NOTIFICHE VIA PEC: IL CASO DELLA CASELLA PIENA NELLE RECENTI ORDINANZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Nell’ambito della collana editoriale Tax justice è stato pubblicato il quarto update di giurisprudenza tributaria relativo alla questione delle notificazioni telematiche non andate a buon fine per cause non imputabili al notificante (Ordinanze della Corte di Cassazione del 24/01/2023 n. 2193 e del 07/06/2023 n. 16125).
La notifica telematica non può ritenersi effettuata se non va a buon fine perché la casella di posta certificata del legale del contribuente risulta piena, ma va rinnovata presso il domicilio fisico. La notifica telematica al domicilio digitale è, dunque, valida solamente nell’ipotesi di avvenuta consegna; diversamente, qualora vi sia una differente e specifica elezione di diverso domicilio, nell’eventualità di casella telematica piena per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica, il notificante ha l’onere di riprendere tempestivamente il procedimento notificatorio presso il domicilio eletto (ordinanze Corte di Cassazione n. 2193 del 24/01/2023 e n. 16125 del 07/06/2023).
INTRODUZIONE
L’ordinanza del 24/01/2023 n. 2193 – Corte di Cassazione – Sezione 5 , i cui principi sono stati confermati dalla recente ordinanza del 07/06/2023 n. 16125 – Sezione 1, si occupa dell’annosa questione relativa alle notificazioni telematiche non andate a buon fine per una ragione non imputabile al notificante. In particolare, la pronuncia riguarda il caso della notifica telematica al domicilio digitale del destinatario la cui casella di posta elettronica certificata risulti piena.
La prima parte di questo lavoro si concentra sui due distinti indirizzi che, da tempo, si confrontano sul tema. Nella seconda parte sono, invece, riportati gli spunti più interessanti contenuti nelle principali pronunce a sostegno di entrambi gli orientamenti. Infine, nell’ultima parte, è esposto un quadro riepilogativo della struttura normativa civilistica e tributaria in materia, senza trascurare di mettere in luce le dirimenti novità apportate dal Decreto legislativo del 10/10/2022 n. 149 (riforma Cartabia), entrate in vigore lo scorso 1° marzo 2023 e in parte sospese fino al 3 dicembre 2023.
PRIMA PARTE
Il primo orientamento e la soluzione adottata dall’ordinanza n. 2193 del 24/01/2023 della Corte di Cassazione.
Secondo il primo orientamento, se la notificazione telematica non va a buon fine per una ragione non imputabile al notificante, ma addebitabile al destinatario per inadeguata gestione dello spazio di archiviazione necessario alla ricezione dei messaggi nella casella di posta elettronica certificata (Sentenza Cassazione Civile n. 13532 del 20.05.2019), il notificante ha “il più composito onere, anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario (fisico) eletto, in un tempo adeguatamente contenuto” (Sentenza del 20/12/2021 n. 40758 – Corte di Cassazione – Sezione 3). Secondo tale principio, quindi, l’identificazione del c.d. domicilio digitale non ha soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati (Sentenza del 11/02/2021 n. 3557 – Corte di Cassazione – Sezione lavoro; Ordinanza del 29/01/2020 n. 1982 – Corte di Cassazione – Sezione 3). Alla luce di tale indirizzo il mancato perfezionamento della notifica, pure se imputabile al destinatario per non aver reso disponibile lo spazio necessario per la ricezione della stessa nella propria casella di posta elettronica certificata, impone al notificante di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo la norma dettata dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile. In base a tale orientamento, di conseguenza, il rinnovo della notifica non può avvenire mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui all’art. 16, comma 6, ultima parte, del d.l. n. 179/2012, convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221. Tale norma, infatti, si applica solo nel caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dall’ufficio giudiziario. Il notificante deve, pertanto, tenere conto dell’eventuale elezione di domicilio fisico. Ne consegue che, in caso di casella telematica piena per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica, qualora vi sia una differente e specifica elezione di diverso domicilio, il notificante è tenuto a riprendere per tempo il procedimento notificatorio presso tale domicilio eletto. Per quanto riguarda, infine, la tempestività del rinnovo della notifica i giudici di legittimità riportano, come immediatamente applicabile al caso di specie, il principio espresso dalla Sentenza del 15/07/2016 n. 14594 – Corte di Cassazione – Sezioni unite, secondo il quale “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”. Ciò significa che, in questo