Sentenza del 20/6/2023 n. 551 – CGT2G Toscana – Sezione 2
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla CTP di Prato il contribuente in epigrafe ha impugnato l’avviso pure in epigrafe indicato, relativo ad IMU per l’anno 2014 su immobili siti in Prato alla via G. R.
Nel ricorso erano dedotti: vizi di motivazione dell’avviso impugnato, l’infondatezza per il 50% della pretesa tributaria (relativa ad immobili dichiarati inagibili con ordinanza del Sindaco di Prato) per violazione dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. 504/1992 e dell’art. 13, comma 3, lettera b) del DL 201/2011 convertito in legge 214/2011, dovendo essere disapplicato per contrasto con dette norme il regolamento adottato in materia dal Comune di Prato, l’inapplicabilità delle sanzioni considerata la tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente, cui la riduzione di cui sopra sarebbe stata concessa per gli anni 2010, 2011 e 2012.
Avendo resistito al ricorso il concessionario del Comune di Prato, la CTP lo ha respinto, con compensazione delle spese, avendo ritenuto insussistente il preteso vizio di motivazione e non confliggenti le previsioni del regolamento IMU del Comune di Prato con la normativa statale.
Ha proposto appello il contribuente per i seguenti motivi:
1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. 504/1992; necessità di disapplicazione del regolamento IMU del Comune di Prato per contrasto con la citata norma statale;
2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, predetto e dell’art. 13, comma 3, lett. b) del DL 201/2011 convertito in legge 214/2011, non essendo stata applicata l’agevolazione ivi prevista nonostante che gli immobili de quibus siano stati dichiarati inagibili con ordinanza del Sindaco di Prato;
3) violazione e/o omessa applicazione dell’art. 7 della legge 212/2000 e dell’art. 3 della legge 241/1990; errata e/o carente motivazione degli avvisi impugnati;
4) illegittimità delle sanzioni irrogate; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, comma 3, della legge 212/2000, dell’art. 8 del d.lgs. 546/1992 e dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. 472/1997; omessa motivazione.
Ha resistito all’appello il concessionario predetto, con controdeduzioni datate 29 ottobre 2020.
Il contribuente ha illustrato la propria posizione con memoria datata 25 maggio 2023.MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato, per le ragioni che di seguito si espongono in relazione all’elencazione dei motivi sopra riportata.
1) e 2) Questo Collegio deve discostarsi, per quanto infra argomentato, dalle statuizioni di cui alla sentenza 1679/2018 della CTR della Toscana (cui è succeduta questa Corte) ed alla sentenza 1225/2022 di questa Corte.
Il primo ed il secondo motivo di appello, che è opportuno esaminare congiuntamente, sono infondati.
Infatti, la norma di cui all’art. 13, comma 3, lett. b) del DL 201/2011 convertito in legge 214/2011 deve essere interpretata, sia sotto il profilo letterale che sotto quello sistematico, nel senso di attribuire l’agevolazione ivi prevista ai fabbricati che siano dichiarati inagibili, perché caratterizzati da fatiscenza non superabile con interventi di manutenzione e come tale accertata dall’ufficio tecnico comunale, e non per ragioni diverse dalla fatiscenza. Tali diverse ragioni ricorrono invece nell’ipotesi de qua, nella quale l’inagibilità è stata dichiarata per constatata violazione di norme edilizie, urbanistiche e sanitarie, e non per fatiscenza degli immobili constatata dall’ufficio tecnico comunale.
L’interpretazione postulata dal contribuente presupporrebbe che la prima e seconda parte della disposizione sopra ricordata si riferiscano a qualunque ipotesi di inagibilità dichiarata dal Comune, mentre la terza parte della disposizione in esame, che prevede che ai fini dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato non superabile con interventi di manutenzione, si riferirebbe esclusivamente ai casi di inagibilità per fatiscenza dichiarata dal proprietario ed accertata dal Comune.
Ma una tale distinzione non risulta sostenibile, perché comporterebbe un ingiustificato trattamento differenziato di favore per i proprietari di immobili caratterizzati da irregolarità edilizie, urbanistiche e sanitarie (che usufruirebbero dell’agevolazione di cui trattasi per tale sola circostanza, di evidente antigiuridicità) rispetto ai proprietari di immobili (se del caso, non utilizzati) che non siano caratterizzati da un tal genere di irregolarità; e per altro verso un ingiustificato trattamento uguale rispetto ai proprietari di immobili che siano risultati invece in condizioni di fatiscenza regolarmente accertate dall’ufficio tecnico comunale mediante lo specifico procedimento prescritto dal ricordato art. 13.
Paradossalmente, la distinzione postulata dal contribuente comporterebbe l’applicazione dell’agevolazione de qua in tutti i frequenti casi di irregolarità edilizie, urbanistiche o sanitarie tali da comportare una dichiarazione di inabitabilità od inagibilità da parte della P.A. (se non addirittura, come pretenderebbe il contribuente a suo favore, in tutti i casi, estremamente diffusi fino ad una certa annualità del passato, di immobili non muniti di certificato di abitabilità o di inagibilità); interpretazione inammissibile perché in palese contrasto con il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., perché comporterebbe la riduzione della tassazione su immobili che per la massima parte continuano a costituire manifestazione di ricchezza e quindi di capacità contributiva.
