INDAGINE CONOSCITIVA SULLA RIFORMA DELL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE E ALTRI ASPETTI DEL SISTEMA TRIBUTARIO
Audizione del Direttore Generale delle Finanze Prof.ssa Fabrizia Lapecorella
Roma, 26 marzo 2021
Il raccordo con la finanza locale
contenuto della pagina
8.1. La trasformazione delle addizionali Irpef in sovraimposte
Al fine di contemperare le varie esigenze e di valorizzare il coordinamento dell’Irpef tra i vari livelli di governo potrebbe essere opportuna una rivisitazione dei rapporti di condivisione dell’Irpef tra Stato, Regioni e Comuni, fermo restando il rispetto delle istanze di semplificazione per i contribuenti.
Una soluzione praticabile potrebbe essere quella di trasformare le attuali addizionali comunali e regionali all’Irpef in sovraimposte comunali e regionali all’Irpef, vale a dire a prelievi aggiuntivi commisurati in percentuale all’importo dovuto dal contribuente a titolo di Irpef.
La scelta di introdurre sovraimposte comunali e regionali all’Irpef rispetto a quella di modificare le addizionali in mere compartecipazioni comunali e regionali al gettito dell’Irpef appare più coerente con le istanze del federalismo fiscale, in quanto non si tradurrebbe in una passiva attribuzione di una quota del gettito dell’Irpef, ma potrebbe essere accompagnata da un intervento diretto dell’ente territoriale nella determinazione del tributo.
Il ricorso a sovraimposte comunali e regionali all’Irpef ha, inoltre, il pregio di garantire la neutralità dell’imposizione rispetto alla struttura di progressività dell’imposta erariale che negli anni è stata minata dalle politiche degli enti territoriali, determinando differenziazioni difficilmente giustificabili in termini di equità verticale e orizzontale.
Con le sovraimposte verrebbe, pertanto, attribuita allo Stato l’esclusività della determinazione della progressività dell’Irpef, mentre ai comuni e alle regioni potrebbe essere riconosciuta:
- la facoltà di applicare o meno la sovraimposta;
- la possibilità di fissare un’unica aliquota per tutti i livelli di reddito, da scegliere, eventualmente, all’interno di un range prefissato dalla legge statale.
Si eliminerebbe, inoltre, uno degli effetti contraddittori dell’attuale sistema di tassazione rappresentati dal fatto che, superata la fascia di esenzione da Irpef, le addizionali locali sono applicate su tutto il reddito, compreso quello non soggetto all’imposta statale. Inoltre, verrebbe superata la criticità derivante dal fatto che il moltiplicarsi di diposizioni normative, statali e locali, in materia di agevolazioni, rende difficoltoso per il contribuente conoscere il suo effettivo livello di imposizione, giacché le aliquote nominali divergono in concreto da quelle effettive producendo diverse aliquote marginali, determinando pertanto una scarsa trasparenza dell’imposta dovuta.
L’introduzione della sovrimposta regionale all’Irpef presenterebbe anche il vantaggio di superare le criticità connesse all’attuazione dell’art. 2 del D. Lgs. n. 68 del 2011. Detta norma, infatti, prevede che l’addizionale regionale all’Irpef sia rideterminata in modo tale da garantire al complesso delle regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti al gettito assicurato dall’aliquota di base vigente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, ai trasferimenti statali soppressi. La norma prevede che per le regioni a statuto ordinario siano contestualmente ridotte le aliquote dell’Irpef di competenza statale, mantenendo inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente.
La norma in esame è risultata di difficile attuazione, in quanto comporterebbe la creazione di due scale di aliquote Irpef sul territorio nazionale: una per le Regioni a statuto ordinario e una per le Regioni a statuto speciale. Una modifica in tal senso della disciplina dell’Irpef darebbe luogo a
ingiustificate discriminazioni tra contribuenti, in manifesta violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza che devono inderogabilmente permeare l’attività legislativa ed amministrativa.