caso, al fine del rispetto di eventuali termini decadenziali, la “seconda” notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, ossia dalla prima notifica non riuscita. In sostanza, la notifica è considerata tempestiva fin dalla data del primo tentativo di notifica (Sentenza del 24/07/2009 n. 17352 – Corte di Cassazione – Sezioni Unite). Da ultimo, si segnala la citata ordinanza n. 16125 del 7 giugno 2023 della Corte di Cassazione che, nell’ambito di un processo civile, si è espressa nella stessa direzione della pronuncia in commento. Il secondo orientamento. L’orientamento alternativo equipara, invece, la casella di posta elettronica certificata satura a un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni tramite la stessa. Tale indirizzo valorizza, infatti, l’espressione “rendere disponibile” contenuta nell’art. 149-bis, terzo comma, cod. proc. civ., in base al quale in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica eseguite dall’ufficiale giudiziario «La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario». Di conseguenza la mancata disponibilità da parte del destinatario per causa a lui imputabile, come nel caso della casella satura, determina il perfezionamento della notificazione, nel senso che si può procedere all’utilizzazione dell’atto come se fosse stato notificato (Ordinanza del 11/02/2020 n. 3164 – Corte di Cassazione – Sezione 6). In base a tale orientamento, sul difensore graverebbe, dunque, l’onere di provvedere al controllo periodico della propria casella di posta elettronica certificata, al fine di assicurare che gli effetti giuridici connessi alla notifica di atti tramite quel mezzo possa essere effettivo. A supporto di questa tesi vi è, tra l’altro, il disposto dell’art. 20 comma 5 del Decreto 21 febbraio 2011, n. 44 del Ministero della Giustizia (recante le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), in base al quale «Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione».
SECONDA PARTE
L’evoluzione giurisprudenziale: i precedenti conformi al primo orientamento 1) Sentenza della Corte di Cassazione n. 40758 del 20/12/2021 L’inadeguata gestione dello spazio di archiviazione necessario alla ricezione dei messaggi (Cass., 20/05/2019, n. 13532) fa maturare l’onere per il notificante di riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio fisico, eventualmente eletto, in un tempo adeguatamente contenuto. L’identificazione del domicilio digitale non ha affatto soppresso la prerogativa processuale della parte di eleggere uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti processuali. Il mancato perfezionamento della notifica, per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella di posta elettronica certificata, obbliga la parte a provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e seguenti, cod. proc. civ., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria. Se, da un lato, il destinatario della notifica ha l’onere di fare quanto necessario affinché la propria casella di posta elettronica certificata possa essere in grado di ricevere correttamente le notificazioni, dall’altro, bisogna tener conto del difetto di esclusività del domicilio digitale e della mancata elisione della prerogativa processuale di eleggere domicilio fisico con effetti alternativi. Se così non fosse, infatti, la previsione legale del domicilio digitale dovrebbe intendersi come soppressiva della facoltà processuale di elezione di diverso domicilio. In conclusione, una casella di posta elettronica certificata satura non può equivalere a un intenzionale rifiuto di ricevere notificazioni tramite essa, tanto più attesa l’alternativa elezione di domicilio fisico utilizzabile. 2) Sentenza della Corte di Cassazione n. 3557 dell’11/02/2021 L’indicazione della posta elettronica certificata non rende inapplicabile l’intero insieme delle norme e dei principi sulla domiciliazione nel giudizio, soprattutto allorché sia la stessa parte o il suo difensore a designare l’elemento topografico dell’elezione di domicilio in maniera compatibile con le regole del processo. Deve, pertanto, affermarsi che ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, anche dopo l’introduzione del “domicilio digitale” (art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012), resta comunque valida la notificazione effettuata presso il domicilio fisico ove il destinatario abbia scelto, eventualmente in associazione a quello digitale, di eleggervi il domicilio. 