Ad avviso di questo Collegio, si deve quindi preferire l’interpretazione della ricordata disposizione di cui all’art. 13 più adeguata ai principi espressi dagli artt. 3 e 53 della Costituzione, che impongono un trattamento normativo differenziato per situazioni intrinsecamente differenziate, rivelatrici di gradi diversi di manifestazioni di ricchezza che possono costituire il presupposto dell’imposizione. Ben diversa è infatti la situazione di chi sia stato sanzionato perché l’immobile di sua proprietà ha subito degli interventi edilizi effettuati – in violazione della normativa edilizia, urbanistica o sanitaria – volti a conseguire una maggior redditività dell’immobile e di chi invece, senza che si sia verificata una tale violazione, si è semplicemente trovato ad essere proprietario di un immobile la cui fatiscenza, non superabile con interventi di semplice manutenzione, e la conseguente inagibilità è stata regolarmente accertata e dichiarata dalla P.A., con conseguente perdita di valore economico dell’immobile stesso. Del resto, i provvedimenti comunali sanzionatori di irregolarità sono emessi con il precipuo scopo di stimolare il proprietario a rimuovere quanto prima possibile dette irregolarità proprio per eliminare gli effetti della dichiarazione di inagibilità, che non possono quindi perpetuarsi sine die sulla base di una scelta assegnata al proprietario, che funzionerebbe come una condizione meramente potestativa attribuita al proprietario di un immobile mantenuto per anni di inerzia in condizioni antigiuridiche (come pacificamente avvenuto nel caso di specie) per usufruire – sempre per anni – di un’agevolazione fiscale.
Alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente adeguata, deve quindi giungersi alla conclusione che il ricordato art. 13, comma 3, lett. b), si riferisce in tutte e tre le sue parti soltanto ed esclusivamente ad immobili di cui la P.A. abbia accertato, tramite l’ufficio tecnico comunale, una situazione di fatiscenza non superabile con interventi di manutenzione. Ne consegue che del tutto coerente alla normativa primaria è la disposizione del regolamento IMU del Comune di Prato che, in forza del potere normativo conferito all’Ente locale dalla terza parte del citato art. 13, comma 3, lett. b), ha specificato e tipizzato il contenuto delle condizioni di inagibilità necessarie ai fini dell’applicazione dell’agevolazione de qua, precisando che deve trattarsi di fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente e simile, caratterizzato cioè da un degrado fisico non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria; condizioni il cui accertamento è attribuito, secondo la ridetta disposizione dell’art. 13, all’ufficio tecnico comunale (cfr. Cass. 661/2005), non essendo quindi sufficiente al riguardo una perizia di parte.
L’ordinanza di temporanea inagibilità emessa dal Sindaco di Prato non è stata emessa per esigenze di degrado strutturale dell’immobile rimediabile solo con interventi eccedenti la manutenzione ordinaria e straordinaria, ma invece per irregolarità sotto il profilo urbanistico, edilizio e sanitario, e non può quindi costituire fondamento per l’attribuzione di un trattamento fiscale privilegiato previsto soltanto per il caso di inagibilità dichiarata ed accertata dai competenti organi della P.A. esclusivamente per le situazioni di grave fatiscenza di cui sopra.
La recente Cass., Sez. 5, n. 5804 del 24/02/2023, Rv. 666921, conferma tali principi, affermando che, in tema di IMU, ai fini dell’applicazione della riduzione prevista dall’art. 13, comma 3, lett. b, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011), devono considerarsi inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, i fabbricati per i quali vengano a mancare i requisiti di cui all’articolo 24, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 e quindi, nello specifico, gli immobili che presentino un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) o un’obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria.
3) Infondato è anche il terzo motivo di appello relativo ad un preteso difetto di motivazione. Al riguardo, questo Collegio ritiene condivisibile l’orientamento di legittimità secondo cui l’avviso di accertamento ha natura di provocatio ad opponendum, sicché l’obbligo della sua motivazione è soddisfatto ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di provvedere alla propria difesa (Cass. ord. 9008/2017). E il fatto che in concreto la parte privata sia stata in grado di provvedere alla propria difesa è confermato dalle ampie deduzioni che la stessa ha potuto svolgere in giudizio.
4) Infondato è anche il quarto motivo di appello relativo alla pretesa di disapplicazione delle sanzioni.
Non risulta configurabile nella specie neanche l’esimente di cui all’art. 8 del d.lgs. 546/1992, che costituisce nient’altro che un’anticipata applicazione al giudizio tributario del principio generale che verrà poi sancito dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. 472/1997 e dall’art. 10, comma 3, della legge 212/2000. Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha ricordato che (cfr. ad es. la recente Cass. civ. Sez. V Ord., 23/11/2020, n. 26554) «In materia tributaria, ai fini della responsabilità per le sanzioni, è sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza, occorrendo, a tale ultimo fine, da un lato, che sussistano elementi positivi, estranei all’autore dell’infrazione, che siano idonei ad ingenerare in lui la convinzione della liceità della sua condotta e, dall’altro, che l’autore dell’infrazione abbia fatto tutto il possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva, gravando sull’autore dell’infrazione l’onere della prova della sussistenza dei suddetti elementi, necessari per poter ritenere la sua buona fede». Tali dimostrazioni, incombenti sulla parte privata, non possono certamente dirsi raggiunte nel caso de quo, nel quale il contribuente ha addirittura omesso sia la presentazione della dichiarazione di cui all’art. 13 del DL 201/2011 ed all’art. 12 del regolamento IMU del Comune di Prato (pur essendo intervenuto tale nuovo regolamento del Comune che, in forza del citato art. 13, ha provveduto ex novo disciplinando le caratteristiche di fatiscenza dei fabbricati, nell’esercizio di un potere del Comune non previsto invece dalla normativa ICI) sia il pagamento del tributo nella pretesa misura ridotta, tenendo quindi un’evidente comportamento evasivo.
L’appello deve perciò essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivoP.Q.M.
rigetta l’appello. Condanna il contribuente a rimborsare alla Società Risorse S.p.a. le spese del presente grado di giudizio che si liquidano in euro 560,00 oltre accessori di legge.