Sentenza del 22/5/2023 n. 241 – CGT2G Piemonte – Sezione 3
Dalla lettura della disposizione normativa sopra indicata emerge che condizione necessaria per l’ottenimento del beneficio fiscale in oggetto, è l’obbligo dichiarativo – ‘prius’ logico necessario, a prescindere dall’ulteriore profilo di merito, a cui l’accertamento del Comune sembra riferirsi, dell’effettività del diritto all’esenzione, in ragione di una classificazione di quegli immobili nello stato patrimoniale della società come prodotti non finiti (e quindi non merce già destinata alla vendita). Si tratta di un preciso e specifico onere formale, espressamente previsto a pena di decadenza, che non può essere sostituito da altre forme di denunce o superato dalla circostanza che il Comune fosse a conoscenza aliunde dei fatti che comportano l’esenzione dal pagamento dell’imposta
Testo:
L. C. S.R.L. ha proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento n. del 13.12.2019 (prot. 56 /19) emesso da Città di Chivasso Area Tributi e Catasto Servizio Imposta Unica Comunale IUC, per IMU accertata per l’annualità 2014, notificato in data 27.12.2019 per un importo di euro 6.954,00 (di cui: – euro 4.172,32 per Imposta Municipale Unica determinata come differenza tra l’importo pagato dalla Società e quello accertato dal Comune; – euro 2.682,84 per sanzioni per omesso/parziale pagamento; – euro 90,44 a titolo di interessi maturati al 23.8.2019). Ha chiesto che venisse annullato per intero l’atto impugnato riconoscendo alla ricorrente il diritto all’esenzione IMU sugli immobili qualificati come c.d. “beni merce” riconoscendo l’irrilevanza del requisito ulteriore richiesto dal Comune in merito alla esposizione nello Stato Patrimoniale del Bilancio nella voce C.1.4 anziché in quella C.1.2; – in subordine, che venissero dichiarate non dovute le sanzioni amministrative tributarie per obiettiva incertezza normativa. Lo stesso per gli interessi. In via ulteriormente subordinata che venisse applicato il cumulo giuridico e/o la riduzione della pretesa.
Si è costituito in lite il COMUNE DI CHIAVASSO, chiedendo di rigettare tutte le richieste di parte ricorrente, confermando nel merito la legittimità dell’avviso di accertamento in questione relativo all’Imposta Municipale Propria (IMU) anno 2014, con vittoria di spese, diritti e onorari di causa. La Commissione Tributaria Provinciale di Torino ha deciso la vertenza in data 17.2.2021 e, in parziale accoglimento del ricorso, ha dichiarato dovuto il tributo ma annullato l’avviso di accertamento impugnato in punto sanzioni, che secondo i primi giudici andavano ricalcolate mediante applicazione del cumulo giuridico con i minimi di legge. Ha compensato le spese fra le parti.
Avverso tale pronuncia ha interposto ricorso in appello la società L. C. srl, chiedendo la riforma della sentenza e l’integrale riconoscimento dell’esenzione da IMU per i beni-merce, con vittoria di spese dei due gradi di giudizio. Ha sostenuto che il Comune aveva disconosciuto l’esenzione ritenendo che i beni non fossero beni-merce e ciò in quanto non erano terminati ed erano stati inseriti in bilancio fra le rimanenze, cioè tra i prodotti in corso di lavorazione e semilavorati nello stato patrimoniale conto C.1.2 – prodotti in corso di lavorazione); secondo la società la sentenza era illegittima perché i giudici avevano respinto il ricorso affermando che la condizione necessaria per l’ottenimento del beneficio fiscale era l’obbligo dichiarativo, quando l’ufficio non aveva contestato all’appellante tale specifico profilo dell’obbligo dichiarativo, il quale peraltro era stato regolarmente adempiuto dalla società, e pertanto la decisione di primo grado era viziata da ultrapetizione perché i giudici avevano posto a base del rigetto della domanda una circostanza che non era stata contestata dal Comune di Chivasso. In particolare, la sentenza era nulla perché postulava che la dichiarazione IMU per i beni-merce dovesse essere presentata ogni anno, quando invece una volta presentata produceva gli effetti suoi propri fino al momento in cui cambiano gli elementi/requisiti dichiarati con la medesima. Tale doveva intendersi la formula per la quale i soggetti passivi dovevano presentare la dichiarazione IMU entro il 31.12 “dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni, e tale dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, sempre che non si verifichino modificazioni dei dati”. Per il resto venivano riproposti i motivi dedotti in primo grado e cioè – nel merito – l’illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione delle norme previste per il riconoscimento dell’esenzione IMU ai beni merce che doveva riconoscersi unicamente in base alla coesistenza (necessaria ma anche sufficiente – di due requisiti: a) la permanenza della destinazione di tale immobile alla vendita, e b) la circostanza che essi non fossero concessi in locazione. Del resto, il nucleo della contestazione del Comune secondo cui gli immobili merce non potrebbero essere qualificati come tali in quanto nello stato patrimoniale non sono stati indicati nel conto C.1.4 (prodotti finiti e merci) ma nel conto C.1.2 non coglie