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Imposta di soggiorno Consiglio di Stato n. 1614/2019

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Quando scatta l’imposta di soggiorno?

L’imposta di soggiorno va modulata in base alla tipologia della struttura ricettiva e non è comunque applicabile per chi usufruisce di camere a ore. Lo ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1614/2019, confermando l’annullamento del regolamento approvato nel 2017 da un Comune della provincia di Varese.

La questione attiene ai soggetti passivi dell’imposta individuati dalla norma primaria in “coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio”; se è vero che il verbo “alloggiare” può essere inteso genericamente come “trovare albergo”, “ospitare” ed è per questo neutro quanto al dato della durata dell’ospitalità, la volontà legislativa è chiarita dal riferimento, immediatamente compiuto nella medesima frase, all’imposizione dell’imposta “per notte di soggiorno”. Non può dubitarsi, allora, che il legislatore abbia inteso definire la durata dell’alloggio in almeno una notte.

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Pubblicato il 11/03/2019

N. 01614/2019REG.PROV.COLL.

N. 04834/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4834 del 2018, proposto da
Comune di Vergiate, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Fogagnolo e Guido Francesco Romanelli, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, n. 5;

contro

Green Motel s.r.l., Orange Motel s.r.l., B&B Italia s.p.a., Lucia Zorzo in qualità di titolare della ditta individuale denominata Albergo ristorante Italia, ciascuno in persona del proprio legale rappresentante, rappresentati e difesi dagli avvocati Daniele Nisini e Elisa Vannucci Zauli, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Paoletti in Roma, via Maresciallo Pilsudski, n. 118;
Selva Park Motel s.r.l., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 838/2018, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Green Motel s.r.l. e di Orange Motel s.r.l. e di Lucia Zorzo e di B&B Italia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Gatto su delega di Fogagnolo e Romanelli, Emanuela Paoletti su delega di Elisa Vanucci Zauli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il Comune di Vergiate, con deliberazione del consiglio comunale del 15 novembre 2017, n. 47 istituiva l’imposta locale di soggiorno ai sensi dell’art. 4, d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23 ed approvava il relativo regolamento.

1.1. Soggetto passivo di imposta era individuato in “chi pernotta od usufruisce di camera day-use (utilizzo diurno a ore) nelle strutture ricettive … situate sul territorio comunale e non risulta iscritto nell’anagrafe dei residenti del Comune di Vergiate”; l’imposta era dovuta per aver usufruito di camere in qualunque tipo di struttura ricettiva (alberghiera, extra-albergiera, agrituristica, case per ferie, affittacamere); la misura dell’imposta era stabilita in € 1,00 al giorno per le strutture alberghiere ed in € 0,50 per B&B, affittacamere e strutture similari; i gestori erano tenuti a dichiarare trimestralmente il numero totale dei soggetti che avevano pernottato presso la propria struttura, utilizzando il modello allegato al regolamento.

1.2. Il 27 dicembre 2017 il Comune di Vergiate trasmetteva a mezzo PEC alle strutture ricettive presenti sul territorio comunale gli atti adottati unitamente ad una locandina con la quale venivano illustrati i termini di applicazione del tributo e i modelli di autodichiarazione da presentare al Comune per l’adempimento degli oneri tributari.

1.3. Con provvedimento del 9 gennaio 2018 il Comune di Vergiate disponeva il differimento del termine di applicazione dell’imposta, originariamente previsto per il 1°gennaio 2018, al 1°febbraio 2018 al fine di consentire ai titolari delle strutture ricettive di adeguare i relativi strumenti gestionali ai nuovi adempimenti richiesti dalla riscossione della imposta di soggiorno.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia Green Motel s.r.l., Park Motel La Selva s.r.l., Orange Motel s.r.l. e Lucia Zorzo, in qualità di titolare della ditta individuale denominata Albergo ristorante Italia, impugnavano la delibera comunale istitutiva dell’imposta di soggiorno e il relativo regolamento sulla base di diversi motivi.

Nel giudizio si costituiva il Comune di Vergiate che concludeva per il rigetto del ricorso; il giudizio era concluso con la sentenza, sez. III, 27 marzo 2018, n. 838, di accoglimento del ricorso proposto e conseguente annullamento degli atti impugnati.

