CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – Adunanza delle Sezioni riunite del 30 maggio 2023 – Numero 00292/2023 e data 31/05/2023 Spedizione
Numero 00292/2023 e data 31/05/2023 Spedizione
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Adunanza delle Sezioni riunite del 30 maggio 2023
NUMERO AFFARE 00069/2023
OGGETTO:
Presidenza della Regione Siciliana – Ufficio legislativo e legale.
Ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana proposto dal da T.G.S. Telegiornale di Sicilia s.r.l. avverso il “Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione a esposizione pubblicitaria” approvato dal Comune di Palermo con Delibera consiliare n. 244 del 28 luglio 2021, e il provvedimento prot. n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022; con domanda cautelare.
LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 7441/195.22.8 del 12 aprile 2023 con cui la Presidenza della Regione Siciliana – Ufficio legislativo e legale ha chiesto il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa sull’affare consultivo in oggetto;
esaminati gli atti e udita la relatrice, Consigliera Paola La Ganga;
Premesso e considerato
1. con ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, notificato al Comune di Palermo con pec del 23 novembre 2022 e, in pari data, trasmesso all’Ufficio legislativo e legale, la T.G.S. Telegiornale di Sicilia s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Gianfranco Pignatone e Roberto Pignatone, ha chiesto, previa sospensione cautelare, l’annullamento:
– del regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione a esposizione pubblicitaria, approvato dal Comune di Palermo con Delibera consiliare n. 244 del 28 luglio 2021;
– del provvedimento prot. n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022, con il quale è stata determinata in euro 12.862,80 l’indennità dovuta dalla ricorrente per l’anno 2021 e in euro 6.431,40 quella dovuta per il primo semestre 2022, ingiungendone il pagamento;
– nonché di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso o consequenziale e, in particolare, della determinazione dell’ammontare del CUP del Settore Tributi, richiamata nel predetto provvedimento.
2. Il ricorrente premette in fatto di esercitare l’attività di radiodiffusione televisiva in ambito regionale e di essere titolare della relativa concessione per l’impianto ubicato in Palermo, località Monte Pellegrino.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 160 del 2019, che, all’art. 1, comma 816, ha istituito il Canone unico patrimoniale (CUP), in sostituzione di vari proventi di natura tributaria e corrispettiva degli enti locali, il Comune di Palermo, con delibera consiliare n. 244 del 28 luglio 2021, ha emanato il regolamento impugnato, determinando, alla Tabella 2 dell’allegato B, per le occupazioni di suolo a Monte Pellegrino con antenne televisive, una tariffa di euro 71,46 per mq. che comporta un incremento di venti volte rispetto al canone precedente, peraltro già quantificato dallo stesso Comune per l’anno 2021 in euro 644,33 e regolarmente pagato dall’odierna ricorrente.
Preliminarmente la società sottolinea la tempestività del ricorso proposto avverso il regolamento comunale richiamando la giurisprudenza amministrativa formatasi in tema di impugnazione di norme regolamentari, secondo la quale l’interesse ad impugnare detti atti diviene attuale e concreto soltanto con l’adozione, a valle, dell’atto applicativo, che, nel caso di specie, è rappresentato dal provvedimento n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022 con il quale il Comune di Palermo, appunto, basandosi esclusivamente sul proprio regolamento, ha determinato il canone dovuto dalla ricorrente nell’importo di euro 12.862,80 per l’anno 2021 e di euro 6.431,40 per il primo semestre 2022, ingiungendone il pagamento, salva la detrazione del pagamento di euro 644,33, già eseguito.
3. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
I) contro il regolamento: violazione dell’art. 1, comma 831 bis, l. 160/2019.
Si evidenzia che, ancor prima dell’entrata in vigore del regolamento approvato con delibera n. 244 del 28 luglio 2021, che in base a quanto disposto dall’art. 10 delle preleggi, deve ritenersi avvenuta dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione, è stato introdotto, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, il comma 831 bis all’art. 1 della legge n. 160 del 2019, che prevede che «Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all’ articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».
