Le risposte del Dipartimento delle finanze alle domande del Sole 24 Ore
Accertamento esecutivo
La legge di Bilancio 2020 ha esteso l’accertamento esecutivo ai tributi comunali. Si chiede conferma del fatto che, in caso di ricorso avverso un avviso esecutivo, l’importo “affidabile” al soggetto incaricato della riscossione è pari all’intero maggior tributo dovuto, mentre le sanzioni saranno dovute solo dopo la sentenza di primo grado favorevole al Comune, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 19, Dlgs 472/97.
RISPOSTA L’atto di accertamento esecutivo non interviene sulle disposizioni relative alla riscossione frazionata dei tributi di pertinenza degli enti coinvolti dalla riforma e pertanto Si conferma che solo le sanzioni sono riscosse in maniera frazionata ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs.. n. 472 del 1997.
Accertamento esecutivo e Regioni
Il comma 784 della legge di Bilancio 2020 nel citare gli enti ai cui si rendono applicabili le disposizioni relative all’accertamento esecutivo non include le Regioni. Dato che diverse regioni riscuotono coattivamente tramite lo strumento dell’ingiunzione di pagamento, di cui al Rd 639/1910, disposizione questa non abrogata, è corretto ritenere che dal 2020 le regioni dovranno continuare ad utilizzare le ingiunzioni di pagamento e non lo strumento dell’accertamento esecutivo, salvo le disposizioni di cui ai commi da 794 a 803, applicabili anche alle ingiunzioni in forza di quanto disposto dal comma 804?
RISPOSTA La disciplina recante la riscossione dettata dalla legge di bilancio riguarda esclusivamente gli enti di cui al comma 784 dell’art. 1 vale a dire le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi tra gli enti locali, nei quali non rientrano le regioni. Pertanto, la legge definisce in detta norma l’ambito applicativo delle disposizioni in questione e conseguentemente le stesse non si applicano alle Regioni. Tale esclusione comprende anche le disposizioni contenute nei commi da 794 a 803, indicati nel quesito, poiché il rinvio effettuato dal successivo comma 804 non può che riferirsi alle ingiunzioni emesse dagli enti individuati dal citato comma 784.
Funzionario responsabile della riscossione
Il comma 793 della legge di Bilancio 2020 disciplina la figura del funzionario responsabile della riscossione, prevedendo un percorso di nomina più semplificato rispetto alla precedente disciplina. Il comma 804 rende applicabili le disposizioni di cui ai commi da 794 a 803 anche alle ingiunzioni di pagamento di cui al Rd 639/1910. Il comma 804 non richiama, quindi, espressamente il comma 793, ma ciononostante, essendo state abrogate le previgenti disposizioni sul funzionario responsabile della riscossione, si deve ritenere che la disposizione di cui al comma 793 sia applicabile non solo per gli accertamenti esecutivi, ma anche per le ingiunzioni fiscali, ivi incluse quelle già emesse. Si chiede conferma di tale conclusione. RISPOSTA Si condivide la soluzione prospettata sulla base della considerazione che pur in mancanza di un’espressa previsione normativa, il funzionario responsabile di cui al comma 793 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020, svolge tutte le attività cui è deputato, indipendentemente dalla tipologia degli atti utilizzati per la riscossione coattiva.
Notifica atto di accertamento esecutivo
Le disposizioni che regolano l’accertamento esecutivo non specificano le modalità di notifica di tale tipologia di atto. Ciononostante si ritiene che siano applicabili le ordinarie modalità di notifica già previste per gli atti di accertamento, e quindi tanto la notifica semplificata con raccomandata semplice di cui alla legge 296/2006 (la cui legittimità è stata confermata dalla Corte Costituzionale con sentenza 104/2019), quanto le altre modalità di notifica liberamente scelte dall’ente, come la notifica con messo notificatore dell’ufficio tributi, la notifica con messo comunale e la notifica tramite Pec. Si chiede conferma di tale conclusione.