3. Propone appello il Comune di Vergiate; nel giudizio si sono costituiti Green Motel s.r.l., Park Motel La Selva s.r.l., Orange Motel s.r.l. e Lucia Zorzo, in qualità di titolare della ditta individuale denominata Albergo ristorante Italia a mezzo unico difensore. Il Comune di Vergiate ha presentato memoria ex art. 73 Cod. proc. amm., cui è seguita rituale replica delle appellate. All’udienza del 10 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalle società appellate.

Queste sostengono l’inammissibilità del gravame in quanto l’atto notificato via PEC risulta firmato con firma digitale in formato CAdES (*p7m) e non in formato PAdES come invece previsto dall’allegato A al d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 che, agli articoli 6, comma 5 e 12, comma 6, pone l’obbligo, per il processo amministrativo, di firma digitale in formato PAdES.

1.1. L’eccezione è infondata e va respinta.

L’art. 6 del d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico al comma 4 prevede che: “Il ModuloDepositoRicorso e il ModuloDepositoAtto sono in formato PDF, sottoscritti con firma digitale PAdES”; la disposizione va letta in combinato con il comma 5, a mente del quale: “I documenti digitali da allegare ai moduli di cui ai commi 1 e 2, compreso il ricorso, sono inseriti in un unico contenitore. La firma digitale PAdES, di cui al comma 4, si intende estesa a tutti i documenti in essi contenuti”; ne segue che, per il processo amministrativo telematico, il formato prescritto per la firma digitale è il formato PAdES.

1.2. E’ posta la questione delle conseguenze che derivano dall’utilizzo di un diverso formato e, segnatamente, del formato di firma digitale CAdES, avendo parte appellata ammesso di aver così firmato l’atto di appello.

All’utilizzazione del formato CAdES, anziché del prescritto formato PAdES, consegue la mera irregolarità dell’atto processuale (in tal senso, Cons. Stato, sez, V, 9 luglio 2018, n. 4193 cui si rinvia per le ampie ragioni ivi esplicitate che giustificano la conclusione); la giurisprudenza, del resto, ha, in più occasioni, precisato che il ricorso redatto in formato cartaceo anziché digitale (con conseguente violazione dell’art. dall’art. 136, comma 2-bis, Cod. proc. amm. cit. e dall’art. 9, comma 1, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40) va ritenuto irregolare e non nullo (né, tanto meno, inesistente), con conseguente obbligo del giudice di assegnare un termine alla parte per la regolarizzazione dell’atto nel formato digitale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 2018, n. 3953; V, 7 febbraio 2018, n. 817; V, 10 ottobre 2017, n. 4674; V, ord. 24 novembre 2017, n. 5490).

1.3. Nel caso in esame, tuttavia, alla declaratoria di irregolarità non segue l’assegnazione alla parte di un termine per la regolarizzazione dell’atto nel formato digitale per le ragioni che seguono.

Il regime dell’irregolarità degli atti segue, in via generale, quello previsto per la nullità degli atti processuali dagli artt. 156 e ss. Cod. proc. civ.; trova, dunque, applicazione del principio del raggiungimento dello scopo posto dall’art. 156, comma 3, Cod. proc. civ., per il quale “La nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato”.

Se, dunque, nel caso di redazione dell’atto in forma cartacea anziché digitale l’ordine di rinnovazione è giustificato dal mancato raggiungimento dello scopo, vale a dire l’introduzione del giudizio (o dello specifico grado del giudizio) nelle forme del processo telematico (la notificazione del ricorso essendone il primo atto), nel caso di mancato rispetto del formato PAdES, lo scopo può dirsi raggiunto con l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, che per gli strumenti tecnici posseduti abbia potuto visionare il file inviatogli (in tal senso, per una vicenda del tutto analoga, Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2018, n. 744).

2. Può pertanto passarsi all’esame del merito del gravame.

3. La sentenza di primo grado ha accolto il ricorso per aver accertato la violazione dell’art. 4, comma 1, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di Federalismo fiscale Municipale), ove sono indicati gli enti legittimati ad istituire l’imposta di soggiorno ne “i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte”; rileva la sentenza che il Comune di Vergiate non rientra in nessuno dei soggetti legittimati all’imposizione, anche perché la Regione Lombardia, alla cui esclusiva valutazione era rimesso dalla legge il compito di individuare le località turistiche o le città d’arte presenti sul territorio regionale, non ha mai proceduto alla predisposizione dei relativi elenchi.

Gli elenchi delle località turistiche, peraltro, continua la sentenza, non potevano essere surrogati, come sostenuto dal Comune resistente, dalle indicazioni contenute nella deliberazione di Giunta regionale 30 gennaio 2008, n. 6532, che sulla base dell’allora vigente l. reg. 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), aveva individuato gli “ambiti” a vocazione e potenzialità turistica sul territorio lombardo quale strumento di attuazione della programmazione volta alla valorizzazione turistica, per essere rivolta tale deliberazione a finalità completamente diverse, quali la predisposizione di uno strumento del quale la Regione possa servirsi per le proprie politiche di intervento nei diversi ambiti turistici individuati.

Tenuto conto di quanto sopra -conclude la sentenza- la delibera istitutiva dell’imposta di soggiorno adottata dal Comune di Vergiate si pone in contrasto con il principio di riserva di legge in materia di imposizione di prestazioni patrimoniali posto dall’art. 23 Cost. poiché procede all’istituzione di una imposta al di fuori delle condizioni ed oltre i limiti posti dalla normativa primaria (il d.lgs. 14 marzo 2011, appunto).

4. Il Comune di Vergiate propone tre motivi di appello.

4.1. Con il primo motivo di appello la sentenza è contestata per “Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto da parte del T.A.R. Lombardia – Milano sotto molteplici profili. Sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 4 D.Lgs. 23/2011 in merito all’intervento riconoscimento da parte della Regione Lombardia dell’adozione, già con D.G.R. del 30 gennaio 2008, n. 6532, dei provvedimenti necessari per l’adozione dell’imposta di soggiorno da parte dei Comuni lombardi – Sulla violazione del potere regolamentare del Comune previsto dall’art. 52 D.Lgs. 446/1997 – Sulla qualificazione turistica del Comune di Vergiate”.

L’appellante lamenta che il giudice di primo grado non abbia considerato l’art. 14, comma 6, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 per il quale “È confermata la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui all’articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997 anche per i nuovi tributi previsti dal presente provvedimento”; a suo avviso, la conferma del potere regolamentare degli enti locali andrebbe intesa nel senso che, a prescindere dall’adozione da parte della Regione dell’elenco delle località turistiche, ai comuni è, comunque, consentito adottare specifici regolamenti volti ad istituire e disciplinare l’imposta di soggiorno nei limiti dell’art. 52 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), vale a dire rispettando la riserva di legge statale quanto all’istituzione di nuovi tributi, anche di spettanza degli enti locali, all’individuazione dei soggetti passivi e alla fissazione dell’aliquota massima. Entro questi limiti -sostiene l’appellante- ai comuni è consentito introdurre disposizioni anche diverse da quelle poste dal legislatore statale (stante la previsione contenuta nell’ultimo capoverso dell’ultimo comma per il quale “per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di leggi vigenti”); circostanza, peraltro, non verificatasi nel caso in esame per aver il Comune di Vergiate rispettato i principi dettati dal legislatore nazionale.

4.2. Nel medesimo motivo di appello il Comune ribadisce di essere stato qualificato come “Comune turistico” dalla delibera di Giunta regionale 30 gennaio 2008, n. 6532, di individuazione degli ambiti di potenzialità turistica di cui all’art. 3, comma 3, l. reg. Lombardia 2007 n. 15; in particolare, il Comune di Vergiate sarebbe rientrato nell’ambito turistico “urbano, rurale e fluviale della pianura varesina” in ragione delle peculiarità storico, artistiche e/o naturalistiche presenti sul territorio, della presenza dell’aeroporto internazionale di Malpensa, dell’adesione al sistema turistico “Varese Land of Turism”.

Tale ricostruzione troverebbe conferma, secondo l’appellante, nella delibera della Giunta regionale Lombardia 21 maggio 2018, n. 145; intervenuta nel termine per l’impugnazione della sentenza di primo grado, essa stabilisce, per i fini di cui al d.lgs. n. 23 cit., che tutti i Comuni della Lombardia vanno considerati “località turistiche”, così dando conferma a quanto già era possibile ricavare dalla predetta delibera del 2008 che, solo, distribuisce tutti i comuni lombardi in diversi ambiti turistici.

4.3. Con il secondo motivo di appello la sentenza è contestata per “Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto da parte del T.A.R. Lombardia – Milano. Sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 4 D.Lgs. 23/2011 e dell’art. 23 Costituzione”: merita di essere valorizzata la precisazione contenuta nella delibera di Giunta regionale n. 145 del 2018 secondo cui l’individuazione dei comuni turistici lombardi era già contenuta nella precedente delibera di Giunta regionale n. 6532 del 2008, poiché altrimenti verrebbe accolta un’interpretazione formale del concetto di riserva di legge ex art. 23 Cost. – per cui l’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 23 cit., ha voluto imporre alle Regioni la predisposizione di nuovi elenchi delle località turistiche quale condizione per l’attivazione dell’imposta di soggiorno – in contrasto con il carattere relativo della riserva di legge contenuta nell’art. 23 della Costituzione oltre che con la situazione di fatto verificatasi in numerose regioni le quali, pur avendo indiscutibile connotazione turistica non hanno adottato alcun provvedimento volto ad individuare i comuni turistici sebbene diversi comuni abbiano istituto l’imposta di soggiorno, senza considerare che altre regioni hanno fatto riferimento, per l’individuazione di località turistiche, a provvedimenti antecedenti al d.lgs. n. 23 del 2011.

4.4. Con il terzo motivo di appello la sentenza è impugnata per “Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto da parte del T.A.R. Lombardia – Milano. Sulla violazione e falsa applicazione dei principio di sussidiarietà statuito dall’art. 118 Cost.”: la sentenza di primo grado avrebbe fornito un’interpretazione dell’art. 4 d.lgs. n. 23 del 2011 contrastante con il principio di sussidiarietà posto, dall’art. 118 Cost. come interpretato dalla Corte costituzionale in diverse pronunce nel tempo intervenute (sono citate le sentenza 1 ottobre 2003, n. 303 e 13 gennaio 2004, n. 6), rivolto a privilegiare, nell’individuazione della dimensione degli interessi curati, il riferimento locale, e nello specifico comunale.

5. I motivi di appello, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati e vanno respinti.

5.1. L’art. 4 d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 ha introdotto nell’ordinamento tributario l’imposta di soggiorno, disponendo, al primo comma, che “i Comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio”.

Per l’individuazione dei comuni legittimati ad istituire l’imposta di soggiorno, che non sono capoluoghi di provincia, v’è rinvio, dunque, ad “elenchi regionali” di località turistiche o città d’arte.

Il giudice di primo grado ha ritenuto che il legislatore minus dixit quam voluit: riferendosi ad “elenchi regionali” avrebbe rimesso alle Regioni l’elaborazione di nuovi elenchi delle località turistiche e delle città d’arte ai fini dell’applicazione dell’imposta di soggiorno in coerenza con il riparto di competenze tra Stato e Regioni posto dall’art. 117 Cost. per il quale, nell’ambito della legislazione concorrente, spetta alle Regioni il coordinamento del sistema tributario.

5.2. Invero, la formulazione della disposizione citata non giustifica tale conclusione: nella norma non v’è riferimento alla “previa predisposizione di elenchi regionali”, intesa quale condizione per l’attivazione dell’imposta di soggiorno, ed, invece, la facoltà d’imposizione dei comuni è immediatamente operante in presenza di elenchi regionali che già definiscono quali sono nel territorio le “località turistiche” o le “città d’arte”.

5.3. Il Comune ribadisce, anche in questa sede d’appello, che un elenco regionale delle “località turistiche” esisteva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 23 cit. ed era contenuto nella delibera di Giunta regionale 30 gennaio 2008, n. 6532.

5.3.1. La tesi non convince.

La delibera del 2008 ha dato seguito alla previsione di cui all’art. 3, comma 2, l. reg. 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo) impositivo alla Giunta regionale, previa definizione da parte del Consiglio regionale e sentita la Conferenza regionale delle autonomie, dell’individuazione degli ambiti a vocazione e potenzialità turistica; questi ultimi, come spiegato nella medesima delibera, servono a definire in sede di programmazione ove indirizzare gli interventi finalizzati alla valorizzazione turistica del territorio secondo una gerarchia di priorità così strutturata: aree e situazioni di eccellenza da mantenere e migliorare, realtà consolidate da accompagnare verso livelli crescenti di qualità, aree territoriali che necessitano di misure e interventi rivolti a far emergere l’interesse e il potenziale turistico. Ciò vale a spiegare anche la ragione per la quale l’intero territorio regionale è suddiviso in ambiti a vocazione e potenzialità turistica.

5.3.2. Gli ambiti a vocazione e potenzialità turistica elencati nella delibera del 2008, pertanto, non sono utili ai fini della individuazione delle “località turistiche” o “città d’arte” poiché è quivi presupposta una valutazione discrezionale e selettiva operata dalla Regione delle località e città regionali, che, per la loro già riconosciuta attitudine turistica, possono legittimamente istituire l’imposta di soggiorno, con le finalità ben espresse dal giudice di primo grado di fare in modo che “i soggetti non residenti nel territorio comunale partecipino ai costi pubblici determinati dalla fruizione del patrimonio culturale e ambientale anche in funzione di una migliore sostenibilità dei flussi di visitatori”.

5.3.3. Proprio tale ultima considerazione porta con sé un’ulteriore riflessione di carattere logico, prima ancora che giuridico: l’istituzione dell’imposta di soggiorno può avere anche effetti deflattivi dei flussi turistici, specie se si tiene conto delle scelte operate non dal singolo turista, ma dai grandi tour operator; la sua istituzione in comuni che rientrano in ambiti a vocazione turistica non ancora consolidata e per i quali sono programmati interventi rivolti ad incrementarne l’attrattività va, dunque, ponderata e decisa mediante specifica deliberazione.

5.3.4. Il Comune appellante richiama, per essere intervenuta solo successivamente al giudizio di primo grado, la delibera della Giunta regionale 17 aprile 2018, n. 41 che, a suo dire, avrebbe confermato (dunque con effetti retroattivi) la facoltà di tutti i comuni presenti sul territorio regionale di istituire l’imposta di soggiorno.

La Regione, preso atto della sentenza quivi impugnata, pur precisando che “secondo l’intendimento regionale” la delibera del 2008 già assolveva a quanto richiesto dall’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, delibera di “riconoscere tutti i Comuni della Lombardia come Comuni turistici o Città d’arte permettendo in tal senso agli stessi la facoltà di applicare l’imposta di soggiorno” poichè, ai fini dell’attuazione delle politiche turistiche, “tutta la Lombardia è considerata turistica in quanto ogni territorio può concorrere alla costruzione dei prodotti turistici esperenziali”.

A questa delibera non può essere attribuito effetto conformativo di un precedente provvedimento amministrativo, sia perché non v’è un atto regionale da confermare – in precedenza, come ormai chiaro, vi sono stati solo i regolamenti comunali istitutivi dell’imposta di soggiorno la conferma dei quali non può provenire da altra amministrazione per i noti principi sulla competenza all’adozione dei provvedimenti di riesame – sia, specialmente, perché nella delibera vi è una inedita determinazione della Regione circa i comuni che, per essere località turistiche o città d’arte, possono istituire l’imposta di soggiorno, sollecitata dall’intervenuta sentenza di primo grado.

La Giunta regionale, infatti, considera ogni comune presente sul territorio regionale in grado di offrire esperienze turistiche e, per questa ragione, lo legittima all’istituzione dell’imposta di soggiorno.

La valutazione della legittimità di questa decisione è oggetto di altro giudizio (come allegato dalla parte appellata); quel che interessa nel presente giudizio è che, per effetto della delibera del 2018, e dalla sua pubblicazione, è consentito a tutti i comuni della Lombardia di istituire l’imposta di soggiorno, non prima, poiché prima di tale decisione la volontà della Regione (quello che nella delibera del 2018 è definito “l’intendimento regionale”), quale che fosse, non era stata esplicitata in un provvedimento amministrativo.

5.4. Nei motivi di appello, il Comune di Vergiate si duole che il giudice di primo grado non abbia tenuto conto che, anche a prescindere dalla predisposizione degli “elenchi regionali”, e, dunque, anche al di fuori della legittimazione riconosciuta dalla Regione, i comuni potevano istituire l’imposta di soggiorno con proprio regolamento ai sensi dell’art. 14, comma 6, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 per il quale: “È confermata la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui all’articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997 anche per i nuovi tributi previsti dal presente provvedimento”.

L’art. 52, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, a sua volta, prevede, al primo comma, che “Le province e i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti”.

L’appellante vuol trarne la legittimazione ad istituire l’imposta di soggiorno con proprio regolamento nel rispetto delle indicazioni legislative circa la definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima.

5.4.1. La tesi del Comune non è condivisibile.

L’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 23 del 2011 prefigura una selezione, da effettuare a livello regionale, dei comuni che, connotati da attrattività turistica, possono istituire l’imposta di soggiorno; la ragione è quella in precedenza accennata e che ora va meglio precisata: ai sensi dell’art. 117 Cost., la materia del turismo appartiene alla competenza residuale delle Regioni (cfr. Corte cost. 15 aprile 2008, n. 102), ad esse spetta, pertanto, la valutazione sull’impatto che l’istituzione dell’imposta di soggiorno può avere sulle politiche del turismo.

È questa la ratio degli “elenchi regionali delle località turistiche e delle città d’arte” cui rinvia l’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 23 del 2011 per l’individuazione dei comuni legittimati all’istituzione dell’imposta, più che il riferimento alla competenza legislativa concorrente del “coordinamento della finanzia e del sistema tributario” come, invece, ritenuto dal giudice di primo grado.

5.4.2. L’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 23 del 2011 prevede, poi, che i Comuni possano con proprio regolamento, da adottare ai sensi dell’art. 52 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, “disporre le ulteriori modalità applicative del tributo, nonché (di) prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo”.

La spazio riservato al regolamento comunale nella disciplina dell’imposta di soggiorno è dunque ben definito dal legislatore con norma che assume carattere speciale rispetto alla previsione di carattere generale contenuta nell’art. 14, comma 6, d.lgs. n. 23del 2011, che, per tutti i tributi comunali previsti dal decreto legislativo, consente ai comuni di adottare regolamenti nei limiti definiti dalla legge statale delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi di imposta e dell’aliquota massima.

D’altra parte, la riserva di regolamento comunale presuppone che il comune abbia facoltà di istituire l’imposta di soggiorno non può essere esso stesso titolo legittimante all’imposizione.

5.5. Resta da aggiungere – così dando risposta al terzo motivo di appello – che il sistema d’imposizione delineato nei precedenti paragrafi non si pone in contrasto con il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., ma anzi è un caso esemplare di piena attuazione dello stesso.

La legge statale (il più volte citato d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23), nell’esercizio di una competenza legislativa esclusiva, definisce la fattispecie imponibile e i soggetti passivi d’imposta e rimette alla Regione l’individuazione dei soggetti legittimati all’imposizione per essere, quest’ultimo, il livello di governo adeguato e proporzionato (art. 118, comma 1, Cost.) a valutare l’impatto sui flussi turistici dell’imposizione tributaria; ai Comuni, quali enti più vicini ai destinatari dell’imposta, infine, è demandata la decisione finale sulla sua attivazione, oltre che la predeterminazione degli elementi speciali della fattispecie imponibile e i casi di esenzione a mezzo regolamento.

6. Il giudice di primo grado non ha esaminato gli altri motivi di ricorso proposti dalle imprese ricorrenti per averli ritenuti assorbiti a seguito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

Essi, che avevano ad oggetto ulteriori vizi della delibera del Comune di Vergiate di approvazione del regolamento comunale in materia di imposta di soggiorno e il contenuto del regolamento stesso, sono stati riproposti dalle società appellate, subordinandone l’esame al caso di accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Vergiate.

Ciononostante, la sezione è dell’avviso di dover comunque procedere al loro esame: (la conferma in questa sede d’appello del) l’annullamento del regolamento comunale istitutivo dell’imposta di soggiorno, unitamente all’intervenuta delibera della Giunta regionale 17 aprile 2018, n. 41, che ha riconosciuto a tutti i comuni lombardi, e, dunque, allo stesso Comune di Vergiate, la facoltà di istituire l’imposta di soggiorno, rendendo legittimo l’esercizio del potere regolamentare sia pure per il tempo successivo alla sua adozione, rende utile l’esame dei motivi riproposti ai fini conformativi dell’azione amministrativa al giudicato di annullamento.

7. Ai detti fini conformativi è irrilevante il secondo motivo di ricorso (il primo riproposto in sede d’appello), di contestazione di una violazione procedimentale e, precisamente, che il Comune di Vergiate abbia approvato il regolamento senza sentire le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive come, invece, imposto dall’art. 4, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23; annullato il provvedimento per assenza del potere di provvedere, come accaduto all’esito del presente giudizio, è irrilevante la modalità con la quale si è giunti alla sua adozione, tenuto conto, peraltro, che per l’adozione del nuovo provvedimento il Comune dovrà necessariamente procedere nelle forme previste dalla legge che attribuisce il potere.

8. Con il terzo motivo di ricorso (il secondo riproposto in questa sede) le società appellate contestano il regolamento comunale per violazione del principio di gradualità e proporzionalità per aver stabilito una tariffa unica per tutti gli alberghi, senza tener conto della distinzione di stelle/prezzo di ciascuna struttura né della stagionalità (bassa, media e alta stagione).

Replica il Comune appellante che le tariffe approvate – € 1,00 al giorno per le strutture alberghiere ed € 0,50 per i B&B e gli affittacamere – derivano da una scelta discrezionale dell’amministrazione motivata dalla constatazione che le strutture ricettive situate nel Comune di Vergiate hanno caratteristiche simili tra loro, sia quanto alla tipologia dei servizi resi che per il numero di stelle riconosciute alle singole attività, onde non v’era necessità di differenziare la tariffa dell’imposta in relazione alle diverse attività alberghiere.

Il motivo di ricorso è fondato: nell’adozione del nuovo regolamento il Comune dovrà modulare l’imposta di soggiorno in ragione delle tariffe previste dalle diverse strutture ricettive.

L’art. 4, comma 1, d.lgs. 23 cit. , precisa che l’imposta di soggiorno va applicata “secondo criteri di gradualità in proporzione del prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno”.

Con tale previsione la disposizione istitutiva dell’imposta dà attuazione al principio di progressività dell’imposta sancito dall’art. 53, comma 1, Cost. a mente del quale: “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”; nella sua più immediata declinazione esso va inteso come aumento dell’aliquota in proporzione all’aumento della capacità contributiva.

Siccome, nel caso dell’imposta di soggiorno, il fatto indice della capacità contributiva (art. 53, comma 1 Cost.) è rappresentato dalla spesa turistica in quanto espressione di ricchezza, è del tutto logico che l’imposizione aumenti all’aumentare della spesa sostenuta per il pernottamento poiché espressiva di una maggiore capacità contributiva.

La decisione del Comune di Vergiate di prevedere una tariffa unica per tutte le strutture ricettive rientranti all’interno della medesima categoria (la distinzione essendo solamente tra strutture alberghiere e B&B o affittacamere) sterilizza, pertanto, la gradualità, con un’imposizione unica quale che sia la capacità contributiva manifestata dalla spesa turistica sostenuta. In astratto, ciò è possibile (la Corte costituzionale ha chiarito, sin dalla sentenza 29 dicembre 1966, n. 128, che non tutti i tributi si prestano al principio di progressività), ma in concreto la decisione è in contrasto con la chiara indicazione della norma primaria, che individua nel prezzo pagato l’indice di capacità contributiva ed impone la progressione del tributo in corrispondenza al suo aumentare.

9. Con il quarto motivo di ricorso (il terzo riproposto in sede d’appello), le società contestano il regolamento comunale nella parte in cui prevede l’applicazione dell’imposta di soggiorno anche a chi usufruisce di camere day-use ossia nel corso della giornata per alcune ore, per contrasto con la previsione dell’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 23 cit.

Il Comune difende la propria scelta sostenendo che la scelta opposta, di escludere dall’applicazione dell’imposta di soggiorno gli alberghi che offrono camere a ore, avrebbe determinato un’irragionevole disparità di trattamento tra le diverse tipologie di strutture ricettive presenti sul territorio.

Il motivo è fondato.

La questione attiene ai soggetti passivi dell’imposta individuati dalla norma primaria in “coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio”; se è vero che il verbo “alloggiare” può essere inteso genericamente come “trovare albergo”, “ospitare” ed è per questo neutro quanto al dato della durata dell’ospitalità, la volontà legislativa è chiarita dal riferimento, immediatamente compiuto nella medesima frase, all’imposizione dell’imposta “per notte di soggiorno”. Non può dubitarsi, allora, che il legislatore abbia inteso definire la durata dell’alloggio in almeno una notte.

Il regolamento impugnato, nella parte in cui prevede che soggetti passivi dell’imposta di soggiorno siano anche gli ospiti dell’albergo per alcune ore del giorno, senza passarvi la notte, è in contrasto con la norma primaria; quest’ultima, poi, si sottrae a censure di irragionevolezza e disparità di trattamento poiché la situazione di chi alloggia per poche ore in albergo non può essere equiparata a quella di chi vi trascorre la notte quanto a capacità contributiva.

10. Con il quinto motivo di ricorso (il quarto riproposto in sede d’appello) è contestato il regolamento comunale per ulteriori ragioni, quali: (la sottoposizione ad imposizione anche del day-use del quale si è trattato nel precedente motivo) la previsione dell’applicazione dell’imposta per trenta giorni consecutivi, a fronte della regola tendenzialmente applicata da altri comuni di sette giorni nel corso dell’anno solare, la predisposizione di ipotesi di esenzione ridotte che non comprendono, in particolare, gli accompagnatori di disabili, i soggetti che assistono i degenti ricoverati presso le strutture pubbliche e private del territorio regionale e gli studenti iscritti nelle scuole e istituzioni di alta formazione in ambito regionale, ancora una volta in contrasto con quanto previsto da regolamenti approvati da altri comuni (è fatto riferimento, in particolare, al regolamento approvato dal Comune di Somma Lombardo).

Le ricorrenti lamentano la possibile limitazione della libertà di iniziativa economica e la violazione dei principi comunitari di concorrenza, non discriminazione e libera prestazione dei servizi considerati gli effetti distorsivi per la concorrenza che tali prescrizioni potrebbero determinare, in quanto penalizzanti gli operati economici del territorio comunale a vantaggio di quelli operanti in altri comuni limitrofi che tale imposta non hanno attivato.

Il motivo è infondato: il Comune di Vergiate ha individuato le modalità di applicazione dell’imposta (trenta giorni consecutivi di permanenza presso la struttura) e le ipotesi di esenzione negli spazi di discrezionalità lasciati liberi dalla normativa primaria; tali scelte, poi, non appaiono in contrasto con la libertà di iniziativa imprenditoriale poiché non costituiscono ostacolo all’ingresso sul mercato di altri operatori economici né determinano la inevitabile fuoriuscita da esso di quelli già presenti, né tanto meno con i principi comunitari citati dalle ricorrenti.

Precisato che le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in materia di concorrenza, gli articoli da 101 a 105, attengono ai rapporti tra le imprese e non riguardano, invece, i rapporti tra lo Stato e le imprese, se non per le ipotesi di cui all’art. 106 dell’intervento dello Stato in economia mediante lo strumento dell’impresa pubblica o del conferimento di diritti speciali o esclusivi ad imprese private, con la conseguenza che i principi euro-unitari non possono trovare applicazione in relazione ad una misura nazionale, anche di carattere normativo, che si limiti a definire taluni obblighi in capo agli operatori economici, va aggiunto che gli effetti distorsivi della concorrenza, in ipotesi predicabili, sono bilanciati dalla realizzazione di ulteriori interessi cui l’imposizione fiscale è diretta (per essere l’imposta di soggiorno, una imposta di scopo come chiarito dall’ultimo periodo dell’art. 4, comma 1, ove è previsto che il gettito sia “destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”).

11. Con il sesto motivo di ricorso (il quinto riproposto in sede d’appello) è contestato il regolamento per non aver previsto un periodo transitorio nell’applicazione dell’imposta per tutelare i rapporti contrattuali già insorti tra albergatori e clientela alla data di istituzione dell’imposta, con conseguente rimostranze da parte delle aziende convenzionate con le strutture alberghiere che si sono rifiutate di pagare l’imposta in relazione a periodo in convenzione o su prenotazioni già effettuate.

L’annullamento del regolamento con effetti ex tunc elide l’interesse all’esame di tale motivo di ricorso; all’atto dell’adozione del nuovo regolamento – ove il Comune intenda procedere in tal senso – valuterà nella sua discrezionalità i tempi di applicazione dell’imposta di soggiorno.

12. In conclusione, l’appello del Comune di Vergiate va respinto con conferma della sentenza impugnata. È respinta la domanda di condanna al risarcimento del danno e alla sanzione pecuniaria ex art. 26, comma 1, Cod. proc. amm., non riscontrandosi ragioni di responsabilità in capo all’amministrazione comunale che ha legittimamente sottoposto al giudice d’appello le proprie ragioni.

13. Le spese di lite sono compensate per la peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del presente grado del giudizio tra tutte le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore

Angela Rotondano, Consigliere

 
 
L’ESTENSOREIL PRESIDENTE
Federico Di MatteoCarlo Saltelli
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO