Sentenza del 16/2/2023 n. 137 – CGT2G Toscana – Sezione 6
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Azienda U. propone appello avverso la sentenza n. 407/21 pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, Sezione I, il 28 giugno 2021.
1.1. Espone che aveva impugnato l’avviso di accertamento per mancato versamento IMU in relazione ad un immobile sito in Via S. nel Comune di Calenzano relativo all’anno 2017, eccependo – tra l’altro – di non essere tenuta al versamento dell’imposta in virtù della circostanza che il fabbricato in questione è stato sottoposto a sequestro ex art. 321 comma 3 bis c.p.p. dal 23 febbraio 2016 fino al 20 settembre 2017 – in quanto abusivamente occupato – e solo grazie al suo dissequestro e restituzione da parte del Tribunale di Prato la ricorrente ne ritornava nel legittimo possesso.
Ha eccepito anche il difetto di sottoscrizione dell’atto impugnato, per inosservanza dei requisiti minimi che devono possedere gli atti di accertamento dei tributi locali di cui all’art. 1 comma 162 della legge 27 dicembre 2006 n. 296.
Inoltre, ha censurato la motivazione del provvedimento che avrebbe utilizzato formule generiche e standardizzate, nonché la violazione del principio del contraddittorio.
1.2. Resisteva il Comune di Calenzano chiedendo la reiezione del ricorso con vittoria di spese, sostenendo, innanzitutto, la legittimità della sottoscrizione ai sensi dell’art. l comma 87 della legge 549/1995, la quale non prevede che all’atto impositivo debba essere allegato il provvedimento che autorizza la sostituzione della firma autografa con l’indicazione a stampa, ma richiede solo il richiamo della fonte dei dati che abilita tale modalità procedimentale.
1.3. La CTP respingeva il ricorso, rilevando che l’occupazione abusiva non fa venir meno l’obbligo sussistente in capo al possessore, non essendovi stata alcuna interversio possessionis.
Né il sequestro penale comporta il venir meno dell’obbligo contributivo.
Sotto il profilo procedurale, la sottoscrizione appare rispettosa della disciplina di cui all’art. l comma 87 della legge 549/1995, che prevede solo il richiamo della fonte dei dati che abilita all’utilizzo della modalità di sottoscrizione a stampa; dall’altro, l’atto impugnato riporta espressamente tutte le ragioni fattuali e giuridiche della pretesa impositiva.
E con riferimento alla asserita violazione del contraddittorio, avuto riguardo al fatto che l’IMU è un tributo “non armonizzato”, è appena il caso di richiamare la sentenza n. 24823 delle Sezioni Unite, secondo cui “… differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare un contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificatamente sancito … “.
1.4. Con l’appello, l’A. ha eccepito:
1.4.1. nullità della sentenza per difetto di motivazione.
1.4.2. violazione dell’art. 1, comma 162, Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, il quale prescrive che gli avvisi siano sottoscritti dal funzionario designato dall’ente locale per la gestione del tributo, letto in combinato disposto con l’art. 1, comma 87 della Legge n. 549 del 1995 che disciplina l’ipotesi in cui, come nel caso di specie, l’ente provveda alla sottoscrizione con l’indicazione a stampa del nominativo del funzionario responsabile.
1.4.3. la sentenza di primo grado ha errato nel ritenere che l’Azienda sia soggetto passivo IMU pur in assenza della disponibilità del fabbricato in via S. Chiedeva, infine, di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, d.lgs. n. 23/2011, letto in combinato disposto con l’art. 13, d.lgs. n. 23/2011, sotto il profilo della violazione del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost, e di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.