Le oggettive difficoltà tecnico-operative connesse ai meccanismi applicativi previsti dalla norma in questione hanno determinato il Legislatore, anno dopo anno, a rinviarne l’attuazione al 2023.
Ovviamente la trasformazione dell’addizionale regionale in sovraimposta regionale all’Irpef porrebbe fine a questo improduttivo procrastinare dell’entrata in vigore del nuovo meccanismo delineato dall’art. 2 del D. Lgs. n. 68 del 2011, che dovrebbe essere conseguentemente abrogato.
Nell’affrontare l’esame di una possibile sostituzione del tributo regionale, un aspetto che non può essere sottovalutato è che per le regioni a statuto ordinario gran parte del gettito dell’addizionale regionale all’Irpef (al pari di quello dell’Irap) confluisce in un conto di tesoreria regionale intestato alla sanità.
In dette regioni, infatti, il gettito derivante dall’applicazione dell’aliquota base del tributo concorre al finanziamento del Servizio sanitario nazionale-SSN dal quale sono esclusi solo gli importi derivanti dalle manovre fiscali regionali incrementative dell’aliquota base e dal gettito derivante da accertamento, che costituiscono fonti di finanziamento ulteriori che le regioni destinano a finalità diverse.
Particolarmente significativa, è, quindi, la correlazione del gettito dell’addizionale regionale all’Irpef con il finanziamento del sistema sanitario. Non è raro anche il caso in cui le scelte delle regioni nella fissazione delle aliquote sono di fatto “obbligate” dall’operatività dei cosiddetti “automatismi fiscali”, che – introdotti per la copertura del disavanzo di gestione nel settore sanitario
- comportano l’automatica applicazione nella misura massima prevista dalle norme vigenti dell’addizionale regionale all’Irpef (e delle maggiorazioni dell’aliquota dell’Irap) o anche l’applicazione dell’incremento di 0,30 punti percentuali delle aliquote dell’addizionale all’Irpef (e di 0,15 punti percentuali delle aliquote Irap) per il mancato raggiungimento degli obiettivi dei Piani di rientro dai deficit sanitari.
Pertanto, nel momento di rimodulare il prelievo si pone il problema di garantire comunque la copertura delle spese sanitarie a livello regionale, sempre che non si intenda attribuire allo Stato l’intero finanziamento del fabbisogno sanitario regionale. Si ricorda che attualmente a copertura del
finanziamento della sanità che non viene coperto con il gettito dell’addizionale regionale all’Irpef e dell’Irap viene attribuita alle regioni una compartecipazione all’IVA la cui misura, stabilita annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, nel corso degli anni è aumentata passando dal 38,55 per cento per l’anno 2001 al 67,07 per cento per l’anno 2018 (stabilito dal DPCM 3 settembre 2019) e al 64,27 per cento per l’anno 2019, come previsto dal DPCM in via di definizione.
La semplificazione degli adempimenti per i contribuenti, i sostituti di imposta e gli intermediari
La soppressione delle addizionali comunali e regionali all’Irpef e la contestuale creazione di sovraimposte determinerebbe senza dubbio una significativa semplificazione per i contribuenti, i sostituti di imposta e gli intermediari, che non dovrebbero più scontrarsi con le complicazioni nella determinazione del tributo che scaturiscono dalle numerose fattispecie applicative create dagli enti territoriali.
Inoltre potrebbero essere adeguatamente adattate alle sovraimposte le particolari applicazioni realizzate dal Dipartimento delle finanze dirette a semplificare gli adempimenti tributari dei contribuenti e le funzioni dei centri di assistenza fiscale e degli altri intermediari.
Sul sito www.finanze.it, infatti, si trovano applicativi dedicati alle due addizionali che permettono l’agevole consultazione delle aliquote adottate dagli enti territoriali.