Pertanto, il regolamento impugnato sarebbe illegittimo perché contrastante con tale disciplina sovraordinata.
II) Secondo motivo di ricorso contro il regolamento: violazione del principio di invarianza sancito dall’art. 1, comma 817, della legge 160 del 2019 – eccesso di potere (disparità di trattamento e manifesta irragionevolezza).
La ricorrente rileva che, anche qualora si ritenesse il regolamento impugnato idoneo a spiegare efficacia, lo stesso sarebbe illegittimo per violazione del principio di “invarianza” e per eccesso di potere connesso alla disparità di trattamento e manifesta irragionevolezza nella determinazione tariffaria.
Il c.d. principio di invarianza è sancito dal comma 817 dell’art. 1 della legge 160/2019, che stabilisce «Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe».
In ordine a quest’ultima facoltà concessa agli enti, si evidenzia che, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, sostenuta in giurisprudenza, detta modifica tariffaria può effettuarsi successivamente, e non mediante il regolamento di disciplina della nuova prestazione patrimoniale imposta. Nel regolamento impugnato, difatti, non vi è menzione della soglia di legge costituita dal gettito complessivo prodotto dalle entrate sostituite, né del dato specifico attinente alla voce tariffaria interessata, che costituiscono i parametri di riferimento del principio di invarianza.
Sotto il profilo dell’eccesso di potere, sub specie di irragionevolezza e disparità di trattamento, si contestano i macroscopici effetti prodotti dalla nuova voce tariffaria in questione, che comporta un incremento dell’indennità di circa venti volte rispetto a quella applicata in precedenza, con evidente sproporzione tra il sacrificio estremo di talune posizioni a vantaggio di altre, nell’ottica del principio generale della invarianza.
III) contro il provvedimento prot. n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022: illegittimità derivata.
Trattandosi di applicazione dei criteri dettati dal regolamento impugnato, i vizi di legittimità di questo si riverberano sull’atto applicativo.
IV) Secondo motivo di ricorso contro il provvedimento prot. n. AREG/822866/2022: violazione dell’art. 1, comma 831 bis, della legge n. 160/2019.
Il ricorrente sostiene che pur prescindendo dalla validità del regolamento, la sopravvenienza normativa di cui al citato comma 831-bis avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a conformarsi a quest’ultima, e non invece al suddetto regolamento di cui alla determina n. 244/2021, in parte qua superato dalla nuova norma primaria.
In via strettamente subordinata, qualora la nuova disposizione si ritenesse inapplicabile al periodo antecedente la sua entrata in vigore (31 luglio 2021), essa dovrebbe essere applicata, quanto meno, ai cinque mesi residui dell’anno 2021. Per le stesse ragioni, la ricorrente ritiene ancor più impropria l’applicazione delle disposizioni del regolamento al CUP dovuto per il primo semestre del successivo anno 2022.
Ritiene, inoltre, la ricorrente che ricorrano nel caso di specie i requisiti preposti all’accoglimento dell’istanza cautelare, stante che nelle more del giudizio, con riferimento al periodo afferente l’anno 2022, il Comune provvederà a quantificare gli importi dovuti anche per il secondo semestre.
4. Con pec del 19 dicembre 2022, il Comune di Palermo ha trasmesso documentazione ritenuta utile per la definizione del gravame, tra cui il parere dell’avvocatura comunale, prot. n. 286523 del 14 aprile 2022, concernente una fattispecie di concessione analoga e, successivamente, con pec del 5 gennaio 2023, ha controdedotto sui motivi del ricorso chiedendone il rigetto.
Completata l’attività istruttoria, l’Ufficio legislativo e legale ne ha dato comunicazione alla società ricorrente ricordandole della facoltà di esercitare il diritto di accesso agli atti per la produzione di eventuali memorie di replica, facoltà di cui la stessa si è avvalsa depositando il 28 marzo 2023 una memoria con la quale ha insistito nella domanda cautelare, dal momento che il Comune resistente ha già liquidato, sulla base del criterio di cui all’impugnata nota AREG/822866/2022, anche il canone fino al 31 dicembre 2023.
