tributi in genere

SANZIONI PER OMESSA/INFEDELE DENUNCIA E TARDIVO/OMESSO PAGAMENTO – Cumulabilità – Alcune pronunce

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La recente sentenza n. 27693/2020 della Suprema Corte interviene a rimuovere ogni dubbio, chiarendo i presupposti che legittimano la configurazione di ciascuna violazione ed escludendo l’irrogazione di due distinte sanzioni a fronte di un unico comportamento

Nella sentenza in esame la Suprema Corte giunge a censurare il modus operandi dell’Agenzia in considerazione del diverso tenore letterale delle disposizioni sopra citate, precisando come il legislatore nell’art. 5 D.Lgs. n. 471/1997 sanzioni la dichiarazione infedele e dunque il comportamento di colui che indica nella dichiarazione un’imposta inferiore a quella dovuta, mentre con l’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997 punisca il mancato pagamento alle scadenze prestabilite delle somme indicate dal contribuente nella propria dichiarazione. Con riferimento in particolare all’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997 la Suprema Corte ha precisato che tale norma non riguarda qualsiasi mancato “versamento dell’imposta” quanto piuttosto “la mancata esecuzione in tutto o in parte dei versamenti dell’imposta risultante dalla dichiarazione”, presupponendo pertanto “che dalla dichiarazione redatta dal contribuente emerga un preciso importo come imposta dovuta” e che il contribuente abbia omesso proprio il versamento dell’imposta dichiarata. Il giudice di legittimità chiarisce quindi, sulla base di un’interpretazione del tutto condivisibile, che l’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997 è applicabile alle sole ipotesi di mancato versamento delle imposte autoliquidate e dunque alla mancata esecuzione in tutto o in parte dei versamenti dovuti sulla base della dichiarazione, circoscrivendo l’ambito di applicazione della disposizione alle ipotesi di omessi o ritardati versamenti che il contribuente è tenuto ad effettuare spontaneamente, con esclusione quindi dei casi in cui il versamento si renda dovuto a seguito di un atto dell’Amministrazione finanziaria. A tale proposito si legge infatti nella motivazione che laddove “il mancato versamento di imposte sia diretta conseguenza della omessa indicazione nella dichiarazione dell’importo dell’imposta effettivamente dovuto, tale comportamento integra dichiarazione infedele per la quale è prevista la sanzione ben più grave di cui all’art. 5 che copre non solo la violazione formale dell’infedele dichiarazione ossia di una dichiarazione errata, recante un importo inferiore a quello realmente dovuto, ma anche il conseguente ed inevitabile mancato versamento dell’imposta effettivamente dovuta non potendo in tal caso la parte provvedere materialmente al versamento dell’importo corretto atteso che il pagamento corrisponde al dato indicato nella stessa dichiarazione”.

Conseguentemente la Corte in tale fattispecie esclude che siano ravvisabili “due distinte violazioni autonomamente sanzionabili, ma un unico comportamento, al quale non può che essere applicata un’unica sanzione” cioè quella prevista dall’art. 5 che assorbe anche l’omesso versamento ed “osta all’applicazione della sanzione di cui all’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997”. Ad indiretta conferma dell’inapplicabilità al caso di specie della sanzione di cui all’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997, la Corte richiama infine il disposto dell’art. 29 del D.L. n. 78/2010 che ha introdotto nel sistema tributario gli avvisi di accertamento esecutivi che non necessitano di preventiva iscrizione a ruolo e notifica delle cartelle di pagamento per la riscossione delle somme ivi accertate. Detta norma, come integrata dall’art. 7, comma 2, lett. n), del D.L. n. 70/2011 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 106/2011), dispone infatti espressamente che la sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 non si applichi nel caso di omesso carente o tardivo versamento delle somme dovute sulla base degli avvisi di accertamento esecutivi. Disposizione inequivocabile e destinata a porre fine ad una infondata e censurabile prassi dell’amministrazione che, secondo la Corte, deve ritenersi “sicuramente applicabile anche ad accertamenti notificati in data antecedente in forza dell’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997 che, ispirandosi al principio del favor rei, stabilisce che se in un momento successivo a quello in cui è stato commesso il fatto viene prevista, attraverso una modifica legislativa, una sanzione più tenue, oppure viene meno del tutto la norma sanzionatoria, il contribuente deve potere beneficiare del nuovo regime anche se al momento in cui ha commesso il fatto quel determinato comportamento era espressamente sanzionato impone in ogni caso di ritenere che l’art. 13 non si applica in caso di omesso versamento nei termini indicati degli avvisi di accertamento”. Sotto tale profilo appare davvero poco giustificabile, anche in termini di unitarietà complessiva del sistema, la prassi seguita nel caso in esame dall’amministrazione che, in presenza di un accertamento esecutivo, ritiene non dovuta la sanzione correlata all’omesso versamento delle imposte accertate e non versate, mentre ritiene comunque esigibile ed irrogabile detta sanzione in ipotesi di accertamento non esecutivo.

Sentenze e appunti sulla cumulabilità delle sanzioni per omessa/infedele denuncia e tardivo/omesso pagamento. Alcune casistiche.

DIFFORMI:

IMU

È illegittimo l’atto di accertamento Imu che non preveda la riduzione a un terzo della sanzione per omesso versamento, in caso di acquiescenza. Ciò in quanto i regolamenti comunali hanno il potere di attenuare le sanzioni e non di aggravarle. A dirlo è la Ctp di Torino, nella sentenza n. 171/1/2022

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