Per l’addizionale comunale all’Irpef, peraltro, la pubblicazione sul sito www.finanze.it, ha natura costitutiva, in quanto l’efficacia della deliberazione comunale decorre dalla data di pubblicazione nel suddetto sito.
Le regioni, invece, dal 2015 inseriscono i dati rilevanti per la determinazione del tributo, nell’applicativo “Gestione dell’addizionale regionale all’Irpef”.
Le applicazioni in questione sono state accolte favorevolmente non solo dai contribuenti e dagli intermediari, ma anche dagli stessi enti impositori, poiché la creazione di un sistema telematico, oltre a facilitare la diffusione e la consultazione delle informazioni in materia tributaria, permette agli enti territoriali di svolgere in maniera più efficace il monitoraggio dell’imposizione tributaria ed è perfettamente conforme sia con le esigenze di semplificazione sia con i fini dell’economicità dell’azione amministrativa.
Al fine di ponderare l’entità della riforma in termini quantitativi può essere utile ricordare gli ambiti di manovrabilità delle addizionali delineati dalle norme vigenti.
I comuni possono manovrare l’addizionale all’Irpef in base alle loro esigenze di bilancio e alla capacità contributiva del proprio territorio.
Ci sono oltretutto vincoli giuridici alla manovrabilità delle aliquote dell’addizionale comunale: il limite massimo dell’addizionale è pari allo 0,8% e l’aliquota può essere incrementata fino a questo livello nello spazio residuo di manovra, che è determinato dalle aliquote applicate a legislazione vigente.
Dai dati relativi all’anno d’imposta 2020, risulta che i comuni che hanno istituito l’addizionale sono pari a 6765 mentre quelli che invece hanno scelto di non applicarla sono solo 1139.
Attualmente 2650 comuni (tra cui 64 capoluoghi di provincia e città metropolitane) hanno già portato al massimo l’aliquota, mentre 1392 comuni applicano l’aliquota unica tra lo 0,6% e lo 0,79% e 358 comuni, tra quelli che applicano aliquote differenziate per scaglioni, pari a 1151, hanno fissato l’aliquota per il primo scaglione in misura pari o superiore allo 0,6%.
Quindi, ben più del 50% dei comuni italiani sono già prossimi al livello massimo dell’aliquota.
Le Regioni hanno margini di autonomia più consistenti. Infatti, nel modulare il tributo a seconda delle esigenze del proprio territorio, le regioni possono aumentare o diminuire l’aliquota base dell’addizionale regionale all’Irpef – pari a 1,23% – applicando una maggiorazione che può arrivare fino a 2,1 punti percentuali (per cui l’aliquota massima raggiunge il 3,33%).
Per le regioni a statuto speciale, invece, il limite massimo della maggiorazione è di 0,50 punti percentuali (per cui l’aliquota massima raggiunge l’1,73%). Tale maggiorazione può arrivare fino ad un massimo di 1 punto percentuale esclusivamente al fine di consentire la predisposizione delle misure di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal rimborso delle anticipazioni di liquidità previste dall’art. 3-ter del D.L. n. 35 del 2013
Il modello di separazione delle fonti comporta l’attribuzione integrale delle imposte di natura patrimoniale a livello locale.
Una delle ipotesi potrebbe essere quella dell’attribuzione ai comuni dell’attuale gettito derivante dall’Imu sui fabbricati appartenenti al gruppo catastale D. Per converso, allo Stato sarebbe riservata l’integrale tassazione sul reddito, mediante la riforma dell’Irpef, con conseguente eliminazione dell’addizionale comunale all’Irpef.
Dal punto di vista dei comuni tale eliminazione sarebbe compensata attraverso l’attribuzione agli stessi del gettito dell’Imu ad aliquota di base (7,6 per mille).
