Ti stai chiedendo cosa succede se non hai pagato l’IMU dopo 5 anni?
Hai ricevuto da poco un avviso di accertamento IMU 2017 e ti chiedi se sia da pagare?
IMU 2017 prescrizione
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Accertamento imu 2017 notificato nel 2023
Ebbene la domanda ha risposte tutt’altro che scontate anche se possiamo anticipare che l’imu dopo 5 ani non deve essere più pagata se il comune nn ha inviato l’avviso di accertamento per contestare l’omesso versamento, mentre il termine diventa di sei anni se invece ad essere oggetto di contestazione è la mancata presentazione della dichiarazione.
La disciplina normativa su cosa succede se non hai pagato l’IMU dopo 5 anni
Vediamo in primo luogo cosa dice la legge che disciplina questo aspetto, l’articolo 1, comma 161, della legge 296/2006,
“Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché’ all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni”.
La legge quindi prevede che i Comuni possano procedere alla notifica degli avvisi di accertamento dei tributi locali entro un termine ben preciso, il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento avrebbero dovuto essere effettuati.
La decadenza se non hai pagato l’IMU dopo 5 anni
La legge nel fissare il termine di anni per contestare il mancato pagamento dell’IMU specifica che si tratta di un termine decadenziale. Questa specificazione lo distingue dal termine di prescrizione. Per gli addetti ai lavori la differenza a volte scontata, anche se nella pratica quotidiana non sempre i concetti risultano chiaramente distinti, tanto che anche in molte pronunce si fa confusione su questo aspetto.
La decadenza impone un periodo al Comune entro cui lo stesso può contestare l’inadempimento del contribuente attraverso l’emissione di un avviso di accertamento. Si tratta di un termine fissato per stimolare il buon andamento della pubblica amministrazione e tutelare il contribuente dal vedersi recapitare la contestazione di non aver pagato l’imu in un periodo temporale troppo lontano da quello in cui, per legge, avrebbe dovuto provvedere. E così il comune che contesti ad esempio dopo 7 anni l’inadempimento del pagamento imu non potrà legittimamente sostenere la propria pretesa perché non ha agito nel lasso temporale che la legge gli ha affidato, ed è quindi decaduto dall’esercizio del proprio potere impositivo.
Su questo aspetto, in particolare la sentenza della Corte di cassazione n. 21810 dell’ 11 luglio 2022 ha chiaramente ribadito la differenza tra termine di decadenza e termine di prescrizione, mettendo in risalto il carattere decadenziale del termine previsto per la notifica degli avvisi di accertamento dal richiamato articolo 1, comma 161, della legge 296/2006.
La prescrizione, invece, rappresenta il termine entro cui si estingue un diritto di credito che si è già concretizzato e quindi entra in gioco una volta che il Comune ha correttamente svolto nei termini di 5 anni l’attività di accertamento.
Questa distinzione è molto importante, perché fornisce la risposta alla domanda che ci siamo posti ovvero che, in caso di mancato pagamento, ad esempio, dell’Imu, la notifica dell’avviso di accertamento non deve avvenire entro 5 anni dall’omissione, ma bensì entro il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato. Circostanza che non sempre appare ben compresa da alcuni difensori in diversi ricorsi e anche da alcuni giudici in diverse sentenze.
La disciplina emergenziale e lo spostamento dei termini di prescrizione e decadenza per IMU e tributi locali
Cosa è cambiato per l’emanazione degli accertamenti con il COVID?
Il dl n. 18 del 2020, ha disposto la sospensione dei termini di notifica degli atti di accertamento (art. 67). Questa norma non è tata dettata specificatamente per i tributi comunali, ma riguarda anche gli atti dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate-Riscossione. L’art. 67 del d.l. n. 18 del 2020, dispone la sospensione “dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori”. Si tratta di una sospensione posta nell’esclusivo interesse degli enti impositori, in ragione dell’emergenza epidemiologica, che pertanto non blocca, tra l’altro, le attività propedeutiche alla formazione dei medesimi atti.
Cosa ha chiarito il Ministero sulla prescrizione e decadenza in materia di tributi anche locali?
Il Dipartimento delle finanze, con risoluzione n. 6/DF del 15 giugno 2020, ha precisato che la “norma non sospende l’attività degli enti impositori ma prevede esclusivamente la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza delle predette attività nel periodo individuato”. La questione è stata affrontata anche dall’Agenzia delle entrate, con circolare n. 11/E del 6 maggio 2020, la quale osserva «che l’articolo 67, comma 1, del Decreto prevede la sospensione dei termini delle attività (quindi non la sospensione delle attività) degli enti impositori dall’8 marzo al 31 maggio 2020. Tale sospensione, pertanto, già determina, in virtù di un principio generale, ribadito più volte nei documenti di prassi, lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione (nel caso di specie 84 giorni), anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020».