5. Il ricorso in esame in regola fiscalmente è ricevibile, in quanto proposto il 23 novembre 2022 e, quindi, entro i 120 giorni dalla data dall’adozione del provvedimento applicativo prot. n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022, idoneo a radicare l’interesse all’annullamento del regolamento.
5.1. Preliminarmente va affrontata la questione attinente all’irricevibilità per tardività del ricorso proposto avverso il regolamento comunale, approvato con Delibera consiliare n. 244 del 28 luglio 2021, sollevata dall’Ufficio legislativo e legale che ritiene che nel caso di specie, il regolamento sia del tipo c.d. “volizione-azione”perché contiene disposizioni suscettibili di arrecare una lesione immediata della sfera giuridica dei destinatari, trattandosi di norme regolamentari con carattere immediatamente precettivo, per cui la mancata impugnazione entro il prescritto termine di 120 giorni dalla pubblicazione ne comporta l’irricevibilità.
«Costituisce consolidato principio della giurisprudenza amministrativa – quale coerente conseguenza delle regole processuali sottese all’impugnazione in sede amministrativa che impongono, ai fini della sua ammissibilità, la sussistenza di un interesse concreto e attuale discendente dalla lesione arrecata dall’atto impugnato alla sfera giuridica del ricorrente – quello secondo il quale le norme regolamentari devono essere immediatamente ed autonomamente impugnate, in osservanza del termine decadenziale, solo laddove le stesse siano suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata, una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica di un determinato soggetto, mentre, nel caso di volizioni astratte e generali, suscettibili di ripetuta applicazione e che esplichino effetto lesivo solo nel momento in cui è adottato l’atto applicativo, la norma regolamentare non deve essere oggetto di autonoma impugnazione – la quale sarebbe peraltro inammissibile per difetto di una lesione concreta e attuale – ma deve essere impugnata unitamente al provvedimento applicativo di cui costituisce l’atto presupposto, in quanto solo quest’ultimo rende concreta la lesione degli interessi di cui sono portatori i destinatari, potendo, quindi, le norme regolamentari formare oggetto di censura in occasione dell’impugnazione dell’atto che ne fa applicazione. Segnatamente, quando le norme regolamentari si rivolgono direttamente ai privati, essendo immediatamente capaci di costituire un rapporto giuridico con essi, c’è non solo la facoltà, ma l’onere di impugnativa immediata; quando, invece, le norme non regolamentano la posizione del cittadino ma la condotta dell’Amministrazione, che la stessa deve seguire nell’esercizio della sua attività amministrativa, non c’è una lesione immediata per la sfera giuridica del cittadino e la facoltà di impugnazione maturerà solo con l’adozione di un atto applicativo» (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 18 gennaio 2023, n. 419; T.A.R. Palermo, Sicilia, sez. III, 11 marzo 2022, n.791).
Pertanto, soltanto con l’adozione dell’atto applicativo, a valle, dell’atto regolamentare sorge l’interesse ad impugnare anche quest’ultimo, infatti, sebbene i regolamenti comunali abbiano indubbia portata normativa, è solo con la presa di conoscenza del singolo atto applicativo, a valle, immediatamente lesivo della sfera del destinatario, che sorge l’onere di impugnare l’atto regolamentare e che comincia a decorrere il relativo termine decadenziale.