3) Ordinanza della Corte di Cassazione n. 1982 del 29/01/2020 Il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale non ha soppresso la possibilità per la parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico, compresa la cancelleria dell’ufficio giudiziario, come valido riferimento anche in associazione al domicilio digitale per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati. 4) Ordinanza del 18/11/2019 n. 29851 – Corte di Cassazione – Sezione 6 L’esito negativo della notifica, anche se chiaramente imputabile al destinatario per non aver reso possibile la ricezione di messaggi sulla propria casella di posta elettronica certificata, non consente di ritenere perfezionata tale notifica. Non si applica, infatti, alla ricevuta di mancata consegna generata a seguito di notifica telematica effettuata da un Avvocato, la disciplina prevista nel caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dalla cancelleria, come prescritto dal citato art. 16, comma 6 del d. l. n. 179/2012, convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221. Il legale deve, di conseguenza, provvedere a rinnovare la notifica dell’atto secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 c.p.c. e ss. anche nel caso in cui la notifica effettuata non vada a buon fine per causa imputabile al destinatario. Il notificante, quindi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (cfr. Cass. n. 20700/2018, SU n. 14594/2016); L’evoluzione giurisprudenziale: i precedenti conformi al secondo orientamento 1) Sentenza del 21/09/2022 n. 10104 – Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma – Sezione 9 Il messaggio che informa di una casella di posta elettronica certificata di destinazione piena è equiparabile alla regolare ricevuta di avvenuta consegna. Il mancato download nella casella di posta elettronica certificata è, infatti, cagionato da fatto del destinatario che si è colpevolmente esposto al rischio di mancata ricezione dei messaggi non curando la propria cassetta di posta elettronica, pertanto dovrà imputare a sé per difetto organizzativo e omesso controllo dei sistemi informatici la mancata consegna la quale dovrà considerarsi avverata. 2) Ordinanza della Corte di Cassazione n. 3164 dell’11/02/2020 Il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, causato dalla capienza satura della casella di posta elettronica del destinatario, configura un evento imputabile a quest’ultimo, per via dell’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi. Tale evenienza legittima l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ai sensi dell’art. 16 comma 6 del d.l. n. 179/2012, convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221. Tale principio si riferisce alla disciplina delle comunicazioni, ma il codice di procedura civile reca una norma di contenuto analogo anche in tema di notificazione. Essa è desumibile dal disposto di cui all’art. 149-bis, comma 3, cod. proc. civ. in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica eseguite dall’ufficiale giudiziario e prevede che «La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.». Deve, inoltre, essere richiamata la disciplina stabilita dall’art. 20 comma 5 del sopra citato Decreto del Ministero della Giustizia n. 44, che stabilisce che il soggetto abilitato esterno debba dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e di verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione. Secondo tale norma è, dunque, onere del difensore provvedere al controllo periodico della propria casella di posta elettronica certificata. Tale onere è finalizzato ad assicurare che gli effetti giuridici connessi alla notifica di atti tramite lo strumento telematico si possano produrre nel momento in cui il gestore del servizio di posta elettronica certificata rende disponibile il documento nella casella di posta del destinatario. Dal momento che il citato D.M. rientra tra le fonti di rango secondario, non è possibile concludere che la notificazione si abbia per perfezionata in presenza di casella di posta elettronica certificata satura. Dirimente risulta invece l’espressione “rendere disponibile” contenuta nel sopra citato disposto codicistico. Quest’ultima, infatti, “individua un’azione dell’operatore determinativa di effetti potenziali e non una condizione di effettività della detta potenzialità dal punto di vista del destinatario”. Pertanto, qualora il “rendere disponibile” quale azione dell’operatore non si evolva in una effettiva disponibilità da parte del destinatario per causa a lui imputabile, come nel caso di casella satura, la notificazione si intende perfezionata, con la conseguenza che il notificante può procedere all’utilizzazione dell’atto come se fosse stato notificato. In conclusione lasciare la casella di posta elettronica certificata satura equivale ad un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni per il suo tramite e la circostanza che responsabile della sua gestione sia direttamente il titolare giustifica il considerare la conseguenza di tale atteggiamento come equipollente ad una consegna dell’atto. 3) Sentenza della Corte di Cassazione n. 13532 del 20/05/2019 Al fine di soddisfare e rispettare i requisiti tecnici previsti dalla normativa vigente sulla notifica a mezzo posta elettronica certificata ex art. 3 bis della legge n. 53/1994 cit. di un atto del processo all’avvocato, sussiste l’onere per quest’ultimo di dotarsi degli strumenti per decodificarla o leggerla, non potendo la funzionalità dell’attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario, salva l’allegazione e la prova del caso fortuito, come in ipotesi di malfunzionamenti del tutto incolpevoli, imprevedibili e comunque non imputabili al professionista coinvolto. In particolare, con specifico riferimento alla ipotesi di saturazione della casella di posta elettronica certificata, è da escludere che tale saturazione configuri un impedimento non imputabile al difensore al fine di legittimare la richiesta di rimessione in termini per la notifica di un atto (Ordinanza del 12/11/2018 n. 28864 – Corte di Cassazione – Sezione 6). L’avvocato, infatti, dopo aver comunicato il proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia per il tramite del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria utenza, nel senso che ha l’onere di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo, indicato negli atti processuali, non potendo far valere la circostanza della mancata apertura della posta per ottenere la concessione di nuovi termini per compiere attività processuali (Sentenza del 02/07/2014 n. 15070 – Corte di Cassazione – Sezione lavoro). 4) Sentenza del 31/10/2018 n. 9415 – Comm. Trib. Reg. per la Campania – Sezione 8 Nella fattispecie l’avviso di fissazione della udienza di discussione, comunicato dalla cancelleria alla casella di posta elettronica, è stato rifiutato dal sistema con il messaggio “casella piena”. Secondo i giudici “la comunicazione deve ritenersi regolarmente avvenuta giacché, una volta ottenuta dall’ufficio giudiziario l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, l’avvocato, che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di PEC, diventa responsabile della gestione della propria utenza, e ha l’onere, non solo di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria al proprio indirizzo, ma anche di attivarsi affinché messaggi possano essere regolarmente recapitati” (Sentenza del 21/11/2016 n. 23650 – Corte di Cassazione – Sezione lavoro). Di conseguenza vi è un onere in capo al destinatario di verifica del corretto funzionamento della casella di posta. 5) Sentenza del 21/05/2018 n. 12451 – Corte di Cassazione – Sezione lavoro La comunicazione deve aversi per notificata quando la mancata consegna dipenda da cause imputabili al destinatario, come nel caso in cui, per mancata diligenza, la sua casella risulti piena per prolungata e, dunque, colpevole assenza di lettura della posta elettronica. In materia la Corte di Cassazione si era già pronunciata affermando che il titolare dell’account di posta elettronica certificata ha il dovere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione, oltre che di controllare prudentemente la posta in arrivo, ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come “posta indesiderata” (Sentenza del 07/07/2016 n. 13917 – Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 6). L’avvocato, una volta ottenuta dall’ufficio giudiziario l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata e dopo aver effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata, diventa responsabile della gestione della propria utenza, nel senso che ha l’onere, non solo di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo ma anche di attivarsi affinché i messaggi possano essere regolarmente recapitati (Cass. n. 23650\2016). TERZA PARTE Il contrasto giurisprudenziale e l’evoluzione normativa sul domicilio eletto I contrasti giurisprudenziali sopra descritti sono il frutto di una diversa interpretazione della normativa in tema di procedimento notificatorio tanto nell’ambito del processo civile quanto nel contenzioso tributario. Del resto, se è vero che nell’ultimo periodo è incontrovertibile una progressiva e costante affermazione dei processi di digitalizzazione che coinvolgono globalmente i procedimenti giudiziari, in particolare quelli civili e tributari, comprese le procedure notificatorie, è altrettanto vero che la normativa non prevede precise conseguenze nell’ipotesi del mancato perfezionamento del procedimento notificatorio in forma digitale. Tutto ciò lascia aperto il confronto, a livello giurisprudenziale, tra chi sostiene che il notificante abbia l’onere in tali casi di eseguire tempestivamente le procedure di notifica analogiche per completare la notifica e chi, al contrario, ritiene doversi