1.5. Resisteva il Comune di Calenzano, affermando la correttezza della sentenza impugnata.
1.6. All’esito dell’udienza, la causa passava in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti.MOTIVI DELLA DECISIONE
2. L’appello è infondato.
2.1. Il difetto di motivazione non sussiste.
In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI) l’obbligo di motivazione dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, a contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando poi affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva” (Cass. n. 26431 del 2017; Cass. n. 21571 del 2004). Ove, pertanto, l’accertamento specifichi detti estremi del rapporto sostanziale, lo stesso deve ritenersi correttamente effettuato. Ciò, pertanto, in coerenza con il carattere di “provocatio ad opponendum” riconosciuto all’avviso di accertamento e, quindi, con l’esigenza che esso consenta al contribuente di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, onde poterla efficacemente contrastare (Cass. n. 1209 del 2000, Cass. n. 21571 del 2004; Cass. n. 14385 del 2010).
Nella specie, la sentenza impugnata fa riferimento chiaro a tale principio e dunque l’eccezione di nullità è infondata.
2.2. La norma che permette la cosiddetta firma a stampa degli atti impositivi degli Enti Locali (art. 1, comma 87, della Legge n. 549/1995) non prevede affatto l’allegazione, agli atti medesimi, del provvedimento dirigenziale che autorizza la particolare sottoscrizione, essendo sufficiente la sola indicazione della fonte dei poteri.
Nella specie, peraltro, l’atto impositivo non è corredato della mera “firma a stampa”, ma è atto formato digitalmente e sottoscritto con firma digitale e dunque perfettamente valido ed efficace quale documento informatico.
Basti pensare, sul punto, che la Suprema Corte (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32692 del 09/11/2021) ha riconosciuto la validità dell’atto impositivo tributario firmato digitalmente anche prima che il D.lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. d) ed e), entrato in vigore dal 27 gennaio 2018, espungesse le parole “di controllo fiscale” dall’art. 6, ritenendo che «L’avviso di accertamento firmato digitalmente nel regime di cui all’art. 2, comma 6, d.lgs. n. 82 del 2005 (“ratione temporis” vigente dal 14 settembre 2016 fino al 26 gennaio 2018), non è nullo per difetto di sottoscrizione, posto che l’esclusione dell’utilizzo di strumenti informatici prevista per l’esercizio delle attività e funzioni ispettive fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 217 del 2017 riguarda la sola attività di controllo fiscale e non può estendersi agli avvisi di accertamento ed in genere agli atti impositivi».
2.3. Nel merito l’appello è infondato.
Con l’ordinanza n. 2966 del 01-02-2022, la Cassazione civile Sez. VI – 5, ha, infatti, ribadito (v. Cass. nr 7800/2019) che il proprietario del bene detenuto da terzi in quanto oggetto di abusiva occupazione, è tenuto al versamento IMU in quanto l’occupazione abusiva di un immobile non costituisce una giusta causa di esenzione dal pagamento dell’imposta atteso che la norma di riferimento ricollega l’imposta alla titolarità del diritto e non all’utilizzo del bene o alla sua fruttuosità.
La questione di costituzionalità è manifestamente infondata, vista la natura del tributo e gli orientamenti sopra richiamati della Suprema Corte.
Né può avere effetto retroattivo la norma – introdotta dalla legge finanziaria per il 2023 (art. 1 c. 81 l. 197/2022) ‒ dell’art. 1 c. 759 lett. g-bis che prevede che siano esenti dall’imposta “gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale. [ ]”. Trattasi, infatti, di norma contrastante con la giurisprudenza di legittimità sopra citata e il legislatore ha chiaramente inteso come innovativa, visto che al comma 82 ha previsto l’istituzione – a partire dal 2023 – di un fondo a favore dei Comuni atto a compensare le minori entrate dovute dall’applicazione della nuova esenzione.
3. Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo, tenuto conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate (art. 1 d.m. 13 marzo 2014 n. 55, pubblicato sulla G.U. n. 77 del 2.4.2014, applicabile ex art. 28 alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore).P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado di Toscana – VI sezione, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
1) respinge l’appello;
2) condanna parte appellante al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi ? 2.500, oltre 15% spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.