Con specifico riferimento, poi, a regolamenti istitutivi di canoni patrimoniali, è stato chiarito – sia per quanto attiene al Cosap che al canone non ricognitorio – che l’interesse a ricorrere si radica solo con l’atto applicativo, rilevando, in particolare, che «…sebbene il regolamento comunale impugnato, coerentemente con il suo nomen juris, ha indubbiamente contenuto normativo, in quanto individua, con previsioni generali e astratte, le tipologie di concessioni sottoposte al canone concessorio non ricognitorio, i relativi presupposti applicativi e i criteri di quantificazione del canone, d’altra parte è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l’interesse al ricorso, quanto la legittimazione a ricorrere (cfr., in analoga fattispecie, Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071…» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5750; nello stesso senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 15 maggio 2019, n. 3146; T.A.R. Lombardia, Milano, 1° agosto 2019, n. 1814) e ancora, «…L’atto applicativo, oltre a radicare l’interesse al ricorso, determina, inoltre, come si è accennato, anche la legittimazione a ricorrere. L’interesse all’annullamento del regolamento, invero, all’interno della “categoria” o della “classe” dei suoi potenziali destinatari è un interesse indifferenziato, seriale, adespota (nella sostanza un interesse diffuso): esso diventa interesse soggettivamente differenziato (e, quindi, interesse legittimo) solo nel momento in cui il regolamento è concretamente applicato nei confronti del singolo…» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071; nel medesimo senso, per la norma regolamentare sul COSAP: Consiglio di Stato, Sez. V, 13 novembre 2019, n. 7797; T.A.R. Lombardia, Sez. IV, 1° agosto 2019, n. 1814).
Nel caso di specie, lo stesso regolamento comunale impugnato all’art. 54, comma 2, nel disciplinare il regime transitorio rimanda all’ufficio comunale competente la determinazione e la comunicazione dei canoni dovuti; inoltre, si ritiene, conformemente a quanto già ritenuto dal T.ar. Palermo, Sez. III, con la sentenza n. 791 dell’11 marzo 2022 (sempre in materia di regolamento C.U.P.), che i motivi di censura attengano a previsioni generali e astratte, del regolamento comunale per la disciplina del canone unico patrimoniale, prive di attuale lesività per la sfera giuridica della parte ricorrente, in quanto destinate a operare in vista della futura determinazione e liquidazione del nuovo canone unico.
5.2. Sempre preliminarmente va valutata la giurisdizione sulla nota prot. n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022 impugnata.
La nota in questione contiene la richiesta di pagamento del canone da parte del Comune nei confronti della ricorrente, trattasi, da un lato, di un atto non provvedimentale, né autoritativo che, pertanto, non può essere annullato, dall’altro lato però, proprio questo atto nel presente giudizio consente di ritenere concreto ed attuale l’interesse di parte ricorrente all’impugnazione del regolamento comunale. Ne deriva che, nel caso di specie, non viene in esame una mera questione di determinazione del canone applicabile e di quantificazione dell’effettivo debito a carico della ricorrente, in ordine alla quale sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario, ma la contestazione, a monte, della legittimità della disciplina secondaria e attuativa sulla scorta della quale tale quantificazione è stata operata con la nota impugnata.
Pertanto, si ritiene ammissibile la proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Regione, salva esclusivamente la non annullabilità della nota in questione, non trattandosi di un provvedimento o atto amministrativo.
7. Nel merito l’oggetto della presente controversia concerne la conformità dell’impugnato regolamento comunale adottato dal Comune di Palermo, rispetto alla disciplina di cui alla legge n. 160 del 2019, con particolare riferimento alla novella legislativa costituita dal comma 831 bis, introdotto dall’art. 40, comma 5 ter, del d.l. n. 77 del 31 maggio 2021 convertito con modificazioni dalla legge n. 108 del 29 luglio 2021.
Il legislatore statale, con l’emanazione della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha introdotto il c.d. canone unico patrimoniale (CUP) stabilendo, all’art. 1, comma 816, che «a decorrere dal 2021 il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, ai fini di cui al presente comma e ai commi da 817 a 836, denominato “canone”, è istituito dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane, di seguito denominati “enti”, e sostituisce: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari e il canone di cui all’articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province. Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi». Il comma 817, quindi, precisa che «il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe» stabilendo la c.d. invarianza del gettito.