Le criticità che possono essere rilevate sono le seguenti:
- Sperequazione tra comuni
Le basi imponibili dell’Imu sugli immobili produttivi sono fortemente sperequate a livello territoriale e l’ipotesi dello “scambio” tra Imu D e addizionale comunale produce significativi effetti in termini di variazione delle risorse per i Comuni rispetto alla situazione attuale. L’attribuzione allo Stato del gettito degli immobili in questione rispondeva alla logica, seguita nel 2013, di evitare una sperequazione tra i comuni in termini di risorse derivanti dal gettito dell’Imu in ragione della non uniforme distribuzione sul territorio nazionale di tali immobili.
Questo aspetto è molto rilevante a livello di singolo Comune se, nello specifico, si considera che – in assenza di adeguati meccanismi di compensazione delle risorse – alcuni Comuni potrebbero acquisire maggiori basi imponibili/gettito (ad esempio i Comuni con immobili produttivi localizzati sul proprio territorio), mentre altri potrebbero subire una significativa riduzione di risorse (ad esempio i Comuni che “perdono” il gettito dell’addizionale comunale Irpef e non “guadagnano” basi imponibili/gettito da immobili produttivi).
Attualmente il gettito su base annua dell’addizionale comunale all’Irpef è di circa 4,7 miliardi di euro, mentre quello dell’Imu quota Stato gravante sui fabbricati produttivi di gruppo D è di “soli” 3,7 miliardi di euro su base nazionale.
Peraltro tale differenziale riflette l’attuale sforzo fiscale esercitato dai comuni considerato che non tutti gli enti hanno deliberato l’aliquota massima (0,8%); il gettito potenziale massimo a titolo di addizionale che sarebbe sottratto ai comuni sarebbe, quindi, di importo superiore, stimato in circa 6,2 miliardi di euro.
Si porrebbe, inoltre, il problema di un ristoro integrale della perdita di gettito subita dai comuni con l’attribuzione di un ulteriore miliardo sotto forma di trasferimenti. In tal modo, infatti, il comparto dei comuni nel complesso non registrerebbe alcun effetto finanziario negativo.
Un’altra questione riguarda, poi, la perequazione tra i comuni per compensare la differenza di
gettito correlata alla non uniforme distribuzione delle basi imponibili dei due tributi che potrebbe essere attuata nell’ambito del Fondo di Solidarietà Comunale.
Occorre, però, sottolineare che nel Fondo partecipano solo i comuni delle Regioni a statuto ordinario e quelli della Sicilia e della Sardegna. Si dovrebbero, dunque, prevedere forme di perequazione per le altre Autonomie speciali.
Si deve, inoltre, tenere conto del fatto che Trento e Bolzano hanno istituito rispettivamente l’IMIS e l’IMI in sostituzione dell’Imu e che altrettanto potrebbe fare la Regione Friuli Venezia Giulia nell’ambito delle proprie prerogative costituzionali. Per queste Autonomie il gettito del tributo relativo ai fabbricati del gruppo D già affluisce ai comuni delle medesime Autonomie per cui si dovrebbero prevedere altre forme di compensazioni nel caso di soppressione dell’addizionale.
In merito alla differente distribuzione del gettito si riportano in allegato i risultati del confronto territoriale del gettito dell’addizionale comunale riscosso nel 2019 (e relativo in gran parte all’anno d’imposta 2018) con il gettito Imu D quota Stato per l’anno 2018.
Aggregando i dati su base regionale si evince che solo nelle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta lo scambio risulterebbe favorevole ai comuni in ragione della limitata pressione fiscale esercitata sull’addizionale comunale (Tabella 21).
Più interessante è l’analisi effettuata in base alla classe dimensionale dell’ente (Tabella 22). Considerando la differenza pro-capite tra i gettiti dei due tributi risultano ampiamente favoriti i comuni sotto i 10mila abitanti e sfavoriti gli altri, con la maggiore differenza negativa per i comuni con oltre 500mila abitanti (-50 euro procapite).
