Canone Unico per le occupazioni non si applica se già si paga per la pubblicità. La tariffa non può comportare un incremento di gettito rispetto ai prelievi sostituiti e può essere parametrata alla sola superficie complessiva del mezzo pubblicitario o dell’impianto
Il principio di invarianza in aumento del gettito rappresenta un limite alle determinazioni comunali, sicchè l’ente ha il potere di disciplinare le tariffe del CUP senza tuttavia poter superare la soglia del gettito dei prelievi sostituiti
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Il comma 817 della legge di bilancio 2020 statuisce espressamente che gli enti
locali, nel disciplinare il canone in modo da assicurare un gettito pari a quello
conseguito dai tributi che lo stesso sostituisce (c.d. invarianza del gettito in
aumento), hanno la possibilità, per raggiungere tale obiettivo, di variare il
gettito modificando le tariffe base stabilite dal legislatore nei commi 826
(“tariffa standard annua”) e 827 (“tariffa standard giornaliera”).
La legge menzionata conferisce, quindi, un potere discrezionale
all’amministrazione di modulare il canone in funzione delle specificità della
singola realtà territoriale, in applicazione del principio di autonomia
finanziaria di entrata ai sensi dell’art. 119 Cost..
La questione di diritto che si pone riguarda il corretto uso che
l’amministrazione comunale ha fatto della discrezionalità conferitale nel
disciplinare il quantum del Canone Unico Patrimoniale che ha istituito.
Va evidenziato come il gettito derivante dal CUP comprende il gettito
derivante dalle complessive entrate tributarie e corrispettive che il canone è
andato a sostituire ed esso non può essere variato in aumento rispetto al
precedente gettito così individuato (comma 817).
Il legislatore ha infatti chiaramente delimitato il potere dei Comuni nel senso
di ritenere l’invarianza in aumento del gettito quale limite alle determinazioni
comunali, sicchè l’ente ha il potere di disciplinare le tariffe del CUP senza
tuttavia poter superare la soglia predefinita del gettito.
Diversamente opinando, infatti, la disciplina verrebbe ad essere sospettata di
incostituzionalità, per violazione degli artt. 23 e 119 Cost., non avendo il
legislatore statale indicato parametri e limiti specifici ulteriori per delimitare il
potere di determinazione in aumento del canone da parte dei Comuni (cfr.
Tar Veneto, Sez. III, 29.11.2021, n. 1428).
Nel caso in esame, il Comune di Roma Capitale ha impiegato in maniera
illegittima la discrezionalità amministrativa conferitale dal comma 817 della
legge n. 160/2019, in quanto ha determinato il CUP senza in alcun modo
determinare, come evidenziato dalla ricorrente e come emerge dagli atti
gravati, la soglia del gettito conseguito nel 2020 dalle entrate che sono state
sostituite dal Canone Unica Patrimoniale.
La tariffa per la pubblicità è modulabile unicamente in funzione della sola superficie complessiva del mezzo pubblicitario o dell’impianto
Dal combinato disposto dei commi 819 e 825 della legge 160/2019 si evince
chiaramente che il legislatore ha volutamente e consapevolmente escluso,
dagli elementi da prendere in considerazione per il computo della tariffa
collegata al presupposto del canone costituito dalla diffusione di messaggi
pubblicitari, la collocazione e la tipologia dell’impianto pubblicitario, nonché il
numero dei messaggi pubblicitari (“… indipendentemente dal tipo e dal
numero dei messaggi …”). Ne consegue che per le affissioni pubblicitarie
installate su aree quali i ponteggi di cantiere posti sugli immobili, pubblici o
privati, il Canone Unico Patrimoniale va determinato in base alla sola
superficie complessiva del mezzo pubblicitario o dell’impianto. Ciò al
contrario di quanto avviene per il diverso presupposto del CUP collegato
all’occupazione delle aree pubbliche dove, per l’appunto, si prevede che il
canone è determinato “in base alla durata, alla superficie, espressa in metri
quadrati, alla tipologia e alle finalità, alla zona occupata del territorio
comunale o provinciale o della città metropolitana in cui è effettuata
l’occupazione” (comma 824).
Nel caso di specie, il Comune di Roma Capitale, nella Deliberazione di
Assemblea Capitolina n. 141/2020, così come modificata dalla successiva
Deliberazione della Giunta Capitolina n. 52/2021 (cfr. Allegato A pag. 85 ss.),
ha introdotto tariffe che variano in relazione alla tipologia dell’impianto
pubblicitario e all’ubicazione dell’impianto, comportando così un
considerevole aumento del quantum del canone. L’amministrazione ha quindi
individuato una serie di coefficienti o correttivi che hanno determinato
un’illegittima maggiorazione del canone per gli impianti pubblicitari in
violazione della previsione del comma 819 lettera b).
Il principio di unicità del canone unico patrimoniale
Il principio di unicità del canone implica che il CUP dovuto per la diffusione
dei messaggi pubblicitari [di cui alla lettera b) del comma 819] esclude di per
sé, dal suo computo, il canone dovuto per le occupazioni del suolo pubblico
di cui alla lettera a) del medesimo comma 819.