Il legislatore, infatti, con tale ultima norma ha inteso garantire agli Enti comunali lo stesso gettito complessivo che agli stessi derivava dall’applicazione dei previgenti istituti; per cui sembrerebbe che l’“invarianza” garantita dal legislatore non riguardi tanto il singolo rapporto concessorio o il singolo tributo o entrata patrimoniale, ma il complessivo gettito e, quindi, la complessiva entrata finanziaria che gli Enti comunali si vedevano garantita dall’applicazione dell’insieme di tutti gli istituti previgenti; «A tal fine, pertanto, con il comma 817, bilanciando il dovere di predeterminazione statuale della tariffa “standard”, al fine di garantire il rispetto dell’art. 23 Cost., con la necessità di salvaguardare gli spazi di autonomia finanziaria dei singoli Enti territoriali, in conformità agli artt. 117, 118 e 119 Cost., il legislatore ha, come detto, attribuito agli Enti medesimi il potere di disciplinare il canone in modo da assicurare l’invarianza di gettito anche eventualmente attraverso la modifica delle tariffe. L’interpretazione costituzionalmente orientata del comma 817, peraltro, al fine di evitare possibili contrarietà con l’art. 23 Cost., conduce inevitabilmente a ritenere il dato dell'”invarianza di gettito” quale limite “bidirezionale” per le determinazioni comunali: l’Ente, infatti, ha il potere di disciplinare il canone in modo da arrivare sino a tale soglia, ma non può superarla» (T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent. 29 novembre 2021, n. 1427).
Il successivo comma 821, prevede che il canone è disciplinato dagli enti, con apposito regolamento da adottare dal consiglio comunale o provinciale, ai sensi dell’articolo 52 del d. lgs. n. 446 del 1997.
Per quello che rileva in questa sede, il comma 831, prevede un’apposita disciplina «per le occupazioni permanenti del territorio comunale, con cavi e condutture, da chiunque effettuata per la fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la distribuzione ed erogazione di energia elettrica, gas, acqua, calore, di servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi e di altri servizi a rete» stabilendo un criterio basato sull’applicazione della tariffa non in relazione alla superficie occupata, ma al numero delle rispettive utenze moltiplicate, determinando così una tariffa forfettaria/utenza, con distinzione a seconda della dimensione del Comune; il legislatore, in ogni caso, ha previsto che l’ammontare del canone dovuto a ciascun ente non può essere inferiore a euro 800.
Infine, il legislatore, con l’art. 40, comma 5 ter, d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha introdotto, nell’ambito della legge n. 160/2019, l’art. 831 bis, che prevede che «gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al D.Lgs. 1agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell’articolo 93 del D.Lgs. n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all’articolo 5 del codice di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82».
In tal modo, il legislatore ha inteso modificare la recente normativa sopra richiamata introducendo una disciplina speciale ad hoc o, se vogliamo, di favore per gli operatori che forniscono servizi della medesima tipologia di quelli oggetto della presente controversia e che, proprio come nel caso che ci occupa, non rientrano nella previsione di cui al comma 831.
Il Comune di Palermo, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 52 del d. lgs. n. 446/1997 e del TUEL, d.lgs. n. 267/2000, ha approvato, con Delibera Consiliare n. 244 del 28 luglio 2021, il regolamento «per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria» ai sensi della legge 160/2019, articolo 1, commi 816-836 e 846-847.