Tale risultato riflette ovviamente l’incidenza diversa dei due tributi: maggiore quella dell’Imu nei piccoli comuni, al contrario più rilevante quella dell’addizionale comunale nei comuni di medie e grandi dimensioni.
- Aumento delle aliquote dell’IMU
Laddove la differenza tra il gettito dei due tributi non fosse compensata direttamente dallo Stato, la proposta di riforma dovrebbe prevedere un incremento dell’aliquota massima (10,6 per mille) dell’Imu sugli altri immobili diversi dall’abitazione principale per consentire ai Comuni i margini di manovrabilità sulle aliquote necessari per recuperare l’eventuale perdita di risorse dovuta allo scambio e alla compensazione basata sul gettito standard dell’addizionale comunale Irpef (ovvero per recuperare la leva tributaria sull’addizionale comunale Irpef, che viene meno).
- Sperequazioni dal lato dei contribuenti
L’effetto dello “scambio” tra Imu D e addizionale comunale è quello di trasferire il carico fiscale comunale dalla base imponibile Irpef alla base imponibile immobiliare. Dal lato della tassazione sul reddito l’eventuale sostituzione dell’addizionale comunale all’Irpef con una variazione delle aliquote Irpef ovvero con l’introduzione di una sovraimposta erariale con una tassazione uniforme sul territorio nazionale favorisce i contribuenti residenti nei comuni con elevato sforzo fiscale sull’addizionale comunale Irpef; mentre viceversa sarebbero sfavoriti quelli residenti nei comuni con basso sforzo fiscale sull’addizionale comunale Irpef.
- Differente tempistica tra l’acquisizione del gettito dell’addizionale e dell’Imu
Un’ultima criticità è individuata nello sfasamento temporale tra la tempistica dei versamenti Imu (fissati in due rate, con possibilità di versamento unico anticipato a giugno) e dei versamenti dell’addizionale previsti in acconto e a saldo. In particolare, si rileva che il gettito Imu è versato nell’anno di riferimento mentre per l’addizionale comunale in ciascun anno si versa il saldo dell’anno precedente e l’acconto per l’anno in corso pari al 30% dell’importo dovuto per l’anno precedente.
Tale discrasia delle modalità di versamento comporterebbe effetti finanziari ulteriori da compensare nei primi due anni di attuazione dello “scambio” tra Imu D e addizionale comunale.
Tabella 21: Distribuzione per Regione gettito Imu D quota Stato e addizionale comunale (valori in euro)
Regione | IMU-D STATO (a) | IMU-D STATO pro cap. | Add. Comunale Irpef (b) | Add. Comunale pro cap. | Differenza (c=a-b) | Differenza pro cap. | Comuni diff. positiva | Comuni diff. negativa |
Abruzzo | 72.245.652 | 55 | 87.784.523 | 67 | -15.538.871 | -12 | 119 | 186 |
Basilicata | 19.001.028 | 34 | 31.431.281 | 56 | -12.430.253 | -22 | 36 | 95 |
Calabria | 37.972.004 | 20 | 90.101.529 | 46 | -52.129.525 | -27 | 83 | 321 |
Campania | 173.263.246 | 30 | 286.373.728 | 49 | -113.110.482 | -19 | 146 | 404 |