nel segno ad avviso della difesa del contribuente, posto che entrambe le voci si riferiscono all’attivo circolante in cui sono presenti i beni merce e non alle immobilizzazioni, in cui sono presenti gli immobili strumentali. Per la società la classificazione degli immobili tra i prodotti in corso di lavorazione aveva ragion d’essere in una esigenza di mercato, insita nel fatto che -pur posti in vendita tali immobili- poteva accadere che alcuni aggiustamenti e modifiche potessero essere da effettuarsi pur dopo che era stato individuato il cliente interessato all’acquisto dell’immobile; quanto al resto, ciò che era importante ai fini della qualifica di beni merce era che tali immobili venissero riportati nell’attivo circolante dello Stato patrimoniale e non tra le immobilizzazioni, e ciò era avvenuto nel caso di specie. Il Comune di Chivasso si è costituito in giudizio contestando integralmente quanto affermato dalla ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE L’appello della società contribuente è infondato e dev’essere respinto. La legge dispone che a decorrere dal 10 gennaio 2014 “sono esenti dall’imposta municipale propria i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati.” Fondamentale è stata la novella operata dal legislatore in fase di conversione in legge del decreto contenente la norma sopra citata -: “Ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni, variazione relative all’IMU, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto”. Tale principio è stato peraltro ben chiarito da recente giurisprudenza, della Suprema Corte secondo la quale (Corte di cassazione, sez. VI civile, ordinanza n. 21465/20, da ultimo anche ord. 5190/2022), la mancata presentazione della dichiarazione determina il mancato riconoscimento dell’esenzione dall’Imu per gli immobili invenduti dall’impresa costruttrice. Ai sensi del comma 5 bis dell’art. 2 del D.L. n. 102/2013, quindi, “ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all’imposta municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono apportate al predetto modello le modifiche eventualmente necessarie per l’applicazione del presente comma”. Dalla lettura della disposizione normativa sopra indicata emerge che condizione necessaria per l’ottenimento del beneficio fiscale in oggetto, è l’obbligo dichiarativo – ‘prius’ logico necessario, a prescindere dall’ulteriore profilo di merito, a cui l’accertamento del Comune sembra riferirsi, dell’effettività del diritto all’esenzione, in ragione di una classificazione di quegli immobili nello stato patrimoniale della società come prodotti non finiti (e quindi non merce già destinata alla vendita). Si tratta di un preciso e specifico onere formale, espressamente previsto a pena di decadenza, che non può essere sostituito da altre forme di denunce o superato dalla circostanza che il Comune fosse a conoscenza aliunde dei fatti che comportano l’esenzione dal pagamento dell’imposta. Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale inoltre (Cass nr 15407/2017 nr. 4333/2016 2925/2013, 5933/2013) le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art 14 preleggi, sicché non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati. Il principio espresso si applica alle annualità fino al 2019. Dal 2020 al 2022 l’esenzione è stata abolita, per ritornare effettiva dal 2022. Dai documenti versati in atti e come si evince dalle stesse difese della società (la quale ha evidenziato di aver assolto all’obbligo dichiarativo riferendosi a quello iniziale del rapporto IMU), essa non ha ritenuto di dover assolvere a tale (specifico) obbligo dichiarativo, omettendo tale dichiarazione perché ritenuta sufficiente quella effettuata la prima volta. Il rilievo di tale profilo non integra alcun vizio di ultrapetizione, che ricorre solo quando il giudice abbia pronunciato oltre i limiti del petitum e delle eccezioni hinc et inde dedotte, ovvero su questioni non sollevate dalle parti o non rilevabili d’ufficio, con attribuzione ad una delle parti di un bene non richiesto. Non ricorre ove il giudice, contenendo la propria decisione entro i limiti delle pretese avanzate dalle parti e riferendosi ai fatti da esse dedotti, abbia fondato la decisione sulla valutazione unitaria delle risultanze processuali pur sulla base di argomenti o considerazioni non prospettate dalle parti medesime (Cass. 2297/2011). In punto sanzioni – non fatto oggetto di specifico gravame da parte di alcuno dei contendenti – va confermato il decisum dei primi giudici. In presenza di violazioni della stessa indole (qui per gli anni 2013 e 2014), l’art. 12 del DLgs. 472/97 è chiaro nell’affermare la necessità di applicare non il cumulo materiale (la somma delle sanzioni), ma il cumulo giuridico, con ricalcolo che tenga conto del cumulo giuridico sulla base dei minimi di legge. Il dato sostanziale della imprecisa individuazione da parte del Comune del profilo di irregolarità giustifica anche nel presente grado la compensazione delle spese giudiziali fra le parti.
P.Q.M. Rigetta l’appello della società L. C. srl e conferma la decisione impugnata. Compensa fra le parti le spese del grado.