considerare completato il procedimento notificatorio quando la mancata consegna dipenda da cause imputabili al destinatario. Peraltro, va anche segnalato che il succitato regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale non ha determinato la soppressione della prerogativa processuale della parte di individuare anche un domicilio fisico in associazione a quello digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati, e ciò costituisce un ulteriore elemento che tende ad alimentare il contrasto giurisprudenziale de quo. La normativa nel processo civile telematico Per quanto riguarda la normativa inerente al perfezionamento della notifica in sede civile l’art. 16, d.l. n. 179/2012, convertito dalla legge n. 221/2012, prevede al comma 6 che nel caso in cui le notifiche degli atti al difensore debbano essere eseguite ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notifica con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notifica presso l’indirizzo di posta elettronica certificata. Le stesse regole trovano conferma anche nel successivo art. 16 sexies relativo al domicilio digitale, il quale aggiunge, altresì, l’obbligo per le parti di notificare i propri atti presso l’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dagli elenchi INI PEC di cui all’art. 6-bis d.lgs. n. 82/2005, ovvero presso il Re.G.Ind.E, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della giustizia. La disciplina normativa civilistica è completata dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile. In particolare, si segnala, per quanto d’interesse nel presente lavoro: ● l’art. 149-bis, comma 3, c.p.c., il quale prevede che la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica del destinatario ● l’art. 20, comma 5, del Decreto n. 44/2011 del Ministero della Giustizia, in base al quale il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare l’effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione. Sarebbe, pertanto, onere del difensore provvedere al controllo periodico della propria casella di posta elettronica certificata, finalizzato ad assicurare che gli effetti giuridici connessi alla notifica di atti tramite quel mezzo sia effettivo. Di conseguenza, lasciare la casella di posta elettronica certificata satura equivale nell’ottica della notifica telematica e, in generale, dell’attività svolta in via telematica, a un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni tramite la stessa. Del resto nello stesso senso l’art. 138, comma 2, cod. proc. civ., considera il rifiuto del destinatario di ricevere la copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie come equivalente ad una notificazione di tale genere. Da ultimo deve farsi cenno alla “Riforma Cartabia” (d.lgs. n. 149/2022 entrata in vigore lo scorso 1° marzo 2023). Tale riforma introduce una rilevante novità attraverso una modifica all’articolo 3 ter della Legge del 21/01/1994 n. 53, che concerne i casi in cui la notifica non va a buon fine. L’intervento normativo, in particolare, prevede: 1) qualora la notifica eseguita a mezzo posta elettronica certificata non vada a buon fine per cause non imputabili al destinatario, l’avvocato è chiamato ad eseguire la notifica con le modalità ordinarie; 2) un doppio binario nel caso in cui la notifica eseguita a mezzo posta elettronica certificata abbia esito negativo per cause imputabili al destinatario. In tal caso, qualora il destinatario sia un’impresa o un professionista tenuto all’obbligo di attivazione della pec, l’avvocato deve eseguire la notifica attraverso l’inserimento a spese del richiedente nell’area web riservata, prevista dall’articolo 359 del codice della crisi di impresa, di cui al Decreto legislativo del 12/01/2019 n. 14, dichiarando la sussistenza di uno dei motivi per procedere a tale inserimento. Effettuata tale operazione, la notifica si ritiene eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento. Nel caso, invece, il destinatario sia una persona fisica o un ente di diritto privato non tenuto all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ed abbia eletto domicilio digitale, e quindi non obbligato a detenere una pec, l’avvocato procederà a una nuova notifica con le modalità ordinarie (art. 16 sexies del d.l. n. 179/2012). Tuttavia, è necessario segnalare l’intervenuta sospensione, a far data dal 6 luglio 2023 e fino al 31 dicembre 2023, dell’efficacia dei commi 2 e 3 dell’art. 3 ter della l. 53/1994, per effetto del nuovo art. 4 ter del d.l. 10 maggio 2023 n. 51/2023 convertito con la legge 3 luglio 2023 n. 87/2023. Ne deriva che per effetto della sospensione, in caso di impossibilità ad eseguire la notifica a mezzo PEC, ovvero in caso di esito negativo del tentativo di notifica a mezzo PEC, a prescindere dalle