Primo Pianotributi in genere

Comuni e finanza comunale

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La legge n. 35 del 2022 è intervenuta sul testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del
2000) in materia di terzo mandato dei sindaci (il divieto di terzo mandato scatta per i comuni al di sopra
di 5.000 abitanti e non più fino a 3.000) e di controllo di gestione dei piccoli comuni. Si interviene, inoltre,
in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico.
Sulla materia è intervenuta anche la legge di bilancio 2022, che ha previsto l’incremento dell’indennità
di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci dei comuni delle regioni a statuto ordinario. Esse sono
parametrate al trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni. Sempre con la legge di
bilancio 2022 è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno un Fondo con una
dotazione finanziaria pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, per l’adozione di
iniziative degli enti locali per la promozione della legalità, nonché di misure di ristoro del patrimonio
dell’ente o in favore degli amministratori locali vittime di atti intimidatori.
Riguardo all’assetto della finanza comunale, nel corso della XVIII legislatura il legislatore è intervenuto
più volte sulla fiscalità dei comuni, introducendo, in particolare, una complessiva riforma dell’assetto
dell’imposizione immobiliare locale. Sono state, inoltre, significativamente modificate la disciplina della
TARI e complessivamente riformata la riscossione degli enti locali.
E’ stata, inoltre, apportata una revisione anche del sistema di alimentazione e di riparto del Fondo di
solidarietà comunale, attraverso il quale si attua la perequazione fiscale delle risorse del comparto sulla
base dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali. In particolare, si è provveduto, da un lato, ad
incrementare la dotazione del Fondo a disposizione per la perequazione, con contributi statali aggiuntivi;
dall’altro, a ridefinire un percorso più graduale di progressione del meccanismo perequativo, con la
previsione del raggiungimento del 100 per cento della perequazione nell’anno 2030 (in luogo dell’anno
2021 prima previsto).
Con le ultime due leggi di bilancio, la dotazione del Fondo di solidarietà comunale è stata incrementata
al fine di destinare risorse aggiuntive perequative al finanziamento di specifiche funzioni fondamentali in
ambito sociale (in particolare, per il potenziamento dei servizi sociali, del servizio asili nido e del servizio
di trasporto scolastico di alunni con disabilità), da ripartirsi tenendo conto dei fabbisogni standard. Le
norme prevedono la determinazione di specifici “obiettivi di servizio” da raggiungere e l’attivazione di un
sistema di monitoraggio e di rendicontazione dell’utilizzo delle risorse assegnate, al fine di assicurare
che le risorse aggiuntive siano effettivamente destinate al potenziamento dei predetti servizi.
Sul fronte della spesa, va segnalato la tendenza espansiva degli investimenti dei comuni manifestatasi
nel corso della XVIII legislatura, anche a seguito del venir meno della legislazione vincolistica che si era
stratificata con il patto di stabilità interno. Il recupero della capacità di investimento dei comuni
rappresenta un elemento fondamentale per la ripresa economica del Paese dopo la pandemia nonché
per l’attuazione del PNRR, che attribuisce agli enti territoriali, quali soggetti attuatori, il ruolo di investitori
pubblici di una parte consistente (oltre 66 miliardi) degli stanziamenti legati al Piano (di cui 28,32 per
Comuni e Città metropolitane)

 

Profili ordinamentali
La legge n. 35 del 2022
La legge 12 aprile 2022, n. 35 ha introdotto modifiche al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni in materia di status e funzioni
degli amministratori locali, di semplificazione dell’attività amministrativa e di finanza locale.
Il testo reca le seguenti disposizioni:
articolo 1 che dispone l’inconferibilità degli incarichi amministrativi di vertice negli enti di diritto
privato in controllo pubblico in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione;
attualmente l’inconferibilità è prevista per gli incarichi dirigenziali e di amministratore in tali enti;
articolo 2 che introduce una semplificazione contabile per i comuni con meno di 5.000 abitanti, per i
quali viene eliminato l’obbligo di effettuare il controllo di gestione previsto dal comma 1
dell’articolo 196 del TUEL.
articolo 3 che eleva da due a tre il limite dei mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti (come in precedenza consentito ai comuni fino a 3.000
abitanti). Per i sindaci dei comuni con 5.000 o più abitanti rimane il limite di due mandati consecutivi.
Inoltre, viene definito il divieto di terzo mandato (o di quarto mandato per in comuni sotto soglia) una
causa di incandidabilità e non di ineleggibilità.
Per quanto riguarda l’iter parlamentare, le Commissioni riunite I Affari costituzionali e V Bilancio della
Camera avevano avviato il 17 ottobre 2019 l’esame in sede referente della proposta di legge A.C. 1356 on.
Pella , cui sono state successivamente abbinate le proposte di legge A.C. 2071 on. Silvestroni e A.C. 2240
on. Ciaburro. Rispetto alla fase iniziale di esame del provvedimento, composto di 36 articoli, sono
successivamente intervenute una serie di modifiche normative che hanno riguardato diverse disposizioni
recate dal progetto di legge.
Nella seduta del 2 novembre 2021 – tenuto conto del lavoro svolto in seno al Comitato ristretto – sono stati
approvati una serie di emendamenti da parte delle Commissioni riunite I e V, risultando al termine il testo
composto da tre articoli.
Amministratori locali vittime di atti intimidatori
La legge di bilancio 2022 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno un Fondo con una
dotazione finanziaria pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, per l’adozione di
iniziative degli enti locali per la promozione della legalità, nonché di misure di ristoro del patrimonio dell’ente
o in favore degli amministratori locali vittime di atti intimidatori (L. 234/2021, art. 1, comma 589).
Le risorse così stanziate sono destinate a consentire agli enti locali l’adozione di:
iniziative per la promozione della legalità;
misure di ristoro del patrimonio dell’ente o in favore degli amministratori locali che hanno subito episodi
di intimidazione connessi all’esercizio delle funzioni istituzionali esercitate.
La disposizione rinvia i criteri e le modalità di ripartizione del Fondo ad un decreto del Ministro
dell’interno, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge con il concerto del
Ministro dell’istruzione e del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed
autonomie locali.
Indennità degli amministratori locali
La legge di bilancio 2022 ha previsto che l’indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci
dei comuni delle regioni a statuto ordinario sia parametrata al trattamento economico complessivo
dei presidenti delle regioni. L’incremento è adottato in misura graduale per il 2022 e 2023 e in misura
permanente a decorrere dal 2024. Anche le indennità di funzione dei vicesindaci, assessori e presidenti dei
consigli comunali sono adeguate alle indennità di funzione dei corrispondenti sindaci con l’applicazione delle
percentuali vigenti (L. 234(2021, articolo 1, commi 583-587).