La lettura data dall’Agenzia delle entrate è stata fatta propria anche dal Dipartimento delle finanze, che nella su citata risoluzione n. 6/DF del 15 giugno 2020 precisa che “l’effetto della disposizione in commento, pertanto, è quello di spostare in avanti il decorso dei suddetti termini per la stessa durata della sospensione”. Pertanto, sulla base di quanto disposto dall’art. 67, del dl n. 18 del 2020, tutti i termini di decadenza pendenti alla data dell’8 marzo 2020, e quindi non solo di quelli che erano in scadenza nel 2020, sono prorogati di 85 giorni, pari al periodo di sospensione 8 marzo-31 maggio 2020. Ciò implica, che ai termini di notifica previsti dall’art. 1, comma 161, legge n. 296 del 2006 devono essere aggiunti 85 giorni.
Quali sono allora i termini dell’accertamento IMU nel 2023?
Considerando che all’8 marzo 2020 erano pendenti i termini relativi agli atti di accertamento esecutivi per omesso versamento per gli anni 2015- 2019 e gli atti di accertamento esecutivi per infedele o omessa denuncia per gli anni 2014-2018, i nuovi termini risulteranno secondo quanto riportato nella nota IFEL
I termini di accertamento per Omesso, parziale versamento
Anno d’imposta | Termine notifica |
2015 | 26/03/2021 |
2016 | 26/03/2022 |
2017 | 26/03/2023 |
2018 | 26/03/2024 |
2019 | 26/03/2025 |
I termini di accertamento per Infedele-Omessa Denuncia
Anno d’imposta | Termine notifica |
2014 | 26/03/2021 |
2015 | 26/03/2022 |
2016 | 26/03/2023 |
2017 | 26/03/2024 |
2018 | 26/03/2025 |
Come può o deve essere notificato l’avviso di accertamento per IMU e per i tributi locali?
La notifica dell’avviso di accertamento può essere effettuata in diversi modi, ovvero mediante:
- raccomandata semplice. Tale modalità prevede che l’avviso di accertamento venga recapitato tramite posta ordinaria con raccomandata semplice provvista di avviso di ricevimento. La notificasi perfeziona con l’apposizione della firma del destinatario sull’avviso di ricevimento. In caso di assenza del destinatario, l’agente postale depositerà l’avviso presso l’ufficio postale e lascerà presso l’abitazione del destinatario l’avviso di giacenza. Il plico rimarrà nell’ufficio postale per 30 giorni, trascorsi i quali, in casi di mancato ritiro verrà spedito al mittente e la notifica verrà comunque perfezionata (l’onere del ritiro è in capo al destinatario, il quale ha comunque ricevuto notifica di giacenza);
- messo comunale o messi notificatori. Questi soggetti sono utilizzati soprattutto per la consegna di avvisi di cui la notificanon è andata a buon fine in quanto il soggetto era irreperibile (esempio: indirizzo errato);
- atto giudiziario;
- posta elettronica pertificata PEC. L’Ente deve rifarsi alla normativa stabilita dal CAD (codice dell’amministrazione digitale), il quale chiarisce che esso non deve redigere alcuna relata di notificain quanto è sufficiente notificare via PEC l’atto digitalmente firmato. È ovviamente escluso l’addebito di qualsiasi importo relativo ai costi di notifica. In questo caso la pec deve essere registrata presso l’indice PA. Sul punto si richiama la sentenza n. 17346/2019 con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante dai pubblici registri.
Il principio della postalizzazione o di scissione degli effetti della notifica
Il principio della scissione degli effetti della notifica è stato introdotto nel nostro ordinamento al fine di tutelare il notificante dalle negative conseguenze dovute a possibili ritardi imputabili all’organo notificante.In altre parole, tale principio ha lo scopo di separare gli effetti della notifica per il soggetto che la effettua, in modo particolare quando ci si serve dell’ufficiale giudiziario e/o del servizio postale, e il soggetto che, invece, riceve l’atto notificato.
Come ha sostenuto la Cassazione la notificazione dell’avviso di accertamento non è un elemento per la giuridica esistenza dell’atto, ma ne rappresenta una mera condizione di efficacia. In questa prospettiva la recettività dell’atto di imposizione, si pone su un piano diverso (di capacità del provvedimento autoritativo di incidere sul complesso dei diritti del suo destinatario e di attivarne il necessario contraddittorio processuale) rispetto a quello della norma codicistica (Cassazione n.24822/15).
La notificazione dell’atto rappresenta dunque un momento susseguente e autonomo, rispetto a quello della sua giuridica formazione, tant’è che eventuali vizi del procedimento notificatorio non incidono sull’esistenza e sulla validità dell’atto stesso.
La Corte ritiene quindi che in continuità con il proprio indirizzo (Cass.Sez. U. n.24822 del 2015), come un atto di impugnazione processuale deve ritenersi tempestivamente notificato, per il notificante, se la richiesta di notifica sia avvenuta nel termine di legge, anche l’atto tributario deve ritenersi rispettoso del termine di decadenza previsto per legge se entro tale termine sia stato emesso e sia stato oggetto di richiesta di notificazione.
Ai messi notificatori si applica il principio di scissione della notifica o della postalizzazione?
In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione.
La Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza 40543/21 ha pronunciato un importantissimo principio di diritto secondo cui “In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi di imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art.60 del d.P.R . 29 settembre 1973 n.600, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente“.