’uso collettivo (gruppo B: 0,3%). In termini di rendita catastale, la quota maggiore è ancora rappresentata dagli immobili del gruppo A e C, che corrispondono a quasi i 2/3 del totale. Le unità del gruppo D rappresentano, di contro, una rilevante quota di rendita del patrimonio immobiliare italiano, oltre il 28%, a fronte di una quota di solo il 2,5% in termini di numero di unità.

Il comma 2 stabilisce altresì che il Governo è delegato ad attuare, sempre attraverso i decreti legislativi di cui all’articolo 1, un’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026.

Sono quindi elencati i principi e criteri direttivi da seguire nell’esercizio della delega.

Il governo dovrà prevedere che le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali e, secondo una modifica introdotta in sede referente, neanche per la determinazione delle agevolazioni e dei benefici sociali (lettera a)), in ciò cercando di garantire la neutralità fiscale ed exstrafiscale della norma.

Si ricorda, a tale proposito, che nel testo originario della proposta di legge al termine della lettera a) si stabiliva più genericamente il non utilizzo delle informazioni rilevate comunque per finalità fiscali.

La lettera b), interamente sostituita in sede referente, delinea le modalità di calcolo di una nuova rendita catastale che si affianca all’esistente.

Nella nuova disposizione viene espunto qualsiasi riferimento all’attribuzione di un valore patrimoniale, ma si prevede che sia indicata per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente e sulla base dei dati nelle disponibilità dell’Agenzia delle Entrate, anche un’ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata utilizzando i criteri previsti dal decreto del Presidente della Repubblica del 23 marzo 1998, n. 138, in materia di revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri.

 

A tale proposito, si evidenzia che l’articolo 5 (revisione delle tariffe d’estimo) del decreto n.138 stabilisce che al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali, si procede alla revisione delle tariffe d’estimo attualmente vigenti, facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge. Non sono da assumere, come termini di riferimento, valori e redditi occasionali ovvero singolari.

 

Tale rendita, se necessario, sarà determinata anche tenendo conto:
  • dell’articolazione del territorio comunale in ambiti territoriali omogenei di riferimento;
–     della rideterminazione delle destinazioni d’uso catastali, distinguendole in ordinarie e speciali;
  • dell’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo Si ricorda che il testo originario della lettera b) prevedeva espressamente l’attribuzione alle unità immobiliari di un valore patrimoniale e di una rendita attualizzata che tenesse conto dei valori di mercato. In particolare la norma prevedeva di attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato. La lettera c) stabiliva altresì che bisognava prevedere meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane, in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento e comunque non al di sopra del valore di mercato.

 

Ai fini di un criterio di massima trasparenza di consultazione dei dati immobiliari, il Governo dovrà inoltre assicurare nella consultazione catastale l’accesso alla banca dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare–OMI (lettera c), come sostituita in sede referente).

Sul punto si ricorda che l’OMI cura, tra l’altro, la pubblicazione delle quotazioni immobiliari semestrali che individuano, per ogni delimitata zona territoriale omogenea (zona OMI) di ciascun comune, un intervallo minimo/massimo, per unità di superficie in euro al mq, dei valori di mercato e locazione, per tipologia immobiliare e stato di conservazione. Quando per una stessa tipologia sono valorizzati più stati di conservazione è comunque specificato quello prevalente.

 

Si dovrà anche prevedere, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico (come individuate ai sensi dell’articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi rispetto alla destinazione, all’utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro di tali immobili. (lettera d).

 

Si ricorda che la sopra citata legge delega 11 marzo 2014, n. 23, stabiliva che per determinare il valore patrimoniale medio ordinario si sarebbero dovuti seguire, tra l’altro, tali parametri (per le unità immobiliari a destinazione catastale ordinaria):

  • un processo estimativo che utilizzasse il metro quadrato come unità di consistenza, specificando i criteri di calcolo della superficie dell’unità immobiliare;
  • funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all’interno di uno stesso comune;
  • la previsione, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, di adeguate riduzioni del valore patrimoniale e della rendita, alla luce dei più gravosi oneri di manutenzione e conservazione;
  • garantire l’invarianza del gettito delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di valori patrimoniali e rendite, a tal fine prevedendo, contestualmente all’efficacia impositiva dei nuovi valori, la modifica delle relative aliquote impositive, delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, finalizzate ad evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti e all’imposta municipale propria (IMU), prevedendo anche la tutela dell’unico immobile non di lusso e tenendo conto, nel caso delle detrazioni relative all’IMU, delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e della composizione del nucleo familiare, come rappresentate nell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche alla luce dell’evoluzione cui sarà soggetto il sistema tributario locale fino alla piena attuazione della revisione prevista dalla disposizione.

 

Il comma 3, introdotto in sede referente, delega il Governo anche a stabilire che una quota dell’eventuale maggiore gettito derivante dalle attività di nuova rilevazione catastale, di cui al sopra descritto comma 1, sia destinato alla riduzione dell’imposizione tributaria sugli immobili e sia prevalentemente attribuito ai comuni ove si trovano gli immobili interessati dalle disposizioni di cui al medesimo comma.

 

Il comma 4, anch’esso introdotto in sede referente, reca la delega al Governo volta a prevedere procedimenti amministrativi semplificati e modalità di collaborazione tra i comuni e l’Agenzia delle entrate, affidando comunque a quest’ultima anche i compiti di indirizzo e c

 

Cosa dice in sintesi  il dossier della Camera sulla riforma del Catasto 2022

L’articolo 6 reca la delega al Governo per l’adozione di norme finalizzate a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, prevedendo nuovi strumenti da porre a disposizione dei comuni e all’Agenzia delle entrate, atti a facilitare l’individuazione e il corretto classamento degli immobili. La norma indica altresì i principi e i criteri direttivi che dovranno essere utilizzati per l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati (da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026). Tali informazioni non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né, conseguentemente, a seguito di una modifica introdotta in sede referente, per la determinazione di agevolazioni e benefici sociali. In particolare ai fini dell’integrazione dei dati, secondo le modifiche introdotte in sede referente, si dovrà prevedere che venga indicata per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente, anche un’ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata secondo quanto previsto nel corso dell’esame in sede referente- utilizzando i criteri già previsti in materia di tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane (mentre vengono espunti dal testo i precedenti riferimenti all’attribuzione del valore patrimoniale). Tale rendita, ove risultasse necessario, – sempre secondo quanto precisato nel corso dell’esame in sede referente- viene determinata anche tenendo conto dell’articolazione del territorio comunale, della rideterminazione delle destinazioni d’uso catastali, dell’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario. Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico sono, inoltre, da introdurre adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario considerati i più gravosi oneri di manutenzione e conservazione. In sede referente è stato specificato inoltre che una quota dell’eventuale maggiore gettito derivante dalle attività di nuova rilevazione catastale in commento sia destinato alla riduzione dell’imposizione tributaria sugli immobili e sia prevalentemente attribuito ai comuni ove si trovano gli immobili interessati. Si è infine delegato il Governo a prevedere procedimenti amministrativi semplificati e modalità di collaborazione tra i Comuni e l’Agenzia delle entrate, affidando a quest’ultima anche i compiti di indirizzo e coordinamento.

 

 

Guarda il dossier completo

PDF Embedder requires a url attribute PDF Embedder requires a url attribute