A decorrere dal 2024 l’indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci dei comuni ubicati
nelle regioni a statuto ordinario è parametrata al trattamento economico complessivo dei presidenti delle
regioni secondo determinate percentuali. Tale trattamento è attualmente pari a 13.800 euro lordi mensili,
secondo quanto definito dalla Conferenza Stato – regioni con le delibere del 30 ottobre 2012 e 6 dicembre
2012, n. 235, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174.
Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 ha introdotto diverse disposizioni volte alla riduzione dei costi della politica
prevedendo, tra l’altro, che la definizione dell’importo dell’indennità di funzione e dell’indennità di carica, nonché delle
spese di esercizio del mandato, dei consiglieri e degli assessori regionali, spettanti in virtù del loro mandato, debba
essere determinata in modo tale che non ecceda complessivamente l’importo riconosciuto dalla Regione più
virtuosa, individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano entro il 10 dicembre 2012 (comma 1 lett. b).
Le percentuali delle indennità massime sono stabilite dalla legge di bilancio come segue, in rapporto al
trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni:
100 per cento (pari a 13.800 euro) per i sindaci metropolitani;
Si ricorda che ai sensi dell’art. 14, commi 19 e seguenti, della legge 57/2014 il sindaco metropolitano è di
diritto il sindaco del comune capoluogo. In alternativa, la medesima legge prevede che lo statuto della città
metropolitana possa prevedere l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema
elettorale determinato con legge statale. È inoltre necessario, affinché si possa far luogo a elezione del
sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, procedere ad articolare il territorio del comune
capoluogo in più comuni.
80 per cento (pari a 11.040 euro) per i sindaci dei comuni capoluogo di regione e per i sindaci dei
comuni capoluogo di provincia con popolazione superiore a 100.000 abitanti;
70 per cento (pari a 9.660 euro) per i sindaci dei comuni capoluogo di provincia con popolazione fino a
100.000 abitanti;
45 per cento (pari a 6.210 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti;
35 per cento (pari a 4.830 euro) per i sindaci comuni con popolazione da 30.001 a 50.000 abitanti;
30 per cento (pari a 4.140 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione da 10.001 a 30.000 abitanti;
29 per cento (pari a 4.002 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione da 5.001 a 10.000 abitanti;
22 per cento (pari a 3.036 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione da 3.001 a 5.000 abitanti;
16 per cento (pari a 2.208 euro) per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
La popolazione presa in considerazione è quella risultante dall’ultimo censimento ufficiale.
Si prevede inoltre che l’incremento dell’indennità di funzione dei sindaci sia adottato in misura
graduale per il 2022 e 2023.
Per la prima applicazione la predetta indennità di funzione è adeguata al 45 per cento nell’anno 2022 e
al 68 per cento nell’anno 2023 “delle misure indicate alle lettere precedenti” (tali lettere recano percentuali
che si applicano al valore di riferimento del trattamento dei presidenti di regione).
Al contempo la disposizione relativa alla fase di prima applicazione prevede che, a decorrere dall’anno
2022, l’indennità possa essere corrisposta nelle integrali misure di cui sopra, nel “rispetto pluriennale
dell’equilibrio di bilancio”.
Anche le indennità di funzione dei vicesindaci, assessori e presidenti dei consigli comunali sono
adeguate alle indennità di funzione dei corrispondenti sindaci come incrementate per effetto di quanto
sopra, con l’applicazione delle percentuali vigenti previste dal decreto del Ministro dell’interno del 4 aprile
2000, n. 119.
L’ammontare dell’indennità del vicesindaco, degli assessori e del presidente del consiglio comunale è
attualmente proporzionale a quella dei sindaci, in una misura che varia in rapporto alla classe demografica
dell’ente locale: dal 15 al 75 % per il vicesindaco, dal 10 al 65%, per il presidente del consiglio comunale dal
5 al 10% per i comuni fino a 15.00 abitanti, per quelli con popolazione superiore è corrisposta un’indennità
mensile di funzione pari a quella degli assessori di comuni della stessa classe demografica.
Il maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione dell’incremento delle indennità di funzione
viene valutato in 100 milioni di euro per l’anno 2022, 150 milioni di euro per l’anno 2023, e 220 milioni
di euro a decorrere dall’anno 2024. A fronte di tali spese si provvede all’incremento del fondo istituito per
coprire l’incremento dell’indennità dei sindaci dei piccoli comuni prevista dall’articolo 57-quater, comma 2,
del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124. Tale disposizione ha disposto che la misura dell’indennità di
funzione spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti è incrementata fino all’85 per
cento della misura dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.
A titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione
dell’incremento dell’indennità previsto da tale disposizione, è istituito, nello stato di previsione del
Ministero dell’interno, un apposito fondo con una dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere
dall’anno 2020. Il fondo è ripartito tra i comuni interessati con decreto del Ministro dell’interno, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie
locali. La ripartizione del fondo tra i comuni interessati è demandata ad un decreto del Ministro
dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la
Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Il comune beneficiario è tenuto a riversare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato l’importo
del contributo non utilizzato nell’esercizio finanziario (comma 587).
Altre proposte esaminate
Nel corso della Legislatura sono state esaminate, ma non approvate definitivamente, altre proposte in
materia di enti locali. In particolare:
le proposte di legge A.C. 474 e A.C. 1512 in materia di scioglimento dei Consigli degli enti locali per
infiltrazioni mafiose
le proposte di legge A.C. 1430 e A.C. 2404 in materia di circoscrizioni di decentramento comunale, con
l’obiettivo di estendere l’ambito dei comuni interessati a forme, obbligatorie o facoltative, di riparto
circoscrizionale
la proposta di legge A.C. 3144, approvata dal Senato il 26 maggio 2021, che reca modifiche al testo
unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, al testo unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e alla legge 25 marzo 1993, n. 81, concernenti il computo dei
votanti per la validità delle elezioni comunali e il numero delle sottoscrizioni per la presentazione dei
candidati alle medesime elezioni.
La fiscalità comunale: la componente immobiliare
Il sistema della fiscalità comunale, che nel corso degli anni è stato reso estremamente stratificato e
complesso, oggi poggia sulle seguenti principali imposte:
l’imposta municipale propria-Imu (nella quale è confluita la Tasi);
la tassa sui rifiuti-Tari;
l’addizionale comunale all’Irpef.