cause che ne abbiano determinato il mancato perfezionamento, l’Avvocato dovrà effettuare la notifica con le modalità ordinarie. La normativa relativa alla sospensione, tuttavia, fa salvi gli effetti processuali e sostanziali del tentativo di notifica a mezzo PEC del notificante. Infatti, in caso di esito negativo del tentativo di notifica, dovrà, sì, procedere con le modalità ordinarie, con conseguente perfezionamento della notifica per il destinatario con tali modalità, ma salverà la precedente attività notificatoria a mezzo PEC, documentabile con il messaggio PEC inviato e la corrispondente ricevuta di accettazione. La novella legislativa contenuta nella riforma Cartabia ha, infatti, espressamente riconosciuto la validità della ricevuta di accettazione per l’interruzione dei termini e la salvezza dei diritti anche in caso di mancato perfezionamento della notifica, aderendo all’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione sopracitato. La normativa nel processo tributario telematico Il processo tributario di merito è disciplinato dalle norme del d.lgs. n. 546/1992, che ai sensi dell’art. 1, comma 2, stabilisce l’applicazione delle norme del codice di procedura civile per quanto da esso non regolato. L’art. 16 bis, comma 3, del citato decreto e l’art. 2 del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 163/2013, prevedono che la notificazione degli atti e dei provvedimenti del processo tributario avvenga con modalità informatiche. Il successivo art. 5, comma 1, stabilisce, inoltre, che le notifiche telematiche avvengano a mezzo posta elettronica certificata e, al comma 2, che si intendano perfezionate al momento in cui viene generata da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario la ricevuta di avvenuta consegna. Infine, l’art. 16 del d.l. 23 ottobre 2018 n. 119/2018, convertito dalla Legge 17 dicembre 2018, n. 136, ha previsto che, dal 1° luglio 2019, le notifiche degli atti del processo tributario debbano avvenire esclusivamente con modalità telematiche. Tuttavia, secondo l’interpretazione della normativa fornita dalla Circolare n. 1 del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Direzione della Giustizia Tributaria, del 4 luglio 2019, in caso di mancato perfezionamento della notifica telematica per mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, il notificante, in base a quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 16-bis del d.lgs. n. 546/92, dovrebbe attivare tempestivamente le modalità tradizionali di notifica degli atti processuali, previste dall’art. 16 del medesimo decreto legislativo; in tali casi, alla luce della citata Circolare, la notifica dovrà essere effettuata entro un termine ragionevole, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che nella sentenza n. 14594/2016, ha infatti precisato che tale termine corrisponde ad un tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. per ciascun mezzo di impugnazione, salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova (in buona sostanza, il termine ragionevole viene individuato nella metà del termine breve di impugnazione). In più, in caso di eventuale “irreperibilità assoluta” del soggetto destinatario della notifica, occorrerebbe procedere, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del d.lgs. n. 546/92, con il deposito degli atti presso la segreteria della Corte di giustizia tributaria. CONCLUSIONI In un orizzonte prospettico non molto lontano risulta evidente che la digitalizzazione completa dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali non possa che condurre a un sistema perfettamente digitalizzato anche nell’ambito delle procedure di notifica. In particolare, quanto agli atti giurisdizionali in materia civile, l’obiettivo di perfetta digitalizzazione delle procedure, può ritenersi raggiunto con la sopra descritta “Riforma Cartabia”. Quest’ultima rappresenta, infatti, un decisivo passo in avanti nella trasformazione digitale dell’intera architettura del processo civile. Tuttavia, le novità introdotte dal citato intervento normativo non sono applicabili alla giurisdizione tributaria di merito, la quale soggiace alla propria normativa specifica (art. 16 bis del d.lgs. n. 546/92). In conclusione, visti i rapidi processi di innovazione digitale in ogni campo che stanno caratterizzando l’attuale momento storico, sarebbe auspicabile un intervento del Legislatore finalizzato a uniformare il regime delle notificazioni per tutte le giurisdizioni nazionali.
Responsabile Luigia Caputo
Autori Giovanni Franco Gianluca Fedeli Ufficio II Normativa e contenzioso tributario Via dei Normanni, 5 – 00184 Roma Tel. +39 0693836666 E-mail: df.dgt.uff02@mef.gov.it Internet: www.giustiziatributaria.gov.it
Tax Justice. Update - settembre 2023