Emilia-Romagna | 426.149.646 | 96 | 429.803.088 | 96 | -3.653.442 | -1 | 136 | 192 |
Friuli-Venezia Giulia | 92.602.393 | 76 | 76.552.631 | 63 | 16.049.761 | 13 | 133 | 82 |
Lazio | 368.732.284 | 63 | 584.727.967 | 99 | -215.995.683 | -37 | 54 | 324 |
Liguria | 92.283.983 | 60 | 147.959.616 | 95 | -55.675.633 | -36 | 72 | 162 |
Lombardia | 971.354.466 | 97 | 993.170.011 | 99 | -21.815.545 | -2 | 772 | 734 |
Marche | 80.012.630 | 53 | 138.108.724 | 91 | -58.096.095 | -38 | 31 | 196 |
Molise | 13.166.709 | 43 | 15.932.717 | 52 | -2.766.007 | -9 | 51 | 85 |
Piemonte | 335.000.388 | 77 | 407.367.271 | 94 | -72.366.883 | -17 | 467 | 714 |
Puglia | 136.953.450 | 34 | 217.273.157 | 54 | -80.319.706 | -20 | 54 | 203 |
Sardegna | 67.688.532 | 41 | 71.439.411 | 44 | -3.750.879 | -2 | 248 | 129 |
Sicilia | 111.017.619 | 22 | 242.100.461 | 48 | -131.082.842 | -26 | 75 | 315 |
Toscana | 226.527.508 | 61 | 288.301.925 | 77 | -61.774.416 | -17 | 72 | 201 |
Trentino-Alto Adige | 0 | 0 | 4.030.516 | 4 | -4.030.516 | -4 | 0 | 282 |
Umbria | 52.784.078 | 60 | 71.723.884 | 81 | -18.939.807 | -21 | 19 | 73 |
Valle d’Aosta | 13.189.508 | 105 | 2.402.811 | 19 | 10.786.697 | 86 | 72 | 2 |
Veneto | 401.118.386 | 82 | 468.341.386 | 95 | -67.222.999 | -14 | 230 | 333 |
Totale | 3.691.063.509 | 61 | 4.654.926.637 | 77 | -963.863.128 | -16 | 2.870 | 5.033 |
Fonte: Dati di gettito F24, Dipartimento delle finanze.
Tabella 22: Distribuzione per classe dim. comuni gettito Imu D quota Stato e addizionale comunale (valori in euro)
Fascia di popolazione | IMU-D STATO (a) | IMU-D STATO pro cap. | Add. Comunale Irpef (b) | Add. Comunale pro cap. | Differenza (c=a-b) | Differenza pro cap. | Comuni diff. positiva | Comuni diff. negativa |
meno di 500 | 15.508.655 | 62 | 9.640.681 | 39 | 5.867.974 | 24 | 369 | 481 |
da 500 a 999 | 43.454.891 | 54 | 34.750.819 | 43 | 8.704.072 | 11 | 435 | 655 |
da 1.000 a 1.999 | 123.195.575 | 56 | 108.422.455 | 49 | 14.773.120 | 7 | 564 | 953 |
da 2.000 a 2.999 | 133.795.493 | 58 | 120.542.258 | 52 | 13.253.235 | 6 | 363 | 579 |
da 3.000 a 4.999 | 258.318.649 | 61 | 252.843.612 | 60 | 5.475.037 | 1 | 390 | 698 |
da 5.000 a 9.999 | 566.880.861 | 68 | 580.197.510 | 69 | -13.316.649 | -2 | 407 | 779 |
da 10.000 a 19.999 | 622.671.628 | 64 | 710.426.454 | 73 | -87.754.826 | -9 | 220 | 486 |
da 20.000 a 59.999 | 747.189.607 | 55 | 990.248.771 | 73 | -243.059.164 | -18 | 105 | 313 |
da 60.000 a 99.999 | 240.201.724 | 51 | 349.139.672 | 75 | -108.937.947 | -23 | 11 | 50 |
da 100.000 a 249.999 | 295.980.205 | 60 | 433.634.369 | 88 | -137.654.165 | -28 | 5 | 28 |
da 250.000 a 499.999 | 120.326.356 | 63 | 175.260.886 | 91 | -54.934.530 | -29 | 1 | 5 |
oltre 500.000 | 523.539.865 | 72 | 889.819.151 | 122 | -366.279.285 | -50 | 0 | 6 |
Totale | 3.691.063.509 | 61 | 4.654.926.637 | 77 | -963.863.128 | -16 | 2.870 | 5.033 |
Fonte: Dati di gettito F24, Dipartimento delle finanze.