A queste si aggiungono, oltre ai trasferimenti non fiscalizzati e alle entrate a titolo di Fondo di solidarietà
comunale (per le quali si rinvia al paragrafo successivo), le seguenti ulteriori entrate locali:
l’imposta di soggiorno (o il contributo di sbarco);
l’addizionale comunale sui diritti di imbarco;
l’imposta di scopo – Iscop;
il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (che ha sostituito la
tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche-Tosap, il canone per l’occupazione di spazi e aree
pubbliche-Cosap, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni-IcpDpa, il
canone per l’installazione di mezzi pubblicitari-Cimp e il canone di cui all’articolo 27 del codice della
strada);
il canone di concessione per l’occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al
patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate.
L’IMU e il canone unico
Il decreto-legge Aiuti-quater (articolo 12, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 176 del 2022) esenta dal
pagamento della seconda rata dell’IMU 2022 gli immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati
a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, a condizione che i relativi proprietari
siano anche gestori delle attività ivi esercitate.
La legge di bilancio 2023 prevede l’esenzione dal pagamento dell’IMU gli immobili non utilizzabili né
disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di
violazione di domicilio e invasione di terreni o edifici (rispettivamente articoli 614, secondo comma, o
633 del codice penale) o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione
giudiziaria penale.
Il medesimo provvedimento (commi 834-835) modifica la disciplina dell’IMU al fine di prevedere che per la
regione autonoma Friuli Venezia-Giulia si applichi, a decorrere dal 1° gennaio 2023, la legge regionale 14
novembre 2022, n. 17, riguardante l’imposta locale immobiliare autonoma (ILIA) e che, analogamente
all’IMU, all’IMI e all’IMIS delle Province autonome, l’ILIA dovuta per gli immobili strumentali sia deducibile dal
reddito di impresa e dal reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni, a decorrere dal periodo di
imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022.
Si incide inoltre (comma 837) sulla disciplina dei poteri dei Comuni in materia di IMU, contenuta nella
legge di bilancio 2020. Si affida a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la
Conferenza Stato-città e autonomie locali, la possibilità di modificare o integrare le fattispecie per cui
i Comuni possono diversificare le aliquote IMU. Inoltre si interviene sugli adempimenti relativi ad
aliquote e regolamenti IMU da parte dei Comuni; a decorrere dal primo anno di applicazione obbligatoria
del prospetto delle aliquote (da inserire nel Portale del federalismo fiscale entro specifici termini di legge, al
fine di trovare applicazione nell’anno di riferimento), in mancanza di una delibera approvata e pubblicata nei
termini di legge, si applicano le aliquote di base IMU e non quelle vigenti nell’anno precedente.
La legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 738 a 783 della legge n. 160 del 2019) aveva
precedentemente riformato l’assetto dell’imposizione reale immobiliare, unificando le due previgenti
forme di prelievo – IMU e TASI – e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo, relativo
all’Imposta Municipale Propria – IMU.
Tale disciplina ha sostanzialmente recepito le proposte già avanzate in sede parlamentare e giunte
all’esame delle competenti Commissioni permanenti; si tratta dell’A.C. 1429, cui sono stati successivamente
abbinati l’A.C. 1904 e l’A.C. 1918.
Con riferimento alla disciplina positiva dell’imposta, il presupposto dell’imposta è rappresentato dal
possesso di immobili, ad eccezione degli immobili qualificati come abitazioni principali o assimilate salvo
che questi ultimi non rientrino nelle categorie A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (ville) o A9 (castelli e
palazzi eminenti). L’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei
quali si è protratto il possesso.
Per gli immobili di tali categorie adibite ad abitazione principale l’aliquota di base e per le relative
pertinenze è pari allo 0,5 per cento e il comune, con deliberazione del consiglio comunale, può aumentarla
di 0,1 punti percentuali o diminuirla fino all’azzeramento. Dall’imposta si detraggono, fino a concorrenza del
suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione
Il soggetto attivo dell’imposta è il comune con riferimento agli immobili la cui superficie insiste,
interamente o prevalentemente, sul territorio del comune stesso. I soggetti passivi dell’imposta sono i
possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto,
uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi.
La base imponibile dell’imposta è costituita dal valore degli immobili. Per i fabbricati iscritti in
catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in
catasto, vigenti al 1°gennaio dell’anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento alcuni moltiplicatori
(per gli immobili ordinariamente accatastate come abitazioni, appartenenti al gruppo A, il moltiplicatore è
160).
Per gli immobili diversi dall’abitazione principale, che, come detto non sono presupposto d’imposta,
l’aliquota di base è pari allo 0,86 per cento, sostanzialmente la somma delle precedenti IMU e TASI, e
può essere aumentata con deliberazione del consiglio comunale, sino all’1,06 per cento o diminuita fino
all’azzeramento.
Per quanto riguarda i fabbricati rurali ad uso strumentale l’aliquota è dello 0,1 per cento e i comuni
possono solo ridurla fino all’azzeramento; i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla
vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, sono esenti dall’IMU; per i terreni
agricoli è pari allo 0,76 per cento e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla
sino all’1,06 per cento o diminuirla fino all’azzeramento; per gli immobili ad uso produttivo classificati nel
gruppo catastale D l’aliquota di base è pari allo 0,86 per cento, di cui la quota pari allo 0,76 per cento è
riservata allo Stato, e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino all’1,06
per cento o diminuirla fino al limite dello 0,76 per cento.
Quanto alle modalità e ai termini di pagamento i soggetti passivi effettuano il versamento dell’imposta
dovuta al comune per l’anno in corso in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre.
Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell’imposta complessivamente
dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. Il versamento della prima rata è
pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno
precedente. Sono state introdotte modalità telematiche di pagamento.
La legge di bilancio 2020, tra le principali innovazioni:
ha concesso di dedurre completamente l’IMU sugli immobili strumentali già dal 2022, rimodulando le
deduzioni per gli anni 2020 e 2021 (rispettivamente pari al 60 per cento)
ha precisato che il diritto di abitazione assegnata al genitore affidatario è considerato un diritto reale ai
soli fini dell’IMU;
ha chiarito gli effetti tributari delle variazioni di rendita catastale (quelle intervenute in corso d’anno, a
seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se
antecedente, dalla data di utilizzo);
ha precisato il valore delle aree fabbricabili (è quello venale al 1° gennaio ovvero dall’adozione degli
strumenti urbanistici in caso di variazione in corso d’anno);
ha consentito ai comuni di affidare, fino alla scadenza del contratto, la gestione dell’IMU ai soggetti ai
quali, al 31 dicembre 2019, era affidato il servizio di gestione della vecchia IMU o della TASI.