RISPOSTA L’intervento del Legislatore per l’anno 2020, in materia di riscossione delle entrate degli enti locali non ha innovato circa la disciplina delle notificazioni. Pertanto, si conferma che continuano ad applicarsi le regole già vigenti precedentemente l’entrata in vigore della legge di bilancio 2020 in materia di notificazioni, compresa quella prevista dal cosiddetto minitesto unico della finanza locale di cui ai commi da 161 a 169 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006; commi peraltro espressamente richiamati per l’IMU nell’ambito della riforma attuata nella stessa legge di bilancio.
Contravvenzioni stradali
Il comma 792, lettera a) della legge di Bilancio 2020 prevede l’utilizzo dell’accertamento esecutivo tanto per le entrate tributarie tanto per “gli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali”. Posto che le entrate da contravvenzioni stradali sono entrate patrimoniali di diritto pubblico è legittimo ritenere che l’ente può notificare un accertamento esecutivo, in luogo dell’ingiunzione di pagamento, per attivare la riscossione coattiva con riferimento ai verbali di irrogazione delle sanzioni al codice della strada e alle ordinanze ingiunzioni della legge 689/1981?
RISPOSTA Le disposizioni di cui al comma 792 benché facciano riferimento alla lett. a) anche agli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali, tuttavia non si applicano alle contravvenzioni stradali, poiché le norme in questione non intervengono sulla disciplina del codice della strada e precisamente sull’art. 206 del D. Lgs. n. 285 del 1992. Pertanto, l’assenza di detto intervento comporta l’inapplicabilità degli atti di accertamento esecutivo alle contravvenzioni stradali. Rateazioni e regolamenti esistenti La legge di Bilancio 2020 ha introdotto la disciplina della rateazione per i tributi comunali, destinata ad operare in assenza di un regolamento comunale in materia. Le nuove disposizioni stabiliscono che la durata massima della dilazione non può essere inferiore a 36 rate per somme superiori a euro 6.000,01. Si chiede di sapere se anche i regolamenti già esistenti devono adeguarsi a questa durata minima della rateazione. RISPOSTA Le disposizioni in materia di rateazione di cui ai commi 796 e seguenti (in particolare ai commi 796 e 797) dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 prevedono che in assenza di un’apposita disciplina regolamentare, l’ente creditore o il soggetto affidatario, su richiesta del debitore, concede la ripartizione del pagamento delle somme dovute fino a un massimo di settantadue rate mensili, a condizione che il debitore versi in una situazione di temporanea e obiettiva difficoltà e che l’ente può ulteriormente regolamentare condizioni e modalità di rateizzazione delle somme dovute, ferma restando una durata massima non inferiore a trentasei rate mensili per debiti di importi superiori a euro 6.000,01. Dalla lettura sistematica dei commi in questione, si evince che il Legislatore ha attribuito un’ampia potestà regolamentare agli enti in questione, salvo il rispetto di determinate condizioni che sono esplicitate in modo particolare proprio nel comma 797. Pertanto, i regolamenti previgenti all’entrata in vigore della legge di bilancio devono essere adeguati a tali condizioni e in particolare deve essere comunque salvaguardata la durata massima della rateazione in misura “non inferiore a trentasei rate mensili per debiti di importi superiori a euro 6.000,01”.
Rateazioni e fideiussioni
Il comma 797 prevede che il Comune con proprio regolamento può ulteriormente regolamentare condizioni e modalità di rateizzazione delle somme dovute, fissando come unico limite quello di prevedere una durata massima non inferiore a 36 mesi per i debiti di importi superiori a euro 6.000,01. Molti regolamenti comunali subordinano la concessione della rateizzazione, per determinati importi, alla presentazione di una fideiussione. Tale previsione è compatibile con il nuovo quadro normativo?
RISPOSTA Il comma 797 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 consente l’intervento regolamentare dell’ente locale in materia di rateazione e in particolare consente di prevedere ulteriori condizioni e modalità di rateizzazione nelle quali possono rientrare anche quelle relative alla presentazione di una fideiussione.
Oneri di riscossione coattiva
La legge di Bilancio 2020 prevede che in caso di riscossione coattiva possano essere addebitati al contribuente oneri di riscossione pari al 3% ovvero al 6% (a seconda che si paghi entro o oltre 60 giorni dalla notifica), con un tetto massimo rispettivamente di 300 o 600 euro. Si chiede conferma che questi tetti massimi trovino applicazione immediata, anche qualora fossero state pattuite delle condizioni economiche differenti tra l’ente locale e il soggetto incaricato della riscossione. Si chiede inoltre conferma del fatto che gli oneri in esame possano essere applicati anche in caso di svolgimento diretto dell’attività di riscossione coattiva da parte dell’ente locale.
RISPOSTA Le disposizioni di cui al comma 803 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 sono di carattere generale e cogente e pertanto si applicano con efficacia immediata nei confronti degli enti locali e dei loro concessionari. A questo proposito si deve sottolineare che gli oneri di cui trattasi non devono essere confusi con le condizioni economiche pattuite tra l’ente locale e il soggetto incaricato della riscossione poiché le somme di cui al comma 803 non hanno natura di corrispettivo contrattuale ma rispondono ad esigenze diverse e cioè di prevedere espressamente la possibilità di porre a carico dei contribuenti “costi di elaborazione e di notifica degli atti” nei limiti però previsti dal Legislatore.
Accertamento esecutivo
La legge di Bilancio 2020 (articolo 1, comma 792, della legge 160/2019) stabilisce che le nuove disposizioni in materia di accertamento esecutivo si applichino a decorrere dagli atti emessi dal primo gennaio 2020. Si possono considerare «emessi» prima del 1° gennaio 2020, e dunque non rientranti nella modifica in esame, gli avvisi di accertamento in possesso di un numero di protocollo che consenta di dare loro data certa anteriore al 1° gennaio 2020, anche se non ancora spediti entro il 31 dicembre 2019?
RISPOSTA Dato il chiaro tenore del comma 792 della legge di bilancio 2020, dovendosi fare riferimento agli “atti emessi” questi consistono in quelli che sono firmati e protocollati dai soggetti legittimati e non solo quelli che risultano già notificati. Ciò nella considerazione che la Corte di Cassazione nell’ordinanza 27415 del 25 ottobre 2019 ha espressamente statuito che “[v]a ricordato l’orientamento prevalente e ormai da ritenersi consolidato secondo cui “In tema di accertamento, l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ancorchè notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contraddittorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora “in fieri”, integrando, viceversa la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato” (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 17202 del 12/07/2017, Rv. 644932-01; conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20267 del 31/07/2018, Rv. 650151-01);)”.
Nuova Imu: coniuge affidatario
La legge di Bilancio 2020 ha istituito la nuova Imu, prevedendo tra l’altro l’assimilazione all’abitazione principale della casa familiare “assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso”. Al riguardo, si chiede di sapere: a) se, in assenza di figli, l’assegnazione della casa familiare da parte del giudice modifichi comunque la soggettività passiva, attribuendola all’assegnatario, oppure se trovano applicazione le regole ordinarie; b) se la disciplina in esame trova applicazione anche nel caso in cui venga assegnata una abitazione diversa da quella già adibita a dimora familiare, scelta ad esempio tra quelle in proprietà di uno dei coniugi.
RISPOSTA In merito alla domanda a), si precisa che dal chiaro tenore letterale della disposizione di cui al comma 741 dell’art.1, alla lett.c), delle legge di bilancio 2020, emerge che l’assimilazione all’abitazione principale e quindi il regime di esenzione dall’IMU riguarda esclusivamente il caso di assegnazione della casa familiare “al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice”, circostanza che comporta altresì la costituzione, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, del diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso. Al di fuori di tale previsione normativa, di carattere peraltro agevolativo, non suscettibile quindi di interpretazione estensiva, trovano applicazione le regole ordinarie che disciplinano il tributo. A tale proposito si deve anche evidenziare che in caso di separazione senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti la giurisprudenza prevalente ritiene che nell’ipotesi di casa coniugale di proprietà di un solo coniuge, questa non può essere assegnata all’altro come contributo al mantenimento in quanto coniuge più debole, in sostituzione dell’assegno di mantenimento, non avendo una funzione assistenziale (Corte di Cassazione 22 marzo 2007 n.6979). Passando alla domanda b), occorre evidenziare che il Legislatore nella norma in commento si è riferito espressamente alla “casa familiare”, identificabile, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 3302 del 12 febbraio 2018, esclusivamente “nell’ambiente domestico” in cui sono cresciuti i figli (Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 1545 del 26/01/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 16398 del 24/07/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 1491 del 21/01/2011; id. Sez. 1, Sentenza n. 9079 del 20/04/2011; id. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 19347 del 29/09/2016)” e quindi nel “luogo degli affetti, degli interessi, e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e si svolge la continuità delle relazioni domestiche, centro di aggregazione e di unificazione dei componenti del nucleo, complesso di beni funzionalmente organizzati per assicurare l’esistenza della comunità familiare” (cfr. Corte cass. SS.UU. n. 13603/2004 cit.)”. In ogni caso occorre evidenziare che l’individuazione della “casa familiare” viene effettuata dal giudice con proprio provvedimento il quale non può essere suscettibile di valutazione da parte del comune in un proprio provvedimento.
Nuova Imu: immobili merce e altre agevolazioni
In vigenza della vecchia Imu, l’articolo 2, comma 5-bis, Dl 102/2013, stabiliva che per talune agevolazioni, quale l’esenzione dei fabbricati merce delle imprese costruttrici, la spettanza dell’esenzione era subordinata, a pena di decadenza, all’indicazione in dichiarazione. La disciplina della nuova Imu, prevista dalla legge di Bilancio 2020, stabilisce che per talune agevolazioni, compresa l’esenzione dei fabbricati merce e degli alloggi sociali, “il soggetto passivo attesta nel modello di dichiarazione il possesso dei requisiti prescritti dalle norme”. Al riguardo, si chiede di sapere: a) se per fruire della nuova aliquota ridotta di base dello 0,1 per cento, prevista per i fabbricati merce, sia richiesto un adempimento del contribuente, a pena della perdita del diritto a tale aliquota; b) se ai fini dell’applicazione dell’esenzione futura dei fabbricati merce (a decorrere dal 2022) e attuale degli alloggi sociali l’attestazione in dichiarazione rappresenti una condizione costitutiva dell’agevolazione oppure un mero obbligo informativo, la cui inosservanza è sanzionabile al più con 50 euro.
RISPOSTA La legge di bilancio 2020 contempla, al comma 769 dell’art. 1, l’obbligo dichiarativo in capo ai soggetti passivi IMU, limitandolo, in linea con il previgente regime IMU di cui fa peraltro salve le dichiarazioni già presentate, ai soli casi residuali in cui il comune non è in grado di conoscere altrimenti le informazioni per verificare il corretto assolvimento dell’imposta da parte del contribuente. Al contempo, però, il Legislatore non ripropone nel nuovo impianto normativo dell’IMU quelle norme che subordinavano, a pena di decadenza, il riconoscimento delle agevolazioni, al previo assolvimento dell’obbligo dichiarativo, come nel caso citato dei beni-merce e degli alloggi sociali; per cui si ritiene che tale impostazione sia venuta meno e che, anche per siffatte ipotesi, la mancata presentazione della dichiarazione comporti solo l’applicabilità delle relative sanzioni previste in via generale per la violazione dell’obbligo dichiarativo IMU ma non anche la decadenza dai benefici in questione.
Nuova Imu: esenzione dei pensionati Aire
In vigenza della vecchia Imu, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, Dl 201/11, era equiparata all’abitazione principale la casa dei soggetti Aire, pensionati all’estero, non locata né concessa in comodato. Nella nuova Imu questa equiparazione non è stata espressamente riproposta. Può ritenersi comunque applicabile anche nell’ambito del nuovo tributo comunale?
RISPOSTA L’IMU, a decorrere dal 1° gennaio 2020, è disciplinata esclusivamente dalle disposizioni di cui ai commi 738 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019 con conseguente abrogazione delle norme di cui all’art. 13 del D.L. n. 201 del 2011. Per cui, la previsione contenuta in quest’ultima disposizione concernente i cittadini italiani iscritti all’AIRE già pensionati all’estero considerati nella domanda – peraltro soggetta ad una procedura di infrazione attivata dagli organi unionali – non può ritenersi ancora applicabile poiché non è stata espressamente riproposta dal Legislatore nel momento in cui ha ridisciplinato l’imposta in argomento.
Nuova Imu: abitazione posseduta da anziani Il comma 741, lettera c, punto 6) dà la possibilità ai Comuni di regolamentare l’assimilazione all’abitazione principale dell’unità immobiliare “posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. In caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare”. Il Comune può con il proprio regolamento decidere un’applicazione più restrittiva prevedendo che l’assimilazione operi solo con riferimento all’immobile che era precedentemente utilizzato come abitazione principale dall’anziano o disabile e prevedere, inoltre, che l’abitazione in questione oltre a non essere locata non deve essere concessa in comodato, oppure concessa in comodato solo a parenti, individuando il grado di parentela?
RISPOSTA Il Legislatore al comma 741, dell’art. 1, lett. c) ha previsto una serie di casi in cui gli immobili a determinate condizioni possono essere considerati abitazioni principali, per le quali quindi l’IMU non è dovuta. In particolare, al punto 6) la legge considera altresì abitazione principale “su decisione del singolo comune, l’unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. In caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare”. Come si evince dalla norma, il Legislatore rimette all’autonomia dell’ente esclusivamente la scelta circa l’applicazione o meno di tale disposizione nell’ambito del proprio regolamento, alle condizioni però prescritte nella stessa. Per cui, il comune non può applicare tale disposizione restringendone al contempo l’ambito applicativo attraverso la previsione di requisiti ulteriori. Al riguardo, si ricorda infatti che l’art. 52 del D. Lgs. n. 446 del 1997 sottrae espressamente all’autonomia regolamentare generale degli enti locali, tra l’altro, l’individuazione e la definizione delle fattispecie imponibili.
Nuova Imu: esenzioni fondazioni bancarie
La nuova Imu è disciplinata dai commi da 739 a 783, mentre le altre disposizioni non espressamente richiamate devono intendersi abrogate. Il comma 780, ultimo periodo, dispone che “sono altresì abrogate le disposizioni incompatibili con l’Imu disciplinata dalla presente legge”. Alla luce di tale quadro normativo si chiede se l’esclusione dall’esenzione dall’Imu prevista dall’articolo 9, comma 6-quinquies del Dl 174/2012 per le fondazioni bancarie possa trovare ancora applicazione nella nuova Imu.
RISPOSTA L’art. 9, comma 6-quinquies del D.L. n. 174 del 2012 stabilisce che “In ogni caso, l’esenzione dall’imposta sugli immobili disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, non si applica alle fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153”. Con tale disposizione è stata data comunque veste normativa al principio già di per sé vigente nell’ordinamento secondo il quale il regime agevolativo di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, non può trovare “in ogni caso” applicazione nei confronti delle fondazioni bancarie in quanto queste sono enti che non possiedono tutti i requisiti, di natura sia oggettiva sia soggettiva, prescritti dal Legislatore per poter beneficiare dell’esenzione dall’imposta in questione. Al riguardo, occorre evidenziare che il citato art. 7, comma 1, lett. i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, è stato espressamente richiamato dall’art.1, comma 759, lett. g) della legge di bilancio 2020, che ha confermato l’esenzione dall’imposta per “gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i)”. Per cui, alla luce di tale impostazione normativa, si ritiene che la disposizione di cui all’art. 9, comma 6-quinquies del D.L. n. 174 del 2012, continua a trovare applicazione anche alla luce del nuovo impianto normativo previsto dal Legislatore, confermando in tal modo l’esclusione dall’esenzione IMU per le fondazioni bancarie.
Nuova Imu: alloggi sociali ed immobili ex Iacp Il comma 741, lett. c), punto 3), assimila all’abitazione principale gli alloggi sociali “adibiti ad abitazione principale”. Il comma 749, ultimo periodo, prevede l’applicazione della detrazione per abitazione principale anche “agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari (Iacp) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli Iacp, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616”. Sulla base delle due norme si ritiene che gli alloggi ex Iacp soggiacciono ad una disciplina speciale – che prevede l’applicazione dell’aliquota ordinaria, o di quella eventualmente ridotta deliberata dal Comune, e della detrazione per abitazione principale – che rende inapplicabile il regime previsto per gli alloggi sociali. Diversamente, se si volesse ritenere che gli alloggi degli ex Iacp possano anche considerarsi alloggi sociali, la previsione di cui al comma 749 non troverebbe mai applicazione. Si concorda con tale ricostruzione?
RISPOSTA Con la legge di bilancio 2020 è stato mantenuto inalterato il regime fiscale già previsto in materia di IMU per gli enti in questione, che di seguito si riepiloga:
per gli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica (ERP), comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’art. 93 del DPR 24 luglio 1977, n. 616, (comma 749 dell’art. 1) è prevista l’applicazione della detrazione di 200 euro e dell’aliquota ordinaria, o di quella eventualmente ridotta deliberata dal Comune. Costituisce una novità rispetto al precedente regime IMU la possibilità (comma 754 del medesimo art. 1) di azzerare l’aliquota relativa agli immobili in questione che si ribadisce non erano, e continuano a non essere, assimilati all’abitazione principale, come affermato anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20135 del 25 luglio 2019 – che si pone in linea con quanto affermato da questo Dipartimento nella Circolare n. 3/DF del 2012 – che ha escluso l’applicazione dell’aliquota ridotta (poi trasformata in esenzione) prevista per l’abitazione principale in quanto “legittimato passivo dell’imposta è l’Ente possessore dell’immobile diverso dalla persona fisica locataria”. Si deve altresì aggiungere che la facoltà di azzeramento dell’aliquota, che riguarda gli immobili diversi dall’abitazione principale, è suscettibile di essere esercitata per tutti gli immobili di proprietà di tali istituti e, quindi, non solo per gli alloggi regolarmente assegnati ma anche, ad esempio, per quelli sfitti;
per i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal DM 22 aprile 2008, adibiti ad abitazione principale è prevista dall’art. 1, comma 741, lett. c), n. 3) l’assimilazione ad abitazione principale con conseguente esenzione dall’IMU. Si deve precisare che le assimilazioni di cui alla lett. c) del comma 741 in parola hanno carattere peculiare e prendono in considerazione proprio fattispecie che altrimenti non potrebbero rientrare nell’ipotesi tipica di abitazione principale di cui alla precedente lett. b). In particolare, nel caso degli alloggi sociali assume rilievo determinante per l’assimilazione la corrispondenza dell’alloggio alle caratteristiche individuate dal D. M. 22 aprile 2008 e il fatto che lo stesso sia adibito ad abitazione principale. Pertanto, gli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti in questione rientrano in siffatta ipotesi di assimilazione e quindi di esenzione solo nel caso in cui anche tali alloggi rientrino nella definizione di alloggio sociale di cui al decreto ministeriale appena citato. Del resto detto orientamento era già contenuto nella risposta n. 15 di questo Dipartimento alle FAQ del 3 giugno 2014, pubblicate sul sito www.finanze.it. In tutti gli altri casi, quindi, in cui non si può ricollegare all’ambito dell’alloggio sociale l’immobile posseduto degli ERP si applica la detrazione di 200 euro.
Nuova Imu: differimento termini di versamento
Il comma 777 disciplina una serie di possibilità che il Comune può recepire con il proprio regolamento. Tra queste la lettera b) prevede la possibilità di “stabilire differimenti di termini per i versamenti, per situazioni particolari”. Si chiede se la possibilità di regolamentare le ipotesi di differimento dei termini di versamento possa includere anche la quota statale e non solo quella comunale. Si chiede inoltre se in base a tale previsione il Comune possa differire, in caso di decesso del contribuente, di 6 mesi o di un anno il versamento sia del saldo dovuto dal deceduto sia di quanto dovuto dagli eredi.
RISPOSTA Si ritiene che il Comune possa legittimamente esercitare la propria potestà regolamentare esclusivamente in caso di differimento dei termini di versamento delle entrate di propria spettanza e non anche rispetto a quelle di competenza statale. Pertanto, tale potestà non può essere esercitata in relazione agli immobili classificati nel gruppo catastale D, per i quali il gettito è ripartito tra lo Stato e i comuni. Negli altri casi, in virtù della previsione di cui al citato comma 777, lett. b), il Comune può decidere di differire i versamenti in ragione di particolari situazioni, come ad esempio proprio nel caso di decesso del contribuente.