Il titolo quarto di detto regolamento intitolato “tariffe canone, riduzioni, esenzioni” all’art. 24 disciplina i «Criteri per la determinazione del canone per le occupazioni di suolo pubblico» prevedendo la determinazione del canone sulla base della durata dell’occupazione, della superficie espressa in metri quadrati o lineari, della tipologia, delle finalità e delle zone occupate; mentre l’art. 32 «occupazioni per la fornitura di servizi di pubblica utilità» sancisce che «Per le occupazioni permanenti del territorio comunale, con cavi e condutture, da chiunque effettuata per la fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la distribuzione ed erogazione di energia elettrica, gas, acqua, calore, servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi e di altri servizi a rete, il canone è dovuto dal soggetto titolare dell’atto di concessione dell’occupazione del suolo pubblico e dai soggetti che occupano il suolo pubblico, anche in via mediata, attraverso l’utilizzo materiale delle infrastrutture del soggetto titolare della concessione, determinato forfettariamente con i criteri previsti dal comma 831 dell’art. 1 della L. 160/2019, come sostituito dall’art. 1, co. 848, L. 178/2020. 2. In ogni caso l’ammontare del canone dovuto a ciascun ente non può essere inferiore a euro 800».
In pratica detto articolo riproduce il suddetto comma 831 della l. 160/2019, senza nulla dire per «Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche» in ultimo disciplinati dal comma 831 bis della l. 160/2019.
Ricostruita la situazione normativa, nel caso che ci occupa, il Comune col provvedimento prot. n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022 impugnato, ha determinato in euro 12.862,80 l’indennità dovuta dalla ricorrente per l’anno 2021 ed in euro 6.431,40 quella dovuta per il primo semestre 2022 a fronte di quella in precedenza prevista di euro 644,33, dichiarando che lo stesso è stato individuato sulla base di un calcolo effettuato a metro quadrato e della disposizione specifica dea tariffa allegato B, tabella 2, del regolamento, la quale prevede appunto un canone di € 71,46 per metro quadrato proprio per la tipologia “Antenne area Montepellegrino”.
7.1. Il citato nuovo comma 1, 831-bis della l. n. 160/2019 introduce un nuovo canone patrimoniale, c.d. “canone antenne” per gli impianti (come quelli di cui è titolare la ricorrente) finalizzati alla «fornitura di servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259» che si differenzia da quello dovuto per l’occupazione del suolo comunale con cavi e condutture per la fornitura di servizi di pubblica utilità, disciplinata dal comma 831, in quanto è espressamente dichiarato che il canone c.d. “antenne” si applica alle occupazioni che «non rientrano nella previsione di cui al comma 831» prevedendo, invece, un canone fisso di 800 euro, non modificabile dall’ente, che prescinde dalla superficie realmente occupata dall’impianto e dal numero delle utenze.
Altro problema da affrontare preliminarmente è quello della decorrenza dell’applicabilità del disposto del citato comma 831 bis dell’art. 1 della l. n. 160/2019, il cui ultimo periodo individua nel 30 aprile di ciascun anno il termine di versamento del canone in questione, mentre la nuova previsione, contenuta nella legge di conversione del d.l n. 77 del 2021, del 29 luglio 2021, n. 108, è entrata in vigore il 31 luglio 2021, giorno successivo a quello di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 181del 30 luglio 2021 – Supplemento Ordinario n. 26), in quanto, come si avverte espressamente in calce alla normativa, a norma dell’art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), «le modifiche apportate dalla presente legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione».
Inoltre, come ha evidenziato l’ANCI (parere 2 novembre 2021), la novità introdotta è intervenuta in un momento successivo rispetto al termine per l’approvazione delle tariffe del Canone Unico, coincidente con il termine di approvazione dei bilanci di previsione, il 31 maggio 2021 per la generalità gli enti, il 31luglio 2021 per quelli che hanno fatto ricorso al Fondo anticipazione liquidità. Questa circostanza fa deporre per l’applicabilità della nuova disciplina a decorrere dall’anno 2022, senza che possa emergere alcun diritto al ricalcolo o al rimborso dell’importo già versato entro il 30 aprile 2021, in quanto la retroattività della norma non è espressamente prevista, come non è prevista la correlata e necessaria copertura finanziaria.
7.2 All’esito delle argomentazioni esposte il ricorso è fondato trovando pieno accoglimento i motivi di illegittimità ascritti al regolamento comunale.
È evidente che il regolamento comunale, adottato con delibera consiliare il 27 luglio 2021, contiene una disciplina del CUP per le antenne radiotelevisive del tutto antitetica a quella appositamente dettata dal comma 831 bis dell’art. 1 l. n. 160/2019 che prevede per gli impianti di radiodiffusione un C.U.P. fisso di euro 800.
Del regolamento, approvato con la delibera consiliare n. 244 del 28 luglio 2021, non è dato sapere con certezza quando sia stato pubblicato ma, comunque, anche ipotizzando che detto adempimento pubblicitario fosse stato eseguito il medesimo giorno dell’adozione della delibera, ai sensi dell’art. 10 delle preleggi, è entrato in vigore, sia pure con declaratoria di efficacia retroattiva al 1° gennaio 2021 ai sensi dell’art. 55 “Disposizioni finali”, quindici giorni dopo la sua pubblicazione (12 agosto 2021); diversamente se si ritiene il regime di pubblicazione delle delibere aventi ad oggetto l’approvazione del regolamento assorbita nelle regole generali di cui agli artt. 124 e 134 del TUEL (affissione per quindici giorni all’Albo Pretorio ed entrata in vigore dopo il decimo giorno dall’inizio della pubblicazione) lo stesso è entrato in vigore il 7 agosto 2021, comunque, nell’un caso o nell’altro, sempre successivamente alla normativa statale.
Ne deriva che il regolamento comunale è illegittimo per violazione dell’art. 1, comma 831 bis della l. n. 160/2019, in quanto non prevede il più vantaggioso canone antenne di euro 800 con decorrenza dall’anno 2022, per quanto detto al punto 7.1.
8. Il secondo motivo con il quale la ricorrente contesta la violazione del principio di invarianza di cui al comma 817 dell’art. 1 della legge n. 160/2019 risulta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di gravame.
Detto comma sancisce che «Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe»; nelregolamento impugnato, difatti, non vi è menzione della soglia di legge costituita dal gettito complessivo prodotto dalle entrate sostituite, né del dato specifico attinente alla voce tariffaria interessata, che costituiscono i parametri di riferimento del principio di invarianza.
«Il legislatore ha infatti chiaramente delimitato il potere dei Comuni nel senso di ritenere l’invarianza in aumento del gettito quale limite alle determinazioni comunali, sicché l’ente ha il potere di disciplinare le tariffe del CUP senza tuttavia poter superare la soglia predefinita del gettito. Diversamente opinando, infatti, la disciplina verrebbe ad essere sospettata di incostituzionalità, per violazione degli artt. 23 e 119 Cost., non avendo il legislatore statale indicato parametri e limiti specifici ulteriori per delimitare il potere di determinazione in aumento del canone da parte dei Comuni» (cfr. TAR Veneto, Sez. III, 29 novembre2021, n. 1428).
Nel caso che ci occupa, il ricorrente avrebbe dovuto provare che il Comune di Palermo non ha fatto buon uso della discrezionalità amministrativa attribuitale dal comma 817 della l. n. 160/2019, dimostrando quanto dice che nel regolamento impugnato, l’ente ha determinato il CUP senza prima determinare la soglia del gettito conseguito nel 2020 dalle entrate sostituite, né del dato specifico attinente alla voce tariffaria interessata, che costituiscono i parametri di riferimento del principio di invarianza
9. Infine, anche il motivo con il quale si eccepisce l’illegittimità derivata della nota prot. n. AREG/822866/2022 del 27 luglio 2022 è fondato, essendo ovvio che l’illegittimità del regolamento vizi anche l’atto, a valle, che di esso ne dà applicazione, e che comunque l’atto è stato adottato in violazione dell’art. 1, comma 831 bis della l.n. 160 del 2019, ma non trattandosi di un provvedimento amministrativo non può essere annullato in questa sede rimettendo l’adempimento sul punto all’amministrazione comunale.
P.Q.M.
IL SEGRETARIO
Giuseppe Chiofalo