La medesima disposizione aveva inoltre eliminato la possibilità di avere due abitazioni principali, una nel
comune di residenza di ciascun coniuge, ma tale disposizione è stata dichiarata costituzionalmente
illegittima con la sentenza 209/2022 della Corte Costizuionale.
In particolare la Corte Costituzionale, con la citata sentenza, ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma
2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 nella parte in cui si riferisce al nucleo familiare, ritenendolo
in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione. L’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme,
in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli
immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, Dl 201/2011) e che
prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse
(comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021).
Quanto agli introiti dell’IMU, si ricorda che è riservato allo Stato il gettito dell’IMU derivante dagli immobili
ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota dello 0,76 per cento.
La medesima legge di bilancio 2020 ha istituito, dal 2021, il cd. canone unico patrimoniale di
concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, per riunire in una sola forma di prelievo le
entrate relative all’occupazione di aree pubbliche e la diffusione di messaggi pubblicitari, e il canone unico
patrimoniale di concessione per l’occupazione nei mercati, che dal 2021 sostituisce la TOSAP, il
COSAP e, limitatamente ai casi di occupazioni temporanee, anche la TARI.
Con riferimento all’IMU, accanto alle misure di natura transitoria legate all’emergenza da COVID-19, si
ricorda che la legge di bilancio 2021 ha introdotto una modifica operante a regime che prevede la
riduzione a metà dell’IMU dovuta sull’unica unità immobiliare, purché non locata o data in comodato d’uso,
posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che
siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l’Italia. Per tali immobili la
TARI o l’equivalente tariffa è applicata nella misura di due terzi (commi 48-49).
Simile all’IMU nella struttura e nei lineamenti fondamentali è l’IVIE, istituita dal decreto-legge n. 201 del
2011, che grava sugli immobili siti all’estero.
La TARI
La tassa sui rifiuti (TARI) è il tributo destinato a finanziare – mediante copertura integrale dei costi – il
servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo
locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. In via transitoria, la superficie delle unità
immobiliari assoggettabile alla TARI è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di
produrre rifiuti urbani e assimilati.
I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio
pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura
di corrispettivo.
La TARI è stata introdotta dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 per sostituire il precedente tributo
comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva
preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di
natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2). La legge di bilancio per il 2020, nel ridisciplinare l’imposizione
immobiliare locale, ha fatto salve la TARI e la relativa disciplina.
Per la determinazione della tariffa sono stati applicati i criteri determinati con DPR 158 del 1999 (cd.
metodo normalizzato) ovvero, in via transitoria, è stato consentito ai comuni di commisurare la tariffa alle
quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia
delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.
Entro il termine per l’approvazione del bilancio di previsione il consiglio comunale deve approvare le tariffe
in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che
svolge il servizio.
Il decreto legge n. 124 del 2019 ha prorogato fino a diversa regolamentazione disposta dall’Autorità di
regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) tale modalità di commisurazione della tariffa sulla base del
criterio medio-ordinario (in luogo dell’effettiva quantità di rifiuti prodotti). Il provvedimento ha disposto
l’accesso a condizioni tariffarie agevolate alla fornitura del servizio di gestione integrato dei rifiuti urbani e
assimilati per gli utenti domestici che si trovino in condizioni economico-sociali disagiate.
La legge di bilancio 2018 (legge 205 del 2017, comma 527) ha affidato ad Arera il compito di regolare il
settore dei rifiuti, con riguardo al miglioramento del servizio agli utenti, all’omogeneità tra le aree del Paese,
alla valutazione dei rapporti costo-qualità e all’adeguamento infrastrutturale.
Con delibera 31 ottobre 2019 443/2019/R/rif, modificata da successive delibere dell’ARERA volte a tenere
in a tenere in considerazione gli effetti dell’emergenza COVID-19 (v. delibera n. 238/2020 e delibera 24
novembre 2020, n. 493), è stato quindi definito il nuovo metodo tariffario del servizio integrato di
gestione dei rifiuti. In particolare, l’articolo 2 definisce le seguenti componenti tariffarie del servizio
integrato di gestione dei rifiuti urbani:
a) costi operativi, intesi come somma dei costi operativi di gestione delle attività di spazzamento e di
lavaggio, di raccolta e di trasporto di rifiuti urbani indifferenziati, di trattamento e di smaltimento, di raccolta e
di trasporto delle frazioni differenziate, di trattamento e di recupero, nonché di oneri incentivanti il
miglioramento delle prestazioni;
b) costi d’uso del capitale; intesi come somma degli ammortamenti delle immobilizzazioni, degli
accantonamenti ammessi al riconoscimento tariffario, della remunerazione del capitale investito netto
riconosciuto e della remunerazione delle immobilizzazioni in corso;
c) componente a conguaglio relativa ai costi delle annualità 2018 e 2019.
La determinazione delle componenti tariffarie è effettuata in conformità al predetto metodo Tariffario, di cui
all’Allegato A della delibera.
Si prevede un primo periodo di regolazione dal 1° aprile 2020 al 31 dicembre 2023 (in modo sperimentale
per tutto il 2020). Per i Comuni sotto i 5 mila abitanti il muovo metodo si applica dal gennaio 2021.
Il comma 5-quinquies dell’articolo 3 del D.L. 228/2021 prevede che, a decorrere dal 2022, i comuni, in
deroga alla disciplina vigente, possono approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le
tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il termine del 30 aprile di ciascun anno)
L’articolo 43, comma 11, del D.L. 50/2022, prevede che, qualora il termine di deliberazione del bilancio di
previsione del comune venga prorogato a una data successiva al 30 aprile dell’anno di riferimento, il
termine per l’approvazione dei piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, delle tariffe e dei
regolamenti della TARI, nonché della tariffa corrispettiva, coincida con quello per la deliberazione del
bilancio di previsione. Qualora l’approvazione o la modifica di provvedimenti relativi alla TARI o alla tariffa
corrispettiva intervengano dopo l’approvazione del proprio bilancio di previsione, si dispone che il comune
provveda ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile.
Si fa notare che, ai sensi del D.M. 28 giugno 2022, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione
riferito al triennio 2022/2024 da parte degli enti locali è stato differito al 31 luglio 2022.
Si ricorda altresì che l’art. 40, comma 5-ter, del D.L. 50/2022, disciplina la possibilità, per i comuni, di
operare riduzioni delle tariffe della Tari e della Tari corrispettiva per l’esercizio 2022.
Con riferimento alla riscossione degli enti locali si rinvia al tema sull’accertamento e sulla riscossione dei
tributi e al relativo focus.
Una quantificazione delle entrate tributarie del comparto dei comuni è fornita nel documento allegato
all’Audizione della Viceministra Castelli presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del
federalismo fiscale (svoltasi il 9 giugno 2021), in cui sono riportati i dati di gettito delle principali entrate su
base annua (riferiti alle annualità precedenti il 2020):
in miliardi di euro
IMU/TASI 1 16,00
Addizionale comunale IRPEF 5,00
TARI/TARIC 10.00
Imposta di soggiorno
2 0,55
TOSAP/COSAP
3 0,85
Imposta pubblicità
3 0,42
Totale comuni 32,82
1 dal 2020 il gettito TASI è incluso nell’IMU
2 include anche il gettito del contributo di soggiorno (Roma) re del contributo di sbarco (isole minori)
3 dal 2021 TOSAP/COSAP, imposta di pubblicità e canone di pubblicità sono sostituiti dal canone unico patrimoniale
Con riferimento al 2021, il Bollettino delle entrate tributarie registra un gettito IMU pari a circa 17 miliardi
(comprensiva di IMIS e IMI, rispettivamente relative alla Provincia autonoma di Trento e a quella di Bolzano)
e un gettito dell’addizionale comunale Irpef pari a circa 4,8 miliardi.
Il Fondo di solidarietà comunale e la perequazione
Il Fondo di solidarietà comunale costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni, alimentato con una
quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi, le cui risorse vengono distribuite con funzioni sia di
compensazione delle risorse attribuite in passato, sia di perequazione, in un’ottica di progressivo
abbandono della spesa storica.
Esso è stato istituito nel 2013 (dall’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012) in sostituzione
dell’originario Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal decreto legislativo n. 23/2011,
attuativo della legge delega sul federalismo fiscale, costituito nel 2011 con una dotazione di 8,4 miliardi di
euro, ad esito della fiscalizzazione dei trasferimenti erariali.
Il sistema di perequazione nella distribuzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale è stato
avviato nel 2015 – sia pure per i soli comuni delle regioni a statuto ordinario – sulla base dei fabbisogni
standard e delle capacità fiscali. La normativa vigente prevede un aumento progressivo negli anni della
percentuale di risorse da distribuire tra i comuni con i criteri perequativi, in coerenza con un principio di
gradualità nella sostituzione del modello basato sulla spesa storica.
La dotazione del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata attraverso una quota dell’IMU, di
spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. La quota di alimentazione a carico dei comuni è
attualmente pari al 22 per cento del gettito IMU ad aliquota di base (per un ammontare complessivo di 2,8
miliardi di euro).
Dal 2016, a seguito del regime di esenzioni IMU e TASI introdotto con la legge n. 208/2015, nella
dotazione del Fondo è stata introdotta una quota c.d. “ristorativa” delle relative perdite di gettito (quantificata
in circa 3,8 miliardi di euro), che non partecipa al meccanismo perequativo, ma viene ripartita tra i comuni in
misura puntuale (sulla base del gettito effettivo IMU e Tasi relativo all’anno 2015).
Sul funzionamento del Fondo di solidarietà comunale, in particolare sotto il profilo distributivo delle sue
risorse, hanno inciso in maniera determinante le decurtazioni di risorse poste a carico dei comuni, per
effetto degli interventi di coordinamento della finanza pubblica. In particolare, i “tagli” operati sul Fondo dalle
misure di finanza pubblica hanno, di fatto, annullato l’originaria componente “verticale” del Fondo,
quella cioè finanziata dallo Stato e destinata alla perequazione. La dotazione del Fondo – tolta la quota
ristorativa destinata alla compensazione delle minori entrate Imu e Tasi, coperta con risorse statali – è via
via divenuta del tutto “orizzontale”, cioè alimentata esclusivamente dai comuni attraverso il gettito
dell’imposta municipale propria e non anche dalla fiscalità generale, come invece richiesto dalla legge n. 42
del 2009.
Di conseguenza, l’applicazione dei criteri perequativi nella distribuzione delle risorse, basati sulla
differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, ha fatto sì che il Fondo abbia finora funzionato come
un meccanismo di mera redistribuzione orizzontale di trasferimenti interni al comparto, dai comuni con
elevate basi imponibili e bassi fabbisogni a favore dei comuni con basi imponibili limitate e fabbisogni
elevati.
Con l’articolo 1, comma 848, della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019), è stato disposto
un incremento delle risorse del Fondo di 100 milioni di euro per il 2020, di 200 milioni di euro per il 2021, di
300 milioni di euro per il 2022, di 330 milioni di euro nel 2023 e di 560 milioni di euro a decorrere dal 2024,
per garantire ai comuni il progressivo reintegro delle risorse decurtate a titolo di concorso alla finanza
pubblica negli anni 2014-2018, ai sensi dell’articolo 47 del decreto-legge n. 66 del 2014 (tale concorso è
venuto meno nel 2019).
Tali risorse aggiuntive hanno ricostituito, nell’ambito della componente tradizionale del Fondo di
solidarietà comunale, una quota di risorse di carattere “verticale”, che sono state destinate a specifiche
esigenze di perequazione nel riparto del Fondo di solidarietà comunale.
Risorse aggiuntive, specificamente destinate alla perequazione, sono state introdotte anche dal decretolegge n. 124 del 2019 (articolo 57, comma 1-bis), nel limite massimo di 5,5 milioni di euro a decorrere
dall’anno 2020, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, che presentano,
successivamente all’applicazione dei criteri di riparto, un valore negativo del Fondo di solidarietà comunale.
Contestualmente, il processo di perequazione delle risorse è stato rivisto e reso più graduale – dal
medesimo D.L. n. 124/2019 – a partire dal 2020.
In base alla normativa vigente, la componente c.d. tradizionale del Fondo di solidarietà comunale,
destinata al riequilibrio delle risorse storiche, viene ripartita, in parte sulla base del criterio della
compensazione della spesa storica, ed in parte, dal 2015, mediante l’applicazione di criteri di tipo
perequativo, basati sulla differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, come approvati dalla
Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell’anno precedente (comma 449
dell’articolo 1 della legge n. 232/2016).
La normativa vigente prevede un aumento progressivo negli anni della percentuale di risorse da
distribuire tra i comuni con i criteri perequativi, in coerenza con il principio di gradualità nel superamento del
criterio della spesa storica. La percentuale di risorse da distribuire con i criteri perequativi – applicata nella
misura del 20 per cento nel 2015, 30 per cento nel 2016, 40 per cento nel 2017 e del 45 per cento per
l’anno 2018 – era prevista crescere progressivamente negli anni fino al raggiungimento del 100 per cento
della perequazione del Fondo nell’anno 2021 (articolo 1, comma 884, della legge bilancio per il 2018).
Il meccanismo, non assicurando più l’invarianza delle risorse, ha comportato via via un incremento delle
risorse a titolo di Fondo di solidarietà per i comuni con fabbisogni standard superiori alle capacità fiscali, ed
una riduzione della quota del Fondo medesimo per i comuni con fabbisogni standard inferiori alle capacità
fiscali.
Il progressivo rafforzamento della componente perequativa ha comportato tuttavia alcune distorsioni nella
redistribuzione delle risorse, che hanno penalizzato soprattutto i comuni di piccolissime dimensioni
mediamente più colpiti da alte percentuali di perequazione negativa, e che hanno richiesto, a più riprese,
l’intervento del legislatore per la definizione di meccanismi correttivi in grado di contenere il differenziale di
risorse, rispetto a quelle storiche di riferimento.
Per consentire una maggiore sostenibilità del processo di redistribuzione delle risorse, con il decretolegge n. 124 del 2019 (articolo 57, comma 1) è stato definito un percorso molto più graduale del
meccanismo perequativo, con il raggiungimento del 100 per cento della perequazione posticipato all’anno
2030 (in luogo dell’anno 2021 prima previsto). La progressione della quota percentuale del Fondo da
distribuire su base perequativa è stabilita nella misura del 5 per cento annuo, a partire dalla quota del 45
per cento fissata per il 2019 (e quindi, 50 per cento nel 2020, 55 per cento nel 2021, e così via), sino a
raggiungere il valore del 100 per cento nel 2030, anno in cui la componente tradizionale del Fondo di
solidarietà comunale sarà integralmente commisurata alla differenza fra fabbisogni standard e capacità
fiscale standard.
Contestualmente, è stata anche prevista una progressione del cosiddetto target perequativo, che
rappresenta la capacità fiscale perequabile, fino a quel momento limitato al 50 per cento dell’ammontare
complessivo della capacità fiscale da perequare. Anche il “target perequativo” è previsto incrementare
progressivamente del 5 per cento annuo a decorrere dall’anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100
per cento dell’ammontare complessivo della capacità fiscale da perequare dal 2029.
Al momento, dunque, non tutta la capacità fiscale può essere ancora devoluta con finalità perequative.
Nel riparto del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2022 è utilizzata, a tali fini, il 65 per cento della
capacità fiscale complessiva; l’incremento progressivo del target porterà soltanto nel 2029 a utilizzare in
perequazione l’intera capacità fiscale.
Nel 2030 sia la percentuale del fondo perequato che il target perequativo raggiungeranno, dunque, il 100
per cento. Tuttavia, anche dopo quella data, una quota significativa del fondo, quella cosiddetta “ristorativa”,
continuerà a essere distribuita secondo un criterio storico.
Relativamente ai criteri posti a base della perequazione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, si
ricorda che nel corso del 2020 e del 2021 è stato avviato un processo di revisione dei fabbisogni
standard – per il momento limitato ad alcune funzioni sociali (in particolare, asili nido, settore sociale e
trasporto degli alunni con disabilità) ‒ con l’obiettivo di sganciarli dal riferimento ai livelli quantitativi
storicamente forniti dai singoli enti e commisurarli a livelli di servizio standard da garantire su tutto il
territorio nazionale, al fine di sopperire al limite costituito dalla mancanza della definizione dei livelli
essenziali delle prestazioni.
Il percorso di convergenza nei livelli dei servizi è stato finanziato con risorse aggiuntive, stanziate nel
Fondo di solidarietà comunale dalle ultime leggi di bilancio, e accompagnato da meccanismi di
monitoraggio.
In particolare, le leggi di bilancio per il 2021 (L. n. 178/2020) e per il 2022 (L. n. 234/2021), hanno
disposto un importante incremento della dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale, da destinare
allo svolgimento di alcune specifiche funzioni fondamentali in ambito sociale, in particolare, in materia di
potenziamento dei servizi sociali, di potenziamento del servizio asili nido e trasporto scolastico di alunni con
disabilità, da ripartirsi tenendo conto dei fabbisogni standard.
Per assicurare che tali risorse aggiuntive siano effettivamente destinate al potenziamento dei predetti
servizi, le norme prevedono la determinazione di specifici “obiettivi di servizio” per i comuni, nonché
l’attivazione di un sistema di monitoraggio e di rendicontazione dell’utilizzo delle risorse e, dunque, di
verifica del raggiungimento di determinati livelli di servizi offerti.
Nel dettaglio, l’incremento del Fondo di solidarietà comunale disposto dalle ultime due leggi di bilancio è
destinato, specificamente:
– allo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata dai comuni delle regioni
a statuto ordinario, per un importo pari a 216 milioni di euro per l’anno 2021, via via incrementato fino
all’importo di 651 milioni a regime, a decorrere dall’anno 2030, disposto dalla legge di bilancio per il 2021
(art. 1, comma 791, L. n. 178/2020). Gli obiettivi di servizio e le modalità di monitoraggio, per definire il
livello dei servizi offerti e l’utilizzo delle risorse da destinare al finanziamento e allo sviluppo dei servizi
sociali, sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base di un’istruttoria
tecnica condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard con il supporto di esperti del
settore, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
La legge di bilancio per il 2022 (art. 1, comma 563, L. n. 234/2021) ha incrementato ulteriormente il
Fondo, per la medesima finalità, in favore dei comuni della regione Siciliana e della regione Sardegna,
per un importo di 44 milioni di euro per l’anno 2022, via via aumentato ogni anno fino a raggiungere i 113
milioni di euro a decorrere dall’anno 2030. Per l’anno 2022, nelle more dell’approvazione dei fabbisogni
standard per la funzione “Servizi sociali” dei comuni della regione Sardegna, ai fini del riparto, per i soli
comuni della regione Sardegna, non si tiene conto dei fabbisogni standard. Il Fondo è stato ripartito con il
D.M. interno 8 agosto 2022, sulla base dei criteri e delle modalità esplicitate nella Nota metodologica
recante “Obiettivi di servizio per i servizi sociali e modalità di monitoraggio e di rendicontazione delle risorse
aggiuntive per i Comuni della Regione siciliana e della Regione Sardegna – Anno 2022” approvata nella
seduta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard del 15 luglio 2022, contenuta nel decreto di
riparto;
– all’incremento del numero di posti disponibili negli asili nido dei comuni delle regioni a statuto
ordinario nonché delle regioni Sicilia e Sardegna, con particolare attenzione ai comuni nei quali i predetti
servizi denotano maggiori carenze. Il finanziamento, inizialmente previsto dalla legge di bilancio per il 2021
(art. 1, comma 791) è stato incrementato dalla legge di bilancio per il 2022 (art. 1, commi 172-174), che lo
ha portato a 120 milioni nel 2022, 175 milioni per il 2023, 230 milioni per il 2024, 300 milioni per il 2025, 450
milioni per il 2026 e a 1.100 milioni a decorrere dal 2027, ridefinendone, altresì i criteri di riparto, in termini
di obiettivi di servizio, al fine di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio di asilo nido. Con
riferimento agli asili nido, la legge di bilancio per il 2022 ha fissato il livello minimo da garantire (da
raggiungere nel 2027) ed ha fornito le indicazioni per l’individuazione degli obiettivi di servizio, che
rappresentano tappe intermedie verso quel livello. In particolare, la disposizione fissa l’obiettivo del
raggiungimento di un livello minimo del numero dei posti nei servizi educativi per l’infanzia (nidi e
micronidi) che ciascun comune o bacino territoriale deve garantire, nel limite delle risorse disponibili per
ciascun anno, in proporzione alla popolazione ricompresa nella fascia di età da 3 a 36 mesi, fissato nel 33
per cento nel 2027. Il raggiungimento di tale livello minimo avviene in maniera graduale, attraverso
obiettivi di servizio annuali incrementali differenziati per fascia demografica, sino al raggiungimento,
nell’anno 2027, del livello minimo garantito del 33 per cento su base locale, anche attraverso il servizio
privato.
– all’incremento del numero di studenti disabili, frequentanti la scuola dell’infanzia, primaria e
secondaria di 1° grado, privi di autonomia, a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica,
per un importo pari a 30 milioni di euro per l’anno 2022, 50 milioni per l’anno 2023, 80 milioni per l’anno
2024, 100 milioni per l’anno 2025 e per l’anno 2026 e 120 milioni di euro a decorrere dall’anno 2027, ai
sensi dell’art. 1, comma 174, della legge di bilancio 2022, da destinare ai comuni delle regioni a statuto
ordinario e della regione Siciliana e della regione Sardegna. La norma prevede la determinazione di
obiettivi di incremento della percentuale di studenti disabili trasportati che devono essere conseguiti con
le risorse assegnate, secondo un percorso di convergenza nei livelli dei servizi offerti sul territorio, e il
monitoraggio sull’utilizzo delle risorse stesse, volto ad assicurare che le risorse aggiuntive del FSC siano
effettivamente destinate al potenziamento del servizio. La ripartizione tra i comuni del contributo di 30
milioni di euro per l’anno 2022 quale quota di risorse per incrementare le prestazioni in materia di trasporto
scolastico di studenti disabili è stato definito con il D.M.Interno 30 maggio 2022.
L’introduzione degli obiettivi di servizio per il settore sociale, per gli asili nido e per il trasporto scolastico
degli studenti con disabilità, accompagnato da risorse aggiuntive condizionate al raggiungimento degli
obiettivi medesimi, quale tappa intermedia verso i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), segna un
importante cambiamento ed una netta inversione di tendenza rispetto al decennio trascorso. Per un
approfondimento si rinvia al tema: Il federalismo fiscale.
La gestione associata delle funzioni comunali
Nella XVIII legislatura è sato ulteriolmente prorogato (al 31 dicembre 2022) il termine di entrata in vigore
dell’esercizio obbligatorio di tutte le funzioni comunali dei piccoli comuni, già prorogato più volte (DL
228/2021).
In materia è intervenuta la Corte costituzionale, che ha stabilito l’incostituzionalità della disposizione che
impone ai comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le funzioni fondamentali là dove
non consente ai comuni di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala o
miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento (sent. 33/2019). Secondo la
Corte, l’obbligo imposto ai Comuni sconta un’eccessiva rigidità perché dovrebbe essere applicato anche in
tutti quei casi in cui: a) non esistono Comuni confinanti parimenti obbligati; b) esiste solo un Comune
confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta il coinvolgimento di altri
Comuni non in situazione di prossimità; c) la collocazione geografica dei confini dei Comuni (per esempio in
quanto montani e caratterizzati da particolari fattori antropici, dispersione territoriale e isolamento) non
consente di raggiungere gli obiettivi normativi.
Successivamente alla pubblicazione della citata sentenza della Corte costituzionale, il 6 luglio 2020 è stato
avviato un gruppo di studio per la modifica dell’ordinamento degli enti locali nominato dal Ministro
dell’interno, anche in vista della elaborazione di uno specifico disegno di legge delega in materia.Nel
progetto di riforma è prevista la facoltà, e non più l’obbligo da parte dei comuni, di esercitare le funzioni
fondamentali in via associata.
La gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali è finalizzata a superare le difficoltà legate alla
frammentazione dei piccoli comuni per la razionalizzazione della spesa e per il conseguimento di una maggiore
efficienza dei servizi.
L’ordinamento prevede la possibilità di esercitare in forma associata le funzioni locali attraverso due strumenti:
la convenzione;
l’unione di comuni.
Gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni per svolgere in modo coordinato determinati funzioni e
servizi.
In alternativa, due o più comuni possono costituire una unione, vero e proprio ente locale dotato di statuto e di organi
rappresentativi propri, per l’esercizio stabile di funzioni e servizi.
L’ordinamento prevede due tipologie di esercizio in forma associata tramite unione di comuni o convenzione: quella,
facoltativa, per l’esercizio associato di determinate funzioni e quella obbligatoria, per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti per l’esercizio delle funzioni fondamentali.
Le regioni hanno il compito di individuare i livelli territoriali ottimali di esercizio associato di funzioni comunali, di promuovere e favorire l’associazionismo.
Disposizioni incentivanti sono previste anche da parte dello Stato nella forma di contributi e di agevolazioni in materia di rispetto del patto di stabilità interno. Gli incentivi sono destinati sia ai comuni che stipulano convenzioni o che formano unioni di comuni, sia a quelli che danno vita a fusioni di comuni.
La fusione di due o più comuni, con l’istituzione di un nuovo comune, costituisce la forma più compiuta di
semplificazione e razionalizzazione della realtà dei piccoli comuni. Anche le fusioni di comuni godono di incentivi statali.
Numerose disposizioni di carattere finanziario sono state emanate nel corso della legislatura per
incentivare, dal punto di vista finanziario, i processi di aggregazione e di gestione associata delle
funzioni, con particolare riguardo alla fusione di comuni.
Per favorire la fusione dei comuni, l’articolo 15, comma 3, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali (Tuel), di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 prevede che lo Stato eroghi appositi
contributi straordinari per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, commisurati a una quota dei
trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono. Con il decreto-legge n. 90 del 2014, il contributo
straordinario in questione è stato esteso alle fusioni per incorporazione.
Dal 2018 il contributo spettante ai comuni risultanti da fusione o da fusione per incorporazione è
commisurato al 60 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010 ‒ ultimo anno di
assegnazione dei contributi erariali ordinari, poi soppressi dalla normativa sul federalismo fiscale ‒ nel
limite massimo di 2 milioni di euro di contributo per ciascun beneficiario (articolo 1, comma 17, lettera
b), della legge n. 208 del 2015).
L’articolo 31-quater del D.L. n. 21 del 2022 ha aumentato il limite massimo del contributo straordinario
previsto per i comuni che danno luogo alla fusione, innalzandolo a 10 milioni di euro a decorrere dal
2024, in caso di enti con popolazione complessivamente superiore a 100.000 abitanti non derivanti da
fusione per incorporazione.
Tra i numerosi contributi stanziati per favorire le unioni e le fusioni di comuni, si ricordano qui quelli
autorizzati nella XVIII legislatura:
all’articolo 42, comma 1, del decreto-legge n. 124 del 2019: 30 milioni di euro per il 2019 per la
fusione di comuni;
alla Sezione II della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019): incremento di risorse per la
concessione del contributo alle fusioni di comuni, nell’importo di 15 milioni di euro per ciascuno degli
anni 2020, 2021 e 2022;
all’articolo 52, comma 3, del decreto-legge n. 73 del 2021: incremento, di un importo pari a 6,5
milioni di euro a decorrere dal 2021, delle risorse destinate all’erogazione del contributo decennale a
favore delle fusioni dei comuni;
dal comma 2 dell’articolo 31 del D.L. n. 21 del 2022, che assegna un contributo di 5 milioni di euro
per il 2023 in favore dei comuni con popolazione complessivamente superiore a 100.000 abitanti per i
quali risulti in corso la procedura di fusione, durante il periodo di vigenza dello stato di emergenza
dovuto alla pandemia da Covid-19.
Per l’anno 2022, il riparto del contributo straordinario spettante agli enti istituiti a seguito di fusione tra
comuni e/o fusioni per incorporazioni, ai sensi dell’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267 ,è stato effettuato sulla base di una dotazione finanziaria pari a circa 83 milioni di euro (cfr.
Comunicato n. 2 del 31 maggio 2022 del Ministero dell’interno).
Si rammenta, peraltro, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 118, della legge 7 aprile 2014, n. 56, al
comune istituito a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno meno di 5.000 abitanti si applicano, in
quanto compatibili, le norme di maggior favore, incentivazione e semplificazione previste per i comuni
con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
In tal senso è stato, da ultimo ripartito il fondo di 50 milioni di euro, per l’anno 2022, istituito dalla legge di
bilancio per il 2022 (articolo 1, commi 581-582, legge n. 234 del 2021) in favore dei comuni delle regioni a
statuto ordinario e delle regioni Siciliana e Sardegna con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che
presentino criticità strutturali. Tale fondo è stato pertanto destinato, in sede di riparto, oltre che ai comuni
con meno di 5.000 abitanti delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione
Sardegna, anche ai comuni delle suddette regioni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno
meno di 5.000 abitanti (cfr. decreto del Ministro dell’interno 28 marzo 2022).
Gli investimenti dei comuni
A partire dalla scorsa legislatura è iniziato, soprattutto con le leggi di bilancio, un “percorso” normativo
volto a sostenere gli investimenti dei comuni, sia tramite interventi legislativi di semplificazione
amministrativa funzionali ad accelerare la realizzazione delle spese in conto capitale, sia attraverso la
messa a disposizione di volumi di risorse, da ripartire tra i comuni stessi, destinati a molteplici finalità (dalla
manutenzione stradale al dissesto idrogeologico, all’edilizia pubblica e alla riqualificazione e rigenerazione
urbana).
La legge di bilancio per il 2019 ha rappresentato il punto di ripartenza fondamentale nel settore degli
investimenti pubblici, che aveva sofferto della politica di contrazione della spesa, dovuta al patto di stabilità
interno, e dell’aumento dei controlli sulle procedure autorizzative degli investimenti, necessario per la
corretta gestione degli appalti. Il piano degli investimenti, previsto dall’art. 1, comma 107, legge n. 145 del
2018, e ribadito nelle leggi di bilancio per il 2020 e per il 2021, concepito per far ripartire i cantieri attraverso
la programmazione dei lavori ed un allentamento di vincoli per l’affidamento delle opere, ha determinato
una sensibile ripresa degli investimenti. In particolare, si ricordano i contributi pluriennali agli investimenti
locali nei settori relativi ad opere di messa in sicurezza e di efficientamento energetico delle scuole, degli
edifici pubblici e del patrimonio comunale, quelli per finanziare opere per lo sviluppo territoriale sostenibile,
di rigenerazione urbana, e per gli interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico e di
messa in sicurezza della rete stradale.
La crisi sanitaria nel 2020 ed il suo protrarsi nel 2021, ha avuto ripercussioni negative anche nel settore
degli investimenti, con un rallentamento nella spesa in conto capitale del comparto dei comuni (cfr. al
riguardo, Corte dei conti “Relazione della sulla gestione finanziaria degli enti locali – esercizi 2019-2021”, di
luglio 2022).
Il recupero della capacità di investimento dei comuni rappresenta un elemento fondamentale per
accelerare la ripresa dopo la pandemia. Le aspettative di un rilancio sono, in particolare, riposte
nell’attuazione del PNRR, che attribuisce al settore degli investimenti un ruolo fondamentale nella politica di
ripresa dell’economia nazionale, e che apre prospettive favorevoli per la finanza locale. Il PNRR
riattribuisce, infatti, agli enti territoriali, quali soggetti attuatori, il ruolo di investitori pubblici di una parte
consistente (oltre 66 miliardi) degli stanziamenti legati al Piano (di cui 28,32 per Comuni e Città
metropolitane).
Al fine di assicurare che le risorse siano gestite a livello locale con efficienza, il legislatore è ripetutamente
intervenuto con norme volte ad incrementare la capacità amministrativa dei comuni (soprattutto quelli del
sud e di minori dimensioni), attraverso assunzioni di personale e varie forme di assistenza progettuale e
supporto tecnico, anche con il coinvolgimento di importanti società pubbliche.
Focus
Gli investimenti dei comuni per opere pubbliche
https://temi.camera.it/leg19/post/gli-investimenti-dei-comuni-per-opere-pubbliche.